Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12391 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 07/06/2011, (ud. 23/02/2011, dep. 07/06/2011), n.12391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7982/2010 proposto da:

D.S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato GHERA

Edoardo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENDINA

Simona, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona dei legali rappresentanti, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GRAMSCI N. 20, presso lo studio

dell’avvocato SPADAFORA Maria Teresa, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PERONE GIAN CARLO, giusta mandato a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2474/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

26/03/08, depositata il 17/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/02/2011 dal Consigliere RelatoreDott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato Rendina Simona, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rileva con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma confermava la statuizione di primo grado con cui era stata accolta la opposizione proposta dalla Banca di Roma spa Gruppo Capitalia avverso il decreto ingiuntivo concernente i ratei di pensione integrativa spettanti al dipendente D.S.M. per il periodo dal primo febbraio al 31 luglio 1999; affermava la Corte territoriale che, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 3, la pensione integrativa non poteva essere erogata se non al momento di decorrenza della pensione AGO, e quindi non prima dell’agosto 1999, poichè la domanda di pensione era stata proposta all’Inps nel luglio dello stesso anno.

Avverso detta sentenza il soccombente ricorre con un motivo.

Resiste la Banca con controricorso.

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza del ricorso;

Viste le memoria depositate da entrambe le parti;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili e devono essere quindi confermati anche a seguito delle memorie delle parti;

Ed infatti, la disposizione in esame, L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 3, recita: “A decorrere dal 1^ gennaio 1998, per tutti i soggetti nei cui confronti trovino applicazione le forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, (…..), nonchè le forme pensionistiche che assicurano comunque ai dipendenti pubblici, inclusi quelli alle dipendenze delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 e successive modificazioni, (…….), prestazioni complementari al trattamento di base ovvero al trattamento di fine rapporto, il trattamento si consegue esclusivamente in presenza dei requisiti e con la decorrenza previsti dalla disciplina dell’assicurazione generale obbligatoria di appartenenza”.

Come ha osservato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 393 del 2000, la disposizione si colloca nel disegno normativo di accomunare sotto la medesima disciplina fondi integrativi e aggiuntivi, quale che sia la loro fonte istitutiva (legale o contrattuale, obbligatoria o facoltativa) ed il settore interessato (dipendenti pubblici o privati), si da conferire omogeneità al complessivo ambito della previdenza complementare, e, per altro verso, precisa e generalizza, per quanto potesse occorrere, il divieto di conseguire il relativo trattamento a prescindere dalle regole vigenti per l’assicurazione generale obbligatoria, secondo un criterio, per il vero, al quale si rifa anche la già ricordata precedente previsione della L. n. 335 del 1995, art. 15, comma 5. Il comma 3 dell’art. 59 opera, dunque, in funzione riequilibratrice del sensibile scostamento che, altrimenti, si sarebbe determinato tra disciplina dei fondi integrativi e disciplina del regime obbligatorio, dopo quelle scelte legislative di riforma che hanno reso più restrittivo, attraverso l’innalzamento dell’età pensionabile e del requisito contributivo, l’accesso al pensionamento di vecchiaia e di anzianità previsto nel regime generale. Uno scostamento, quello appena ricordato, che, in proiezione futura, avrebbe, da un lato, sensibilmente inciso sul gettito della contribuzione al sistema obbligatorio di base, e, dall’altro, determinato un onere insostenibile a carico dei fondi integrativi erogatori di prestazioni definite, in quanto tenuti a sopportare, per un più lungo periodo, l’obbligo di erogazione del trattamento di integrazione rispetto a quello dell’assicurazione generale. E ciò a tacere della ben più gravosa eventualità dell’assunzione, da parte dei medesimi, di detto onere in via definitiva, nelle ipotesi in cui a fronte di prestazioni integrative destinate ad assolvere anche una funzione sostitutiva – per essere le medesime comunque assicurate nel caso di accesso anticipato rispetto al trattamento di base – si fosse determinata l’impossibilità per l’iscritto di accedere, per difetto del requisito di contribuzione, al trattamento del regime obbligatorio. La norma in esame dispone allora che i trattamenti integrativi non possono essere conseguiti se non “in presenza dei requisiti e con la decorrenza” previsti per l’assicurazione obbligatoria di appartenenza. Non è quindi fondata la tesi di parte ricorrente per cui, per ottenere il trattamento integrativo, sarebbe sufficiente solo l’acquisizione dei requisiti prescritti per il trattamento obbligatorio e non già “la decorrenza” di questo, perchè con tale interpretazione si porrebbe nel nulla questa parte della disposizione che fa esplicito riferimento anche alla decorrenza, al fine già ricordato di non consentire lo scostamento temporale tra pensione integrativa (in genere sottoposta a condizioni meno rigorose) e pensione obbligatoria (la cui acquisizione è stata resa ancor più difficile con la normativa degli anni novanta).

E’ vero infatti che la norma precedente, della L. n. 335 del 1995, art. 15, comma 5, era di diverso tenore, perchè subordinava addirittura il diritto al trattamento integrativo alla liquidazione di quello obbligatorio, tuttavia anche con la nuova formulazione non si può prescindere dal requisito della decorrenza (cfr. Cass. n. 5656 del 2004), e certamente, nella specie, la pensione Inps non poteva decorrere in epoca anteriore alla domanda amministrativa.

Il ricorso va quindi rigettato e le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta, oltre Euro tremila per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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