Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12385 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 11/05/2021), n.12385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2446/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

domicilia;

– ricorrente –

contro

KING s.p.a., (P.IVA: (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dagli

Avv.ti Enrico Salvatico, Filippo Bruno e Anselmo Carlevaro, con

domicilio eletto presso quest’ultimo (con studio in Roma in via Gian

Giacomo Porro n. 8);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per la

Lombardia n. 3186/07/2015, pronunciata il 2 luglio 2015 e depositata

il 10 luglio 2015;

udita la relazione svolta nell’udienza camerale dell’11. novembre

2020 dal Consigliere Fabio Antezza.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (“A.D.”) ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di rigetto dell’appello principale proposto dalla stessa Amministrazione nonchè di accoglimento di quello incidentale, proposto dal contribuente, avverso la sentenza n. 6596/23/2014 emessa dalla CTP di Milano, che aveva accolto parzialmente l’impugnazione proposta avverso avviso di rettifica dell’accertamento del 2013.

2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue circa i fatti di causa.

2.1. L’Amministrazione finanziaria, successivamente a segnalazione degli organi esecutivi della Commissione per la lotta antifrode (OLAF) di cui al Reg. (CEE), 23 maggio 1999, n. 1073 (non ancora culminata in un rapporto finale), su base documentale rilevò la violazione da parte del contribuente del Reg. (CE) n. 771/2005, istitutivo del dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di taluni elementi di acciaio inossidabile e di loro parti originari di alcuni paesi asiatici, tra i quali Taiwan, ed il Reg. (CE) n. 1890/2005 (come modificato dal reg. n. 768/2009), istitutivo del dazio antidumping definitivo.

All’esito del detto accertamento a posteriori seguì la revisione delle bollette doganali relative ai beni importati in quanto ritenuti provenienti non dalle Filippine (differentemente da quanto dichiarato) bensì da Taiwan.

3. Il contribuente impugnò il provvedimento impositivo, deducendo (anche) che trattavasi di beni effettivamente di origine delle Filippine in quanto, ivi introdotto, il semilavorato proveniente da Taiwan fu trasformato nel prodotto finito (viti).

La CTP, per quanto ancora rileva, accolse il ricorso ritenendo applicabile nella specie il dazio del 16,1%.

4. Avverso la statuizione di primo grado I’A.D. ed il contribuente proposero autonomi appelli decisi in simultaneus processus, in forza di loro riunione, con accoglimento dell’impugnazione del solo contribuente.

La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, nonostante la segnalazione OLAF (ancorchè non ancora culminata in rapporto finale), ritenne provata da parte del contribuente (anche in forza di documentazione contabile e doganale) la circostanza per la quale non si trattò di mero trasbordo da un Paese all’altro/ oltre che dimostrata l’origine del bene importato (viti) dalle Filippine, a seguito dell’avvenuta trasformazione in tale luogo del semilavorato (acciaio), proveniente da Taiwan, in prodotto finito (viti).

5. Contro la sentenza d’appello l’A.D. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, ed il contribuente intimato si difende con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Con il motivo n. 1 del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 si deduce “error in procedendo/nullità della sentenza… per violazione dell’art. 53, comma 1, in combinato disposto con l’art. 81 c.p.c., ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, nonchè del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, e art. 22, commi 2 e 3”.

In sostanza, si deduce la nullità della sentenza per non aver il Giudice accolto l’eccezione d’inammissibilità che I’A.D. avrebbe sollevato con riferimento all’assunta difformità tra l’atto d’appello depositato e quello notificato nonchè la non coincidenza soggettiva tra appellante e parte soccombente in primo grado.

2.1. Il motivo è infondato, oltre che/per un profilo/inammissibile per difetto di specificità (in termini di autosufficienza), per non aver la ricorrente nè allegato nè trascritto l’atto d’appello della contribuente notificatole, a suo dire differente da quello depositato tanto per la parte appellante quanto per il contenuto (ex plurimis, per l’inammissibilità dovuta a difetto di specificità del motivo di ricorso, in termini di autosufficienza, si vedano altresì, ex plurimis, limitando i riferimenti solo a talune decisioni più recenti, oltre a Cass. sez. U, 27/12/2019, n. 34469, e Cass. sez. U, 19/04/2016, n. 7701: Cass. sez. 5, 30/09/2020, n. 20858, in motivazione; Cass. sez. 3, 27/05/2019, n. 14357, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 24/05/2019, n. 14161, in motivazione; Cass. sez. 5, 13/11/2018, n. 29092, Rv. 651277-01; Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).

Nel merito cassatorio, in particolare, dal fascicolo d’ufficio del giudizio di merito, i cui atti sono accessibili a questa Corte in quanto giudice del fatto processuale in ragione del dedotto error in procedendo, non emerge l’atto d’appello che a detta della ricorrente le sarebbe stato notificato ma risulta che l’atto d’appello avverso la sentenza n. 6596/23/2014, emessa dalla CTP di Milano, in merito al quale ha statuito la CTR, è stato proposto dalla parte parzialmente soccombente in primo grado (l’attuale ricorrente KING s.p.a.). Per converso, dal detto fascicolo emerge che l’atto d’appello proposto da altro soggetto (“Multilogistics s.p.a.”), non parte in questo giudizio di legittimità), ha avuto ad oggetto altra statuizione della CTR di Milano, la sentenza n. 6597 del 2014.

3. Con il motivo n. 2 del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 si deduce “error in procedendo… per disapplicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4 applicabile ex art. 61 dello stesso atto normativo nonchè l’art. 111 Cost., comma 6”.

Sostanzialmente la ricorrente si duole dell’assenza nella sentenza impugnata della succinta esposizione dei motivi in fatto e in diritto.

3.1. Il motivo è infondato.

Dopo la ricostruzione del fatto processuale (dall’accertamento dell’Amministrazione ai riuniti appelli avverso la sentenza della CTP), la Commissione regionale difatti esplicita l’iter logico-giuridico alla base della propria statuizione oltre che gli elementi probatori rilevanti ed oggetto di valutazione, nei termini già sintetizzati al punto n. 4 della precedente ricostruzione dei fatti di causa ed ulteriormente ribadito nella disamina del successivo motivo di ricorso.

4. Con il motivo n. 3 del ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si deduce la violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. e art. 9 Reg. (CE) n. 1073 del 1999.

Nella sostanza, si critica la sentenza impugnata assumendo che la stessa si sia posta in contrasto con il principio in materia di riparto dell’onere della prova come invece sancito dal diritto vivente in materia, per il quale spetta al contribuente che contesti il fondamento probatorio degli accertamenti fornire la prova contraria.

La ricorrente sindaca altresì la valutazione comparativa da parte della CTR degli elementi di prova a disposizione, avendo il Giudice di merito accordato prevalenza a quelli forniti dal contribuente, posto che gli accertamenti OLAF non potrebbero essere utilmente contrastati da semplici dichiarazioni rese da soggetti terzi, comunque inidonee a fornire la piena e convincente prova contraria in ordine alla sussistenza delle condizioni di applicabilità del regime agevolativo.

4.1. Il motivo in esame è infondato, oltre che inammissibile, laddove tendente a sostituire a quella della CTR la propria valutazione comparativa degli elementi probatori e per la mancata considerazione della reale ratio decidendi, quindi non sindacata, che si fonda non su criteri inerenti il riparto dell’onere probatorio nella materia bensì sul ritenuto accertamento dell’assenza di un mero trasbordo da un Paese all’altro oltre che dell’origine del bene importato (viti) dalle Filippine, a seguito dell’avvenuta trasformazione in tale luogo del semilavorato (acciaio), proveniente da Taiwan, in prodotto finito (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. Sez. U, 15/09/2020, n. 19169, Rv. 658633-01, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 15/10/2019, n. 26052, in motivazione; Cass. sez. 3, 15/10/2019, n. 25933, in motivazione, entrambe nel senso della considerazione della relativa censura alla stregua di un “non motivo”, inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4; Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

Nel merito cassatorio, occorre invece rilevare che in tema di tributi doganali, come chiarito da questa Corte, limitando i riferimenti a quanto rileva nella fattispecie, gli accertamenti compiuti dagli organi esecutivi dell’OLAF ai sensi del Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n 1073 del 1999, per la loro formazione ed il valore di atti pubblici ad essi attribuibile, hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria (ex plurimis, tra le più recenti: Cass. sez. 5, 11/05/2018, n. 11441, Rv. 648020-01; Cass. sez. 5, 21/04/2017, n. 10118/, Rv. 644042-02, oltre che le precedenti Cass. sez. 5, 06/07/2016, n. 13770, Rv. 640616-01, Cass. sez. 5, 08/03/2013, n. 5892, Rv. 625397-01).

Peraltro, in ragione della rilevanza nella fattispecie, occorre precisare che ai fini della verifica della provenienza delle merci, l’art. 9, comma 2, del citato Reg. CE n. 1073/1999, considera equipollenti la relazione redatta dall’OLAF al termine delle indagini e le relazioni redatte dagli ispettori amministrativi dello Stato membro, tanto ai fini delle “regole di valutazione” applicabili quanto ai fini del “valore” riconoscibile secondo la disciplina legislativa dello Stato membro. Ne deriva l’assenza di alcuna limitazione in ordine alla utilizzabilità nei procedimenti amministrativi e giudiziari dello Stato membro anche di altre fonti di prova emergenti dalle indagini svolte dall’OLAF, come è dato evincere dall’art. 9, comma 3, e dall’art. 10, comma 1, del medesimo regolamento, i quali prevedono la trasmissione alle autorità degli Stati membri interessati, rispettivamente, di “ogni documento utile” acquisito e la comunicazione di “qualsiasi informazione” ottenuta nel corso delle indagini (Cass. sez. 5, 03/08/2012, n. 14036, Rv. 623913-01, oltre che la successiva conforme Cass. sez. 5, 30/01/2020, n. 2139, Rv. 656818-01).

Ne consegue quindi l’utilizzabilità quali fonti di prova emergenti dalle indagini svolte dall’OLAF anche dei documenti acquisiti e della comunicazione di qualsiasi informazione ottenuta nel corso delle indagini espletate, compresi, peraltro, i verbali delle operazioni di missione (ex plurimis, Cass. sez. 5, 08/03/2013, n. 5892, Rv. 625397-01) non rilevando esclusivamente il rapporto finale che, come nella specie, potrebbe anche mancare.

Nella specie, il Giudice di secondo grado ha fatto corretta applicazione dei principi di cui innanzi, non violando il detto riparto dell’onere probatorio. In applicazione di esso, difatti, la CTR, nonostante la segnalazione OLAF (ancorchè non ancora culminata in rapporto finale), con apprezzamento di merito estraneo al giudizio di legittimità, ha ritenuto provata da parte della contribuente (anche in forza di documentazione contabile e doganale) la circostanza per la quale non si trattò di mero trasbordo da un Paese all’altro oltre che l’origine del bene importato (viti) dalle Filippone, per l’avvenuta trasformazione in tale luogo del semilavorato (acciaio) proveniente da Taiwan in prodotto finito (viti).

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali, inerenti il presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente che si liquidano, in considerazione dei parametri applicabili ratione temporis, in Euro 11.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.P.A., come per legge.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, inerenti il presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che si liquidano in Euro 11.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

 

 

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