Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1239 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/01/2019, (ud. 10/10/2018, dep. 17/01/2019), n.1239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7606-2017 proposto da:

B.A., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, e rappresentato e difeso dagli avvocati GISELLA ROSSI

e ROSSELLA BIGHI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.B., B.M., domiciliati in ROMA presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli

avvocati ROBERTA MENEGATTI, MARCO WALTER BELLOMO in virtù di

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

B.B.;

– intimato –

avverso il provvedimento n. 1485/2016 della CORTE D’APPELLO di

BOLOGNA, depositata il 26/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/10/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Lette le memorie depositate dai controricorrenti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

M. e B.B. convenivano in giudizio i fratelli A., L., R. e V. al fine di procedere allo scioglimento della comunione ereditaria relativa al compendio immobiliare sito in Poggio Renatico alla (OMISSIS).

Si costituivano i convenuti i quali evidenziavano che L., R. e V. avevano già alienato le loro quote al fratello A., chiedendo pertanto dichiararsi il loro difetto di legittimazione passiva.

B.A. invece nell’aderire alla domanda di divisione, chiedeva tenersi conto di tutti gli interventi ed opere eseguite sugli immobili, a far data dalla morte del genitore Ar., ed anche in precedenza, con la conseguente condanna degli attori al rimborso delle spese sostenute.

Inoltre, assumeva di avere sostenuto anche esborsi economici per l’assistenza della madre nonchè per le spese funerarie, chiedendone del pari il rimborso.

All’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Ferrara con la sentenza n. 249/2014, pronunciava lo scioglimento della comunione assegnando l’intero immobile al convenuto A., in quanto titolare della maggior quota di 12/18, condannandolo al pagamento dell’eccedenza pari ad Euro 20.000,00 per ognuno degli attori, disponendo la compensazione delle spese di lite, e ponendo le spese di CTU a carico degli attori e del convenuto in proporzione delle quote ereditarie vantate.

Avverso tale sentenza ha proposto appello B.A. e la Corte d’Appello di Bologna con la sentenza n. 1485/2016 del 26/8/2016 ha rigettato il gravame, condannando l’appellante al rimborso delle spese del grado.

Rilevava la Corte distrettuale che l’appello era volto a contestare la condanna al pagamento dell’eccedenza in favore delle controparti, sulla base di due distinte ragioni.

In primo luogo si sosteneva che dal valore attuale dell’immobile, determinato alla data di scioglimento della comunione in Euro 120.000,00, doveva essere detratto il valore delle migliorie e riparazioni eseguite dal convenuto.

La sentenza di appello osservava però che il valore era stato determinato dal Tribunale conformemente alle indicazioni del CTU, il quale aveva altresì accertato che l’incremento di valore del bene verificatosi tra la data della morte della comune genitrice e quella della CTU non era riconducibile ai lavori eseguiti dall’appellante.

Quanto al fatto che si trattava di interventi straordinari, la sentenza ribatteva che mancava il consenso alla loro esecuzione da parte degli altri comproprietari, e che comunque non era stato dimostrato che fossero spese necessarie per la conservazione della cosa comune ai sensi dell’art. 1110 c.c..

Inoltre, doveva condividersi il giudizio del Tribunale che aveva reputato le prove documentali insufficienti e quelle orali in parte inammissibili, per quanto concerneva i lavori eseguiti dopo il 2008, ritenendo che per i lavori eseguiti prima, i capi erano del tutto generici.

Quanto alla seconda doglianza dell’appellante, secondo cui il credito delle controparti doveva compensarsi con le spese funerarie e con quelle di assistenza della madre, i giudici di appello rilevavano che dalla documentazione bancaria emergeva che ad B.A. era stata consegnata la somma di Euro 14.000,00 proveniente dall’eredità materna, essendo quindi onere dello stesso appellante dimostrare che tale cifra non fosse stata sufficiente a coprire i costi asseritamente sostenuti.

B.A. ha proposto ricorso avverso tale sentenza sulla base di due motivi.

B.M. e B.B. hanno resistito con controricorso.

B.B. non ha svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., e l’omessa motivazione, in quanto già nel corso del giudizio di primo grado, a seguito degli eventi sismici del 2012 che avevano colpito la zona di ubicazione del bene comune, era stato disposto un supplemento di CTU al fine di quantificare i costi di riparazione.

L’ausiliario di ufficio aveva determinato l’importo necessario a tal fine in Euro 3.000,00 al netto degli oneri fiscali.

Tuttavia il Tribunale, pur prendendone atto, non le aveva riconosciute al convenuto, nè come rimborso nè come detrazione rispetto al valore complessivo di stima del bene.

Per l’effetto con il primo motivo di appello, il ricorrente aveva chiesto la riforma della sentenza, in ordine all’individuazione dell’ammontare del conguaglio da versare agli altri condividenti, segnalando il mancato riconoscimento delle somme da impiegare per la riparazione, ma la sentenza di appello non ha minimamente risposto a tale rilievo

Il motivo è fondato.

Ed, invero, come si rileva dalla lettura dell’atto di appello, il cui accesso è consentito alla Corte, attesa la natura del vizio denunciato, B.A. ha chiesto di tenere conto ai fini della determinazione del valore dell’immobile, sulla scorta del quale poi parametrare l’ammontare del conguaglio dovuto ai coeredi non attributari del bene, non solo delle migliorie apportate a sua esclusiva cura e spese, ma anche dei costi derivanti dai danni provocati dal sisma del 2012 (cfr. pag. 6 dell’atto di appello).

La sentenza gravata, mentre fornisce una risposta alla censura dell’appellante quanto alle spese straordinarie poste in essere prima del 2008, riferisce genericamente di inattendibilità delle fatture prodotte al fine di documentare le spese di manutenzione straordinaria post 2008, ma non si occupa in alcun modo della diversa questione, pure posta nel motivo di appello, circa l’incidenza sul valore dell’immobile dei costi necessari per porre rimedio ai danni del terremoto, essendo peraltro evidente che, a fronte di un accertamento espressamente compiuto sul punto da parte del CTU in sede di chiarimenti (cfr. pag. 3 della sentenza d’appello) la motivazione relativa alla inattendibilità della prova testimoniale offerta dall’appellante non appare in alcun modo riferibile alla diversa questione dei costi in esame, per i quali vi era stato anche un puntuale riscontro da parte del CTU.

Gli stessi controricorrenti hanno riconosciuto nella memoria depositata in prossimità dell’udienza la fondatezza della censura, tuttavia tale comportamento non consente di addivenire ad una pronuncia di cessazione della materia del contendere, in assenza di comportamenti in concreto volti a dare concreta attuazione alla sentenza in conformità di quanto ritenuto essere corretto da parte ricorrente.

Il secondo motivo invece denuncia la violazione dell’art. 728, nonchè l’omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Si lamenta che erroneamente è stata disattesa la richiesta di rimborso delle spese per migliorie eseguite dal ricorrente prima del 2008, trattandosi peraltro di spese necessarie per assicurare la stabilità del bene.

Si osserva, inoltre, che lo stesso CTU aveva riconosciuto che dal 2005 alla data del deposito della relazione il bene aveva avuto un incremento di valore di circa Euro 20.000,00, non potendosi a tal fine condividere la valutazione dei giudici di merito secondo cui tale aumento andrebbe ricondotto al mutamento delle condizioni del mercato immobiliare.

Inoltre, dovendo il valore di mercato del bene comune essere determinato all’attualità, è del tutto inverosimile che a quello indicato in sentenza sia corrispondente all’effettivo valore di un bene in località rurale ed in piena zona sismica.

Il motivo è inammissibile.

Ed, invero, esso contiene un erroneo richiamo alla vecchia formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dovendosi nella fattispecie invece fare applicazione della novella di cui alla L. n. 134 del 2012, sicchè è inammissibile la censura che continui a fare richiamo al vizio di omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione.

Ancora, traspare in maniera evidente dalla lettura del ricorso come il motivo miri surrettiziamente ed indebitamente a sollecitare un non consentito diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie.

Il motivo poi, oltre a non confrontarsi con la sentenza di appello, laddove ha specificato le ragioni in base alle quali non spettavano all’appellante le spese sostenute per la manutenzione e la miglioria dell’immobile, sia prima che dopo il 2008, riproponendo in maniera quasi apodittica la tesi della necessità degli esborsi sostenuti, con una unilaterale contrapposizione della valutazione della parte a quella del giudice (senza peraltro nemmeno peritarsi di richiamare con precisione i documenti che supporterebbero il proprio assunto, ed in violazione quindi del principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), contesta apprezzamenti evidentemente di fatto e riservati al giudice di merito, quali l’individuazione del valore all’attualità del bene ovvero la riconducibilità dell’aumento di valore tra la data della morte della madre e quella della divisione all’andamento del mercato immobiliare, tradendo in tal modo l’evidente riconducibilità della doglianza ad una inammissibile censura di merito.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, e dichiarato inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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