Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12398 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/06/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 07/06/2011), n.12398

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11320/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

ALLASINA LORENZINA & C. S.N.C., in persona dei soci –

contitolari

nonchè legali rappresentanti pro tempore, A.L.,

A.I., D.N., quali soci in proprio,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIACOMO PUCCINI 10, presso lo

studio dell’avvocato FERRI Giancarlo, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PEIRONE CHIAFFREDO, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 28/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di TORINO del 28/02/08, depositata il 22/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della società Allasina Lorenzina e C. s.n.c. nonchè dei relativi soci D.N., A.L. e A. I. (tutti resistenti con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avvisi di accertamento per Irpef e Iva riguardanti l’anno di imposta 1999, la C.T.R. Piemonte rilevava che l’Ufficio non aveva effettuato alcuna ulteriore analisi concreta dell’attività aziendale per suffragare le risultanze degli studi di settore ed annullava per mancanza di motivazione gli avvisi opposti.

2. Il primo motivo di ricorso (col quale, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies, art. 2727 c.c. e L. n. 146 del 1998, art. 10, si chiede a questa Corte di dire se l’accertamento effettuato con applicazione degli studi di settore sia legittimamente fondato sulle sole risultanze di questi ultimi e correttamente motivato mediante il solo richiamo ad essi ed alle discrepanze tra le relative risultanze e la dichiarazione del contribuente) è inammissibile innanzitutto per inidoneità del relativo quesito di diritto, che risulta privo delle precisazioni idonee a consentire una utile risposta, mancando in particolare ogni riferimento in ordine alla attivazione o meno nella specie del contraddittorio anteriormente alla emissione dell’avviso ed al suo esito.

E’ infatti da rilevare che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente – pena la nullità dell’accertamento – con il contribuente, potendo tuttavia l’Ufficio motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, ove dia conto di non aver potuto costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante rituale invito (v. SU n. 26635 del 2009).

Il secondo motivo (col quale, deducendo difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente rileva che i giudici della C.T.R. hanno omesso di esaminare il motivo di appello col quale si censurava la sentenza di primo grado per non aver ritenuto rilevante ai fin del decidere il fatto che la società avesse concordato con l’Ufficio per il 1999 e il 2000, sia pure con verbali non formalmente validi come atti di adesione, gli imponibili Iva e imposte dirette ed inoltre che i suddetti giudici hanno trascurato l’esame dei relativi verbali di bonario componimento) è inammissibile giacche la ricorrente si duole innanzitutto della omessa pronuncia su di una censura proposta nell’atto d’appello ed in proposito questa Corte ha avuto modo di affermare che la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione “per relationem” resa in modo difforme da quello consentito bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame, con la conseguenza che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 o 5, anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., il ricorso si rivela inammissibile (v. tra le altre Cass. n. 12952 del 2007 nonchè n. 24856 del 2006).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.300,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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