Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12393 del 07/06/2011
Cassazione civile sez. lav., 07/06/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 07/06/2011), n.12393
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. STILE Paolo – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 4827/2010 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO
Alessandro, NICOLA VALENTE, SERGIO PREDEN, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.N.M. in qualità di erede di C.N.
A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUNIGIANA 6, presso
lo studio del Dott. GREGORIO D’AGOSTINO, rappresentata e difesa dagli
avvocati INTILISANO Pietro, INTILISANO LUCIANA, giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
C.N.C., C.N.A.M., C.
N.V. (OMISSIS), C.N.D., C.
N.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 75/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
22.1.09, depositata l’11/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
03/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo (per delega avv.
Alessandro Riccio) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Messina, confermando la statuizione di primo grado, ha accolto la domanda proposta dagli eredi di C.N.A. nei confronti del l’Inps per ottenere la integrazione al minimo sulla pensione di reversibilità dall’1.11.86; la Corte adita rilevava che, nell’atto d’appello, l’Inps aveva dedotto che l’integrazione sulla pensione di reversibilità non spettava stante la titolarità della integrazione al minimo nella pensione diretta, che era stata maggiorata in virtù delle disposizioni di legge sui combattenti. L’assunto dell’Istituto era privo di pregio, perchè i benefici riconosciuti agli ex combattenti traggono fondamento non già nella necessità di adeguare la prestazione alle esigenze di vita, ma in quella di riconoscere un beneficio a queste categorie di soggetti, per cui, avendo l’Istituto ammesso che la pensione diretta era superiore al minimo e quindi non era integrata, la integrazione doveva essere corrisposta sulla pensione di reversibilità.
Avverso detta sentenza l’Inps propone ricorso con un motivo.
C.N.M. resiste con controricorso. Gli altri eredi non si sono costituiti.
L’Inps censura la sentenza per difetto di motivazione, per avere la Corte affermato che la pensione diretta del C.N. era superiore al minimo, di talchè, stante il divieto di erogare una doppia integrazione al minimo, questa ben poteva applicarsi alla pensione di reversibilità. Esso Istituto, infatti, lungi dall’ammettere questa circostanza, aveva espressamente affermato che la pensione diretta era inferiore al minimo.
Letta la relazione resa e art. 380 bis cod. proc. civ., di manifesta fondatezza del ricorso;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè risulta sia dalla memoria di costituzione, sia dal ricorso in appello che l’Istituto aveva sempre affermato che la pensione diretta veniva integrata in quanto inferiore al minimo, per cui l’integrazione medesima non poteva spettare anche su quella di reversibilità. Peraltro il difetto di motivazione sull’interpretazione delle difese dell’Istituto, risulta da quel passo della sentenza ove si mette a confronto integrazione al minimo e beneficio per gli ex combattenti, come se quest’ultimo fosse ostativo alla integrazione;
Nè rileva il fatto che solo in appello l’Inps avesse depositato il documento attestante che il de cuius era titolare di pensione inferiore al minimo, perchè, a fronte della eccezione tempestivamente sollevata dall’Istituto, spettava al giudice di verificare d’ufficio l’esistenza di condizioni ostative al diritto fatto valere (integrazione al minimo sulla pensione di reversibilità).
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Catania, che procederà a tutte le verifiche necessarie.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catania.
Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011