Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12392 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 11/05/2021), n.12392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15670-2014 proposto da:

L.G., B.C.P.,

B.C.F., elettivamente domiciliati in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE II

269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE III ROMA, UFFICIO

TERRITORIALE AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 457/2014 della COMM.TRIB.REG. LAZIO,

depositata il 29/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. L.G., B.P. e B.C.F. impugnano la sentenza della CTR del Lazio con cui è stato accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Roma. Le contribuenti avevano impugnato l’avviso di liquidazione con cui l’ufficio aveva richiesto il pagamento della maggiore imposta di registro in relazione all’acquisto di un immobile sito in (OMISSIS) sul presupposto che si trattava di immobile di lusso in quanto avente superficie utile superiore a 240 mq, per il che l’atto non poteva beneficiare dell’agevolazione richiesta.

La CTR osservava che la planimetria allegata all’atto di acquisto non era in scala e che maggiore attendibilità era da riconoscere alla seconda relazione dell’Agenzia del territorio prodotta in giudizio, dovendosi considerare che la planimetria prodotta in giudizio dalle contribuenti non corrispondeva alle misure perimetrali dell’immobile in questione avuto riguardo ad altre unità, specie sovrastanti, senza che vi fossero elementi strutturali del fabbricato da giustificare il disallineamento.

2. Le contribuenti propongono sei motivi di ricorso illustrati con memoria. L’Agenzia delle entrate si è costituita in giudizio al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, ai sensi dell’art. 370 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo le ricorrenti deducono nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Sostengono che i giudici di appello hanno posto a fondamento della decisione un elemento che doveva ritenersi pacifico tra le parti, ovvero l’inclusione nel calcolo della superficie utile dei muri interni e perimetrali, di cui era stato tenuto conto nella redazione della perizia di parte.

2. Con il secondo motivo deducono nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Sostengono che i giudici di appello hanno proceduto al calcolo della superficie con metodi empirici laddove, invece, avrebbero dovuto disporre una CTU.

3. Con il terzo e con il quarto motivo deducono nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per carenza e contraddittorietà della motivazione non avendo i giudici di appello dato conto delle ragioni per le quali l’immobile doveva ritenersi essere di lusso.

4. Con il quinto motivo deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 2697 c.c.. Sostengono che ha errato la CTR nel ritenere che l’onere della prova in ordine alla superficie dell’immobile, ed alla conseguente spettanza dell’agevolazione, incombesse sulle contribuenti. Invero l’Ufficio avrebbe dovuto provare il fondamento della pretesa impositiva.

5. Con il sesto motivo deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.M. 2 agosto 1969, art. 6. Sostengono che ha errato la CTR nel ritenere che nella superficie utile debbano essere computati i muri esterni e perimetrali.

6. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero la CTR ha dato atto che, sia dalla perizia di parte contribuente, sia dalla relazione dell’agenzia del territorio, era dato evincere che il calcolo della superficie utile era stato effettuato tenendo conto dei muri interni e di quelli perimetrali e la differenza era data dalla diversa misurazione complessiva.

7. Il secondo motivo è parimenti infondato in quanto i giudici di appello, con valutazione di merito insindacabile in questo giudizio se non sotto il profilo del vizio della motivazione, hanno ritenuto maggiormente attendibile la relazione dell’agenzia del territorio che aveva proceduto all’individuazione della superficie utile sulla base del confronto con la planimetria dell’appartamento adiacente e speculare, interno (OMISSIS), sub (OMISSIS), e con quella dell’appartamento sovrastante, interno (OMISSIS), sub (OMISSIS). Va, poi, considerato, che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario (Cass. n. 15219 del 05/07/2007), sicchè la dedotta nullità non può derivare dal fatto che la CTR non si sia avvalsa di CTU nella considerazione che la prova della maggiore superficie doveva comunque ritenersi raggiunta.

8. Il terzo ed il quarto motivo sono infondati per la ragione che i giudici di appello hanno esplicitato le ragioni del convincimento circa la maggior superficie utile dell’immobile rispetto a quella indicata dall’ufficio considerando maggiormente attendibile quanto risultava dalla relazione dell’agenzia del territorio.

9. Il quinto motivo è infondato. Va rilevato, invero, che ai sensi dell’art. 2697 c.c., è onere del contribuente dimostrare, in seguito alla contestazione dell’Ufficio, i fatti che palesino il raggiungimento dello scopo, ovverosia la effettiva rea l.zione dell’intento dichiarato nell’atto, perchè tale intento rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio fiscale richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto di trasferimento. Peraltro, a tutto voler concedere, nel caso che occupa l’ufficio ha provato il fondamento della sua pretesa a mezzo della produzione della relazione dell’agenzia del territorio che la CTR ha ritenuto maggiormente attendibile rispetto alla perizia di parte.

10. Il sesto motivo è infondato in quanto costituisce principio più volte affermato da questa Corte quello secondo cui il D.M. 2 agosto 1969, n. 1072, art. 6 va interpretato nel senso di dover escludere dal dato quantitativo globale della superficie dell’immobile indicata nell’atto di acquisto (in essa compresi, dunque, i muri perimetrali e quelli divisori) solo balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, e non l’intera superficie non calpestabile, dovendosi quindi calcolare anche quella occupata dai muri interni e perimetrali (Cass. n. 17470 del 28/06/2019; Cass. n. 8421 del 31/03/2017).

Rileva poi questo Collegio che i presupposti della revoca dell’agevolazione permangono integri anche alla luce dello jus superveniens di cui al D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10, comma 1, lett. a) il quale, nel sostituire il comma 2 dell’art. 1 della Parte Prima Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso – non ammesso, in quanto tale, al beneficio “prima casa” – sulla base dei parametri di cui al D.M. LL.PP. 2 agosto 1969.

In forza della disposizione sopravvenuta, infatti, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M.), bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale Al, A8 ovvero A9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici).

Al fine di allineare allo stesso criterio dell’imposta di registro anche l’agevolazione “prima casa” attribuita con aliquota Iva ridotta, il legislatore è poi intervenuto con il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 33 che, nel modificare il n. 21 della Tab.A, Parte II, all. al D.P.R. n. 633 del 1972, ha espressamente richiamato il “criterio catastale”; con il risultato che anche l’agevolazione Iva è esclusa (indipendentemente dalla sussistenza di tutti gli altri requisiti) per gli immobili rientranti in una delle suddette categorie.

Senonchè, il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente alla modificazione legislativa; e, in particolare, successivamente al 1 gennaio 2014, come espressamente disposto dal D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 1, comma 5 cit..

Il trasferimento dedotto nel presente giudizio, antecedente a questo discrimine temporale, continua pertanto ad essere disciplinato in base alla previgente disciplina; come detto incentrata sui requisiti del citato D.M..

Fermo dunque restando il pregresso regime impositivo sostanziale, si ritiene – dando con ciò continuità a quanto stabilito, in identica fattispecie, da Cass. ord.13235/16 – che una diversa soluzione si imponga invece per quanto concerne le sanzioni applicate con l’atto qui impugnato.

In proposito, si ravvisano i presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 2 secondo cui, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie: “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato”.

La ricorrenza del principio di legalità e di favor rei in materia tributaria già ampiamente valorizzato, in presenza di sanzioni amministrative di sostanziale valenza penale, anche ex art. 49 della Carta dei diritti fondamentali UE, e 7 CEDU – si impone, nella specie, sotto il profilo che tali sanzioni vennero inflitte per avere il contribuente dichiarato che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente al vero, qualità intrinseche “non di lusso” (sempre secondo i suddetti parametri ministeriali); vale a dire, per aver reso una dichiarazione che, per effetto della modifica normativa, oggi non ha più alcuna rilevanza per l’ordinamento.

In altri termini, il mendacio contestato – costituente l’espresso fondamento della sanzione, così come stabilito dal comma 4 dell’art. 1, Parte Prima, Tariffa D.P.R. n. 131 del 1986 cit. – non potrebbe più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa.

E’ vero che la modifica normativa non ha abolito nè l’imposizione (nella specie individuabile nel recupero a piena tassazione dell’agevolazione indebitamente fruita), nè le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla falsa dichiarazione; e tuttavia, è proprio l’oggetto di quest’ultima, costituente elemento normativo della fattispecie, ad essere stato cancellato dall’ordinamento. Tanto che, in base al regime sopravvenuto, l’agevolazione ben potrebbe sussistere (in assenza di iscrizione nelle categorie catastali ostative) anche in capo ad immobili abitativi in ipotesi connotati dalle caratteristiche la cui mancata o falsa dichiarazione ha costituito il motivo della sanzione.

Il che rende del tutto peculiare la presente fattispecie rispetto a quelle con riguardo alle quali è stato affermato che – in difetto di “abolitio criminis” permane a carico del contribuente tanto l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta prima della modificazione normativa, quanto quello sanzionatorio (Cass. 25754/14; Cass. 25053/06).

Va poi considerato come ci si trovi qui di fronte ad una situazione di favore per il contribuente ancor più radicale ed evidente di quella (prevista nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite. Perchè qui non di questo si tratta, ma proprio di riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione; fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio.

In maniera tale che l’amministrazione finanziaria mantiene, come detto, la potestà di revocare l’agevolazione in questione per il solo fatto del carattere di lusso rivestito – al momento del trasferimento, e sulla base della disciplina all’epoca applicabile – dall’immobile trasferito; senza però avere titolo per applicare delle sanzioni conseguenti a comportamenti che, dopo la riforma legislativa, non sono più rilevanti; non certo in quanto tali (false dichiarazioni), ma in quanto riferiti a parametri normativi non più vigenti (Cass. n. 3369, 3361 e 3362 del 2017).

In definitiva, l’applicazione dello jus superveniens induce al parziale accoglimento del ricorso, limitatamente alla non debenza delle sanzioni applicate con l’atto opposto. Conclusione, quest’ultima, che deriva da una scelta interpretativa di favore suscettibile di essere attuata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio; e quindi anche in sede di legittimità (tra le altre: Cass. 2414/19; Cass. n. 14964 /18; Cass. 1856/13; Cass. 4616/16; Cass.16679/16 e Cass. ord.13235/16 cit.).

Ciò perchè, stante l’avvenuta contestazione da parte del contribuente della legittimità della revoca dell’agevolazione, è per ciò solo escluso che sia divenuto definitivo il provvedimento di irrogazione delle sanzioni che da tale revoca consegue. Nè – trattandosi di eliminazione delle sanzioni, e non di loro rimodulazione all’esito di una determinata opzione per il regime più favorevole concretamente applicabile – si richiedono accertamenti fattuali di sorta.

11. Il ricorso va, dunque, parzialmente accolto nei limiti indicati. L’impugnata sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2. Per l’effetto il ricorso originario delle contribuenti va parzialmente accolto dichiarandosi non dovute le sanzioni. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione della reciproca soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario delle contribuenti limitatamente alle sanzioni che dichiara non dovute. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale da remoto, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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