Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12388 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 16/06/2016, (ud. 23/02/2016, dep. 16/06/2016), n.12388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28020/2013 proposto da:

T.G., (OMISSIS), T.N.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA F.

FERRAIRONI 25 ED. T3C, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO

ATTOLINO, che li rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

GRAND HOTL RIVA DEL SOLE SRL, REALE MUTUA ASSICURAZIONI SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 228/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 26/03/2013 R.G.N. 51/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2016 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato VITTORIO ATTOLINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 11 maggio 1996, B. C. convenne in giudizio il Grand Hotel Riva del Sole sostenendo che, mentre si trovava nei giardini dell’albergo in occasione di una cerimonia nuziale, entrato improvvisamente in funzione l’impianto d’irrigazione, nella fuga un’altra invitata, tale V., l’aveva urtata, sicchè ella era caduta, riportando contusione cranica e periartrite postraumatica alla spalla sinistra.

Di tali danni chiese dunque di essere ristorata.

Il Tribunale di Bari respinse la domanda per difetto di nesso di causalità tra il comportamento ascritto alla società alberghiera e l’evento dannoso.

La Corte d’Appello della stessa città confermò detta pronuncia, ponendo in evidenza che la caduta dell’infortunata era stata provocata dalla spinta di un’altra invitata, la quale era la causa ultima ed eziologicamente efficiente nella produzione dell’evento, idonea a ridurre a mero elemento occasionale il comportamento della società alberghiera.

Proposto dalla B. ricorso per cassazione, il giudice di legittimità, con sentenza n. 16069 del 14 luglio 2006, lo accolse, demandando al giudice del rinvio di valutare se tra l’entrata in funzione dei nebulizzatori e la fuga della V. esistesse un rapporto d’interdipendenza o di assoluta autonomia; se, in particolare, l’evento dannoso si sarebbe o meno verificato nel caso in cui, in ipotesi, il meccanismo non fosse entrato in funzione.

Decidendo in sede di rinvio, la Corte d’appello di Bari, con la sentenza ora impugnata, depositata in data 26 marzo 2013, ha accolto, per quanto di ragione, la domanda risarcitoria proposta da B.C., per l’effetto condannando Riva del Sole s.r.l. al pagamento in favore di T.N. e di G., eredi di B.C., deceduta nelle more, al pagamento della somma di Euro 6.079,00, oltre interessi legali calcolati anno per anno sull’importo devalutato alla data del sinistro e via via rivalutato per ciascun anno; ha condannato Reale Mutua Assicurazioni s.p.a. a rimborsare alla convenuta quanto la stessa avrebbe corrisposto alla controparte; ha condannato Riva del Sole a pagare a T.N. e a G. la metà delle spese di ciascun grado di giudizio, compensando tra le parti il residuo.

Il ricorso di T.N. e G. è affidato a un solo motivo. Non si sono difesi gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

l Con l’unico motivo gli impugnanti lamentano violazione dell’art. 91 c.p.c., con riferimento al capo della sentenza che ha compensato per il 50% le spese di tutti i gradi del giudizio.

Evidenziano che, benchè la B. avesse inizialmente chiesto un risarcimento nella misura di sessanta milioni di Lire, non ricorrevano comunque le condizioni per la compensazione, considerato che l’appello non era stato proposto per contestare le somme liquidate, avendo il primo giudice tout court rigettato la domanda per insussistenza del nesso di causalità.

2 Le censure sono infondate.

Mette conto rilevare che, con riferimento ai giudizi, come quello in esame, ai quali, ratione temporis, non si applica la L. 28 dicembre 2005, n. 263, che, modificando l’art. 92 c.p.c., ha introdotto l’obbligo del giudice di indicare le ragioni della compensazione delle spese di lite, inaugurando un trend portato a ulteriore compimento dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 – che esige ora la ricorrenza di altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione – la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che la decisione di provvedere in tal senso non è censurabile in sede di legittimità, perchè la valutazione dell’opportunità della compensazione totale o parziale delle spese processuali, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca sia in quella della ricorrenza di altri giusti motivi, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e non richiede specifica motivazione.

In tale prospettiva l’uso del potere di compensazione delle spese di causa è stato ritenuto sindacabile dalla Corte Regolatrice unicamente laddove le ragioni della scelta decisoria adottata non solo non siano espressamente indicate, ma neppure siano desumibili dal complesso della motivazione, e cioè dalle argomentazioni svolte a sostegno della stessa, costituendo la mancanza assoluta di motivazione violazione del disposto dell’art. 92 c.p.c. (confr. Cass. civ. 19 novembre 2007, n. 23993; Cass. civ. sez. un. 30 luglio 2008, n. 20598), ovvero laddove vengano enunciate ragioni palesemente e macroscopicamente illogiche, idonee cioè a inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale (Cass. civ. 8 settembre 2005, n. 17953;

Cass. civ. 26 febbraio 2007, n. 4388; Cass. civ. 11 febbraio 2008, n. 3218; Cass. civ. 6 ottobre 2011, n. 20457).

3 Con specifico riguardo alla nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, è poi stato osservato che essa sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che siano state trattate cumulativamente nel medesimo processo; ovvero presuppone l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi, dei quali uno o alcuni siano stati accolti e gli altri rigettati, o ancora implica una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo (Cass. civ., ord. 23 settembre 2013, n. 21684; Cass. civ., ord. 21 ottobre 2009, n. 22381).

4 Venendo al caso di specie, la Corte territoriale ha argomentato la sua decisione, in ordine alla regolazione delle spese, evidenziando che la domanda attrice era stata solo parzialmente accolta, posto che essa era stata articolata deducendo l’esistenza di postumi risarcibili correlati a una invalidità del 18%, laddove quella riconosciuta era della misura del 3%.

Ne deriva che non solo non sussiste la denunciata violazione di legge, non potendo affermarsi, alla stregua di quanto innanzi esplicitato, che il giudice di merito abbia fatto malgoverno del principio della soccombenza, ma neppure può ritenersi illogico, inconsistente o erroneo l’iter argomentativo addotto a sostegno della disposta, parziale compensazione delle spese di causa.

Il rigetto del ricorso si impone dunque.

La mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa preclude ogni pronuncia in ordine alle spese di giudizio.

La circostanza che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione –

del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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