Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12390 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 16/06/2016, (ud. 23/02/2016, dep. 16/06/2016), n.12390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10470/2012 proposto da:

G.G., G., G.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CIPRIANI,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO CIPRIANI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA, (OMISSIS);

– intimata –

nonchè da:

GINA ASSITALIA in qualità di mandataria e rappresentante di

GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA (OMISSIS), in persona dei

legali rappresentanti R.H.M. e C.F.,

elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 38, presso lo

studio dell’avvocato MARIA LUCIA SCAPPATICCI, rappresentata e

difesa dall’avvocato SERGIO CAMPISE giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

G.M. (OMISSIS), G.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI, 1, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CIPRIANI,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO CIPRIANI

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1060/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 24/10/2011 R.G.N. 1043/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato GIUSEPPE CIPRIANI;

udito l’Avvocato MARIA LUCIA SCAPPATICCI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- L’Assitalia S.p.A., in qualità di impresa designata per il Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, proponeva appello avverso la sentenza non definitiva e la sentenza definitiva di primo grado, rispettivamente del 12 dicembre 1996 e del 15 marzo 2002. Con queste il Tribunale di Lamezia Terme, dopo aver rigettato l’eccezione di prescrizione sollevata dalla compagnia, aveva accolto le domande degli attori e, per l’effetto, aveva condannato l’Assitalia n.q. al risarcimento dei danni, liquidati nella somma di Lire 693.252.342 in favore di G.G., in proprio e quale erede legittimo di T.S., e nella somma di Lire 220.800.000 in favore di G.M.. Il Tribunale aveva riconosciuto l’esclusiva responsabilità, per la verificazione del sinistro nel quale era deceduta T.S. (moglie e madre degli attori), in capo al conducente di un veicolo rimasto sconosciuto. Le spese legali erano state poste a carico della soccombente.

In grado d’appello si costituivano gli appellati, chiedendo il rigetto del gravame e la conferma delle sentenze di primo grado.

1.2.- Con sentenza del 30 luglio 2005 la Corte d’appello di Catanzaro dichiarava improcedibile l’appello avverso la sentenza non definitiva ed accoglieva, invece, l’appello avverso la sentenza definitiva, rigettando le originarie domande risarcitorie.

2.- Contro questa sentenza G.G. e G.M. proponevano ricorso per cassazione con un unico motivo.

Resisteva con controricorso l’Assitalia, che proponeva ricorso incidentale affidato a tre motivi.

La Corte di cassazione, con sentenza n. 18928 del 31 ottobre 2009, accoglieva il ricorso principale, nonchè il secondo motivo del ricorso incidentale, ritenendo assorbiti il primo ed il terzo, e rinviava alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.

3.- Con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 24 ottobre 2011, la Corte d’appello di Catanzaro ha accolto l’appello dell’Assitalia S.p.A. avverso la sentenza definitiva del Tribunale di Lamezia Terme ed, in totale riforma di quest’ultima, ha rigettato le domande di risarcimento danni avanzate da G.G. e G.M.. Ha condannato questi ultimi alla restituzione in favore della controparte della somma complessiva di Euro 375.324,14 (corrisposta nelle more) ed ha compensato tra le parti le spese dell’intero giudizio.

4.- G.G. e G.M. hanno proposto ricorso per cassazione basato su due motivi.

Ha resistito con controricorso l’Ina Assitalia in qualità di impresa designata D.Lgs. n. 209 del 2005, ex art. 286, a mezzo della propria mandataria e rappresentante Generali Business Solutions s.c.p.a., che ha avanzato ricorso incidentale condizionato basato su un motivo.

I ricorrenti hanno notificato controricorso a ricorso incidentale.

Tutte e due le parti hanno depositato memorie per l’udienza del 18 marzo 2015. Parte ricorrente ha depositato documenti, previa notificazione dell’elenco ai sensi dell’art. 372 c.p.c..

Con ordinanza depositata il 26 giugno 2015 questa Corte ha disposto che la cancelleria acquisisse il fascicolo d’ufficio del giudizio di secondo grado ed il fascicolo d’ufficio del giudizio di rinvio, rinviando a nuovo ruolo.

4.1.- Trasmessi dalla Corte d’Appello di Catanzaro tutti i fascicoli dei gradi pregressi, è stata fissata l’udienza per la discussione orale.

Le parti hanno depositato nuove memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, lett. a), motivazione erronea, insufficiente e contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

I ricorrenti richiamano la sentenza di questa Corte n. 18928/09, con la quale, accogliendo il ricorso dei G., è stato disposto il rinvio perchè il giudice a quo non aveva sottoposto “ad una rigorosa analisi critica le argomentazioni contenute nella decisione appellata”. Secondo i ricorrenti, il giudice di rinvio non avrebbe ottemperato al mandato della Suprema Corte di rivalutare tutte le risultanze emergenti sia dalla sentenza penale definitiva della Corte d’appello di Catanzaro del 13 febbraio 1991 (che aveva assolto G.G. dall’accusa di omicidio colposo della moglie, trasportata sull’autovettura da lui condotta in occasione del sinistro nel quale era tragicamente deceduta) sia dai fatti non contestati e da quanto fosse stato posto a fondamento della sentenza di primo grado (che aveva accolto la domanda risarcitoria dei G., basata sull’attribuzione della responsabilità del sinistro ad un veicolo rimasto sconosciuto).

I ricorrenti assumono che la motivazione che sorregge la sentenza qui impugnata sarebbe erronea ed irragionevole e violerebbe i principi in tema di prova perchè la Corte d’appello, in sede di rinvio, non avrebbe tenuto in alcuna considerazione la circostanza che i fatti principali costitutivi a fondamento del diritto al risarcimento del danno previsto dalla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, lett. a), allegati nella citazione introduttiva del giudizio in primo grado, si sarebbero dovuti considerare espressamente ammessi dall’impresa assicuratrice convenuta e, dunque, non bisognosi di prova. A detta dei ricorrenti, in particolare, l’Assitalia, “nella ricostruzione di fatti di causa, non ha mai negato (rectius, ha espressamente confermato) la presenza di un mezzo rimasto ignoto, nè tantomeno ha negato (rectius, ha espressamente confermato) che il suddetto mezzo si fosse spostato sulla sinistra durante l’effettuazione della manovra di sorpasso del sig. G.”. Pertanto, queste ultime circostanze non sarebbero state bisognose di prova alcuna; mentre l’unico fatto controverso sarebbe consistito nella decisività della velocità dell’autovettura condotta dal G. quale causa dell’incidente; e questa sarebbe stata esclusa dalla sentenza penale n. 377/91, che ha mandato assolto il G..

1.1.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, lett. a), motivazione erronea, insufficiente e contraddittoria in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

I ricorrenti assumono che la sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto che la domanda non era provata perchè agli atti non erano acquisite le dichiarazioni rese nel procedimento penale dai signori G., malgrado il Tribunale di Lamezia Terme si fosse avvalso della testimonianza resa in sede penale dalla minore G. M., testimone oculare dell’incidente, perchè trasportata sull’autovettura condotta dal padre (la quale avrebbe dichiarato che la velocità era moderata e che, mentre il padre si accingeva a superare un’altra auto, questa gli si sarebbe posta davanti provocando la sbandata e l’incidente). Si legge in ricorso che la ricostruzione sarebbe stata confermata dall’imputato Gaetano G., mentre nessun elemento ulteriore sarebbe stato fornito dall’altra trasportata T.D..

Secondo i ricorrenti queste dichiarazioni sarebbero “confluite negli atti del processo civile”, mentre la Corte d’appello avrebbe “sorprendentemente dichiarato di non aver trovato in atti traccia delle suddette dichiarazioni testimoniali”. Deducono che la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria, perchè il giudice del rinvio, dopo aver sostenuto che le dichiarazioni rese nel processo penale non erano rintracciabili in atti, ha poi espressamente detto di non aver potuto prendere visione del fascicolo d’ufficio del (pregresso) secondo grado in quanto “non disponibile a questa Corte d’appello perchè non trasmesso”.

I ricorrenti censurano altresì la sentenza perchè: non avrebbe tenuto conto del fatto che fosse “circostanza pacifica fra le parti” che la minore aveva confermato, in sede penale, che il sinistro si era verificato per fatto del veicolo rimasto sconosciuto;

non avrebbe tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale per il quale il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove acquisite in sede penale, ma può altresì ritenere sufficienti le risultanze della sola sentenza penale;

la motivazione sarebbe “palesemente erronea” laddove constata che mancano, sia nel fascicolo d’ufficio che in quelli delle parti, verbali od accertamenti operati nell’immediatezza del sinistro, perchè avrebbe trascurato la “relazione di perizia dello stato dei luoghi” prodotta nel giudizio civile dalla parte attrice.

2.- I motivi vanno esaminati congiuntamente perchè entrambi attengono alla ricostruzione della dinamica del sinistro ed alla valutazione degli elementi istruttori da parte del giudice del rinvio.

Quanto a questi ultimi, la motivazione è chiara nell’evidenziare che la Corte d’appello:

– avendo a propria disposizione il fascicolo d’ufficio del primo grado di giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Lamezia Terme, ha constatato che vi è prodotta la sentenza di assoluzione di G. G. resa dalla Corte d’appello di Catanzaro il 13 febbraio 1991;

– a quindi esaminato questa sentenza, riportandone il contenuto alla pag. 7 della propria motivazione;

– ha constatato che null’altro è contenuto nel fascicolo di primo grado;

– ha constatato che in atti non vi sono le dichiarazioni di G. M. (o M.) nè risulta che la sorella della vittima, T. D., abbia reso deposizioni; che non sono allegati verbali contenenti le dichiarazioni dell’imputato G.G.;

– ha constatato che difetta ogni produzione in ordine ad eventuali verbali, sopralluoghi, accertamenti comunque operati nell’immediatezza del sinistro;

– pur non avendo rinvenuto il fascicolo del secondo grado di giudizio, ha escluso che questo potesse contenere gli atti del processo penale per due ordini di ragioni: in secondo grado non venne eseguita alcuna attività istruttoria; la Corte di cassazione con la sentenza di rinvio ha dato mandato di esaminare gli atti contenuti nel fascicolo di primo grado, presupponendo che in questo soltanto (all’epoca non trasmesso però alla Corte di cassazione) potessero essere contenuti gli atti penali.

2.1.- Date siffatte emergenze istruttorie, la Corte di merito ha reputato, quanto alla ricostruzione della dinamica del sinistro, che la sentenza penale di assoluzione non fosse sufficiente a provare che l’incidente si era verificato per responsabilità ascrivibile al conducente di veicolo rimasto sconosciuto e che il giudice civile di primo grado avesse fornito una ricostruzione che “non è corrispondente ai dati disponibili”.

Ha perciò concluso per la mancanza di prova in ordine al fatto che il sinistro si fosse verificato per la condotta dolosa o colposa di altro veicolo il cui conducente fosse rimasto sconosciuto; quindi ha rigettato la domanda avanzata dagli attori ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. a).

3.- In merito al thema probandum, va rigettata la censura di cui al primo motivo.

Invocando il principio di non contestazione di cui all’art. 167 c.p.c. (ed, oggi, di cui all’art. 115 c.p.c., comma 1, come sostituito dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 14), i ricorrenti non tengono conto del fatto (valorizzato soltanto con le memorie conclusive) che il presente giudizio è stato introdotto con atto di citazione notificato il 15 settembre 1992. Le norme di rito applicabili sono quelle vigenti prima dell’entrata in vigore della L. 26 novembre 1990, n. 353 (che ha modificato dell’art. 167 c.p.c., comma 1, imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda). Nel vigore del testo originario dell’art. 167 c.p.c., come ripetutamente affermato da questa Corte, affinchè il fatto allegato da una parte possa considerarsi pacifico, sì da poter fondare la decisione ancorchè non provato, non è sufficiente la mancata contestazione, occorrendo che la controparte ammetta il fatto esplicitamente o che imposti il sistema difensivo su circostanze e argomentazioni logicamente incompatibili con la sua negazione, assumendo una condotta processuale che ne presupponga la sussistenza (cfr. già Cass. n. 10815/04, nonchè Cass. n. 20211/12 e n. 8591/14).

3.1.- Orbene, a prescindere dal profilo di inammissibilità per novità della questione della non contestazione – che non risulta essere stata posta nel grado di merito -, va evidenziato che dal ricorso non risulta affatto che la comparsa di risposta della compagnia di assicurazioni, in primo grado, contenesse l’ammissione esplicita dell’esistenza di un veicolo non identificato il cui conducente avesse provocato con colpa (esclusiva o concorrente) il sinistro per cui è causa.

Quanto, invece, alle difese ivi svolte, va detto che l’eccezione di prescrizione non costituiva affatto l’unica ed esclusiva ragione di resistenza della compagnia (cfr. Cass. ord. n. 20870/13, nel senso che deve aversi per non contestata l’esistenza del diritto soltanto qualora il convenuto basi la propria difesa esclusivamente sulla prescrizione del diritto di credito azionato dall’attore), ma, anzi, la compagnia – come pure si rileva nel controricorso, senza che l’affermazione trovi smentita nelle memorie dei ricorrenti – ha sempre contestato la sussistenza dei presupposti per l’intervento del F.G.V.S.. L’estratto della comparsa di risposta riportato in ricorso, ben lungi dal costituire ammissione o riconoscimento di siffatta sussistenza, appare come un riepilogo di quanto sostenuto dalla controparte, riprodotto a fini espositivi, in sè del tutto inidoneo ad integrare una vera e propria difesa che confermi o presupponga l’accadimento del fatto come narrato dagli attori.

A conferma di siffatta conclusione va peraltro richiamato l’atto di appello dell’Assitalia, n.q., col quale, dopo aver ribadito l’eccezione di prescrizione (impugnando la sentenza non definitiva), l’appellante, nell’impugnare la sentenza definitiva, espressamente contestava, in via principale, l’an debeatur, per infondatezza della domanda nel merito ed assenza di prova.

Il primo motivo di ricorso va perciò rigettato.

4.- La conseguenza di questo rigetto è che l’onere della prova è per intero regolato, così come ritenuto dal giudice di merito, facendo carico agli attori di provare la sussistenza di tutti i presupposti di fatto per l’intervento del Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 19, lett. a).

In proposito, è sufficiente ribadire che il danneggiato il quale promuova richiesta di risarcimento nei confronti del Fondo, sul presupposto che il sinistro sia stato cagionato da veicolo o natante non identificato, ha l’onere di provare sia che si è verificato per la condotta dolosa o colposa del conducente di un altro veicolo o natante, sia che questo è rimasto sconosciuto (cfr. Cass. n. 15367/11).

4.1.- La Corte d’appello, facendo seguito alla sentenza di questa Corte che ha disposto il rinvio, ha, in primo luogo, valutato la sentenza penale con la quale il G. è stato assolto dal reato di omicidio colposo.

Contrariamente a quanto si assume in ricorso, la Corte non solo non ha violato, ma ha perfettamente applicato il principio di diritto, ivi richiamato, per il quale il giudice civile, può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale, già definito, ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede e sottoponendoli al proprio vaglio critico, mediante il confronto con gli elementi probatori emersi nel giudizio civile; a tal fine, egli non è tenuto a disporre la previa acquisizione degli atti del procedimento penale e ad esaminarne il contenuto, qualora, per la formazione di un razionale convincimento, ritenga sufficiente le risultanze della sola sentenza (cfr. Cass. n. 22200/2010 cit. in ricorso).

Il giudice di rinvio effettivamente si è avvalso della sentenza penale, ma ha ritenuto che le risultanze di questa non fossero affatto sufficienti a provare la dinamica del sinistro.

Questa valutazione, oltre a non essere stata validamente censurata dai ricorrenti, trova perfetto riscontro nel tenore della motivazione della sentenza penale riportata nella sentenza qui impugnata.

La censura riguardante l’erroneità o la lacunosità della motivazione in merito al contenuto della sentenza penale è perciò del tutto priva di fondamento.

5.- Esclusa la sussistenza di fatti non contestati ed esclusa la possibilità di trarre argomenti di prova dalla sentenza penale, non si evince dal ricorso quali altri elementi avrebbe avuto a sua disposizione la Corte d’appello per poter dire provate l’esistenza sul luogo di un veicolo rimasto sconosciuto ed, a maggior ragione, la responsabilità del suo conducente.

I ricorrenti, insistendo nel sostenere l’avvenuto deposito degli atti del processo penale in sede civile, censurano la motivazione con le ragioni su esposte nell’illustrare il secondo motivo.

La censura è in parte inammissibile; in parte infondata.

E’ inammissibile per la parte in cui contrappone all’affermazione della Corte d’appello circa la mancata produzione di quegli atti nel processo civile la contraria affermazione dei ricorrenti. Questa è priva di qualsivoglia riferimento sia al momento del processo di primo grado in cui sarebbe stato effettuato il deposito sia al numero ed al contenuto degli atti del processo penale che ne sarebbero stati oggetto sia al luogo attuale di reperibilità degli stessi – del quale nel ricorso non vi è traccia. Tanto appare perciò inammissibile il ricorso, che questa Corte – pur avendo acquisito tutti i fascicoli d’ufficio dei pregressi gradi di giudizio (quindi il fascicolo d’ufficio del Tribunale di Lamezia Terme, il fascicolo d’ufficio del grado di appello dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro, il fascicolo d’ufficio del grado di rinvio dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione) ed avendoli a propria disposizione – non è stata messa in condizione di reperire al loro interno e/o all’interno dei fascicoli di parte e/o come allegati al ricorso nessuno degli atti del processo penale su cui il motivo è basato.

5.1.- Conseguentemente infondate sono le censure di insufficienza e di contraddittorietà della motivazione per la parte in cui è riferita all(a mancanza dell)e dichiarazioni assunte nel processo penale dall’imputato e dai testimoni. La Corte d’appello non avrebbe certo potuto motivare dando conto di dichiarazioni la cui disponibilità ha escluso di avere mai avuto, nè risulta che abbia avuto.

Nemmeno avrebbe potuto tenere conto di queste dichiarazioni solo perchè nella sentenza di primo grado si dice che l’avrebbe fatto il Tribunale di Lamezia Terme – sezione stralcio: ed invero, la Corte d’appello, quale giudice di rinvio, aveva ricevuto mandato da parte della Suprema Corte proprio di delibare la correttezza di questa prima sentenza, valutando se quanto affermato e statuito dal giudice di primo grado “fosse aderente alla realtà processuale sia penale che civile che si era venuta a determinare” (come si legge nella motivazione della sentenza n. 18928/09 che ha disposto il rinvio).

Ancora, è priva di fondamento l’affermazione dei ricorrenti secondo cui sarebbe stata “circostanza pacifica tra le parti che la minore G.M. avesse confermato, in sede penale, che il sinistro si era verificato per fatto del veicolo rimasto non identificato”: la sentenza penale di assoluzione dà conto soltanto del fatto che la minore avesse reso deposizione in sede penale, ma nulla dice sul contenuto questa (salvo a lasciare intendere che fosse favorevole al padre). Il giudice di rinvio si sarebbe dovuto occupare della deposizione, procedendo però al suo esame diretto, avendo la Corte di cassazione dato mandato di accertarne il contenuto, con ciò evidentemente escludendo che si trattasse di fatto non contestato.

5.2.- Infine, è inammissibile la censura contenuta nella parte finale del secondo motivo, laddove i ricorrenti – pur non smentendo il giudice del rinvio laddove ha constatato che “difetta ogni produzione in ordine ad eventuali verbali, sopralluoghi, accertamenti comunque operati nell’immediatezza del sinistro” – pretenderebbero che lo stesso giudice ne avesse dovuto desumere l'(asserito) contenuto da quanto in proposito riportato in una perizia stragiudiziale di parte.

In proposito, è sufficiente richiamare il principio per il quale la consulenza di parte, ancorchè confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio: ne consegue che il giudice di merito, il quale esprima un convincimento ad essa contrario, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto (così Cass. n. 5687/01; cfr. nello stesso senso, già Cass. n. 8240/97). A ciò si aggiunga che manca una valida prospettazione della decisività dei dati contenuti in queste allegazioni di parte, costituendo questa lacuna un’ulteriore profilo di inammissibilità del motivo (cfr. Cass. n. 17369/04).

In conclusione, il ricorso principale va rigettato.

Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti principali, in solido, al pagamento, in favore della resistente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nell’importo complessivo di Euro 10.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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