Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12395 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/06/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 07/06/2011), n.12395

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25123/2008 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 47,

presso lo studio dell’avvocato CORTI Pio, che lo rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 33/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di MILANO del 14/2/08, depositata il 09/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO

DESTRO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. P.C. propone ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale – in controversia concernente impugnazione di diniego di rimborso dell’imposta sostitutiva L. n. 448 del 2001, ex art. 5, la C.T.R. Lombardia confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso del contribuente.

2. I tre motivi di ricorso, coi quali si deduce violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, sono da ritenersi, prima di ogni possibile valutazione in ordine al merito delle censure, inammissibili per inadeguatezza dei relativi quesiti di diritto, posto che col primo di essi ci si limita a chiedere a questa Corte di dire se costituisca violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, l’accesso, senza autorizzazione del Procuratore della Repubblica, ai locali della sede della società comunicanti con l’abitazione dei soci, col secondo si chiede a questa Corte di dire se il riconoscimento al giudice di amministrativo della riserva di giurisdizione in ordine alla fondatezza giuridica di una circolare interpretativa in materia tributaria violi il principio generale della inefficacia normativa esterna di tale atto, e col terzo si chiede a questa Corte di dire se il versamento dell’imposta sostitutiva previsto dalla L. n. 448 del 2001, art. 5, debba qualificarsi come onere giuridico il cui inesatto adempimento non comporta il diritto del Fisco di pretendere anche la prestazione omessa nè quello di trattenere quanto indebitamente versato dal contribuente.

Nei suddetti termini, i quesiti in esame non risultano idonei ad adempiere alla propria funzione, che è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare: i quesiti in esame sono infatti astratti, privi di ogni riferimento alla fattispecie sub iudice, mancanti delle informazioni necessarie a consentire a questa Corte una risposta ai medesimi utile ai fini della definizione della controversia ed inidonei persino ad evidenziare la rilevanza della risposta richiesta ai fini della decisione suddetta (v. sui suddetti punti, tra molte altre, Cass. n. 7197 del 2009 e n. 8463 del 2009, nonchè SU n. 7257 del 2007 e SU n. 7433 del 2009).

Nel primo motivo si denuncia anche l’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere i giudici d’appello omesso di prendere in esame il fatto – denunciato col primo motivo d’appello – che l’accesso era stato illegittimamente eseguito dall’Ufficio presso terzi. In tali termini la censura è inammissibile, posto che viene denunciata come vizio di motivazione l’omessa pronuncia su di un motivo di censura in appello. In proposito, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure per motivazione “per relationem” resa in modo difforme da quello consentito bensì per omessci pronuncia su un motivo di gravame, con la conseguenza che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 o 5, anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., il ricorso deve ritenersi inammissibile (v. tra le altre Cass. n. 12952 del 2007 e n. 24856 del 2006).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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