Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12393 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31742-2018 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BARONIO 54/A, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO BARBERIO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA BARBERIO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CRISPIANO, in persona del Sindaco legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 295 presso

lo studio dell’avvocato CARLA OLIVIERI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE CODA;

– controricorrente –

contro

P.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1268/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENTI

ENZO.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a tre motivi, S.G. ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Lecce, resa pubblica il 6 dicembre 2017, che – in sede di giudizio di rinvio a seguito di cassazione disposta da questa Corte con sentenza n. 1509/2015: giudizio nel quale veniva dichiarata la contumacia di esso S. ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale di Lecce, il quale, a sua volta, lo aveva condannato, in solido con l’impresa P.N. (nelle rispettive qualità di appaltatore e di direttore dei lavori), al pagamento di Euro 103.241,41, a titolo di risarcimento dei danni patiti dal Comune di Crispiano a causa dei gravi vizi e difetti di costruzione riscontrati sull’edificio scolastico oggetto dell’appalto ad essi conferito;

che resiste con controricorso il Comune di Crispiano, mentre non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato P.N.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti costituite;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Considerato che, preliminarmente, il Collegio ritiene manifestamente fondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso (ciò esimendo dal doverne illustrare i motivi) sollevata dal controricorrente per tardiva proposizione in riferimento al tetinine breve di cui all’art. 325 c.p.c., essendo stata la sentenza impugnata notificata il 17 luglio 2018 a mani proprie (come, peraltro, ammesso dal S.: p. 5 del ricorso), per cui il termine per la proposizione del ricorso per cassazione andava a scadere il 16 ottobre 2018, mentre la notifica del ricorso è avvenuta per mezzo posta con spedizione in data 19 ottobre 2018.

Nella specie, deve, infatti, trovare applicazione il principio (consolidato) secondo cui, nell’ipotesi in cui il giudizio si sia svolto nella contumacia di una parte, la sentenza che lo conclude deve essere notificata alla parte personalmente ai sensi dell’art. 292 c.p.c., u.c., anche al fine della decorrenza del termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c., nè tale prescrizione può trovare deroga quando la notifica della sentenza sia avvenuta in forma esecutiva ai sensi dell’art. 479 c.p.c., non avendo rilevanza il fine processuale per il quale essa sia stata effettuata (Cass. n. 4975/2000, Cass. n. 5682/2006, Cass., S.U., n. 14570/2007, Cass. n. 6571/2013, Cass. n. 29037/2018, Cass. n. 1893/2019).

La memoria di parte ricorrente (che insiste su giurisprudenza relativa, piuttosto, al diverso caso di notifica personale ad una parte non già dichiarata contumacia, ma che si sia costituita, nel grado in cui la sentenza venne pronunciata, con difensore) non fornisce argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono.

Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo; non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti della parte rimasta soltanto intimata.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 24 giugno 2020

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