Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12379 del 17/05/2017

Cassazione civile, sez. I, 17/05/2017, (ud. 23/02/2017, dep.17/05/2017),  n. 12379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 1784/2013 proposto da:

Fondiaria Sai S.p.a., (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Michele Mercati n. 51, presso l’avvocato Luponio Ennio, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Silimbani Maurizio,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Poste Italiane S.p.a. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale

Europa n. 175, presso la Direzione Affari Legali di Poste Italiane,

rappresentata e difesa dagli avvocati Cataldi Rossana, Chiappinelli

Giuseppina, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6903/2011 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 22/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal cons. MARULLI MARCO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Silimbani che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato URSINO ANNAMARIA, con

delega orale avv.ti Chiappinelli e Cataldi, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.1. Con sentenza 6903 del 22.11.2011 il Tribunale di Torino, rigettando il gravame di Fondiaria SAI s.p.a., ha confermato la decisione del locale Ufficio del Giudice di Pace che ne aveva respinto la domanda nei confronti di Poste Italiane s.p.a. intesa a conseguire il risarcimento del danno derivante dalla negoziazione e dall’incasso presso una dipendenza della convenuta di un assegno di traenza dell’importo di Euro 1600,00 munito di clausola di intrasferibilità operati da un terzo, tale C.G., previa falsificazione del nominativo del beneficiario risultante dal titolo.

1.2. Il tribunale ha previamente escluso la responsabilità di Poste Italiane osservando che, essendo la C., già conosciuta come correntista allorchè aveva posto all’incasso l’assegno de quo, “anche con la diligenza del medio banchiere” non vi sarebbe stato perciò motivo di dubitare della legittimità della negoziazione e del successivo incasso di esso, sicchè non “è ravvisabile alcuna mancanza di diligenza sia pur lieve” nel comportamento tenuto dall’appellata per aver consentito le dette operazioni. Responsabilità, ha aggiunto il giudice d’appello, che nella specie non è neppure ravvisabile in relazione alla falsificazione del titolo dal momento che la ctu esperita sul punto ha evidenziato che “era stato necessario impiegare strumentazione ottica (lenti a diversi ingrandimenti e lampada di Wood) per risalire alla contraffazione dell’assegno”, strumentazione di cui la banca non è tenuta a disporre; ovvero in relazione alla carta di identità utilizzata dalla C. per aprire il conto, che, sempre alla luce delle risultanze istruttorie, non risulta “apparentemente alterata o contraffatta in qualche sua parte, in modo che di ciò potesse o dovesse accorgersi Poste Italiane”.

1.3. Per la cassazione di detta sentenza la Fondiaria SAI insta questa Corte sulla base di quattro motivi di ricorso, illustrati pure con memoria ex art. 378 cod. proc. civ., ai quali resiste con controricorso Poste Italiane.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo, il secondo e terzo motivo di ricorso Fondiaria SAI assume, per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contrarietà dell’impugnata sentenza, nell’ordine, rispetto agli artt. 1218, 2697 e 1852 c.c., atteso che, sebbene in ragione della dedotta natura contrattuale della responsabilità insorgente nel caso di specie fosse onere di Poste Italiane dare la prova liberatoria della propria diligenza, “la sentenza ricorsa non dice mai dove e come la banca sia stata diligente”, limitandosi soltanto a prendere atto che il tutto era avvenuto per via di falsificazioni non rilevabili ictu oculi (primo motivo); rispetto all’art. 43 l. ass. – in relazione al quale si denuncia anche un vizio motivazionale per “mancanza di motivazione” -, atteso che, imponendo la norma che il pagamento del titolo sia effettuato in favore di chi ne risulti beneficiario, a nulla rileva al fine di riconoscere la responsabilità della banca che paghi ad un terzo “il fatto che sia sbagliata l’identificazione perchè l’identità del presentatore sia stata male accertata” oppure perchè “il titolo sia stato alterato” (secondo motivo); rispetto, infine, all’art. 1176 c.c. – in relazione al quale si denuncia anche un vizio motivazionale per “mancanza e/o contraddittorietà e/o inesistenza di motivazione” -, atteso che, sebbene la norma guardi alla professionalità del banchiere esperto che disponga dei mezzi e delle conoscenze per poter correttamente svolgere la propria attività, il tribunale nella specie non solo ha omesso “una congrua indagine sulla diligenza” ma ha pure finito “per affermarla senza alcuna giustificazione, risolvendola con l’affermazione per cui il banchiere non sia tenuto ad apprestare strumenti tecnici o chimici per accorgersi di eventuali contraffazioni” (terzo motivo).

1.2. Il quarto motivo del ricorso imputa alla sentenza opposta un errore di diritto consistito nella violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., “l’incongrua disamina della ctu e delle sue conclusioni” ed un vizio di motivazione per mancanza e/o contraddittorietà e/o insufficiente di motivazione, vero che il giudice d’appello non ha considerato che gli accertamenti operati dal ctu riguardo la carta di identità utilizzata dalla C. per aprire il conto erano stati condotti esaminando una fotocopia del detto documento “e ciò basterebbe a rendere insufficiente e contraddittoria la parte motiva e l’indagine” da esso esperita.

2. La quaestio iuris posta dai primi tre motivi di ricorso, con i quali si contesta che il pagamento effettuato dalla banca negoziatrice in favore di soggetto diverso dal beneficiario dell’assegno di traenza emesso dalla ricorrente con clausola di intrasferibilità abbia effetto liberatorio e che perciò la banca non sia obbligata a rispondere del pagamento ai sensi del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 43, comma 2, (di seguito art. 43 l. ass.), induce il collegio a rilevare previamente l’esistenza nella giurisprudenza della Corte di un contrasto in ordine ai limiti della responsabilità della banca che paghi un assegno non trasferibile ad un soggetto diverso dal beneficiario e che in ragione del ricordato principio normativo risponde appunto del pagamento così effettuato.

3. La questione, va osservato, non subisce l’influenza della specificità del caso concreto ove essa è stata sollevata riguardo ad un “assegno di traenza” ovvero a quella particolare figura di titolo cambiario creato dalla prassi bancaria che la banca autorizza l’interessato a sottoscrivere – appunto per traenza – sulla banca stessa inviandogli a tal fine un modulo appositamente predisposto con previsione del pagamento in favore del traente medesimo o di altro eventuale soggetto indicato come beneficiario, giacchè come già chiarito da questa Corte a Sezioni Unite il titolo in questione è riconducibile “al genus dell’assegno bancario, avendone tutte le caratteristiche, ivi compresa sia la naturale attitudine ad esser trasferito mediante girata, sia la possibilità di limitare siffatta attitudine mediante l’apposizione sul titolo della clausola d’intrasferibilità”, con il debito conclusivo corollario che “alla circolazione ed al pagamento di un assegno siffatto, munito di clausola di non trasferibilità, è dunque applicabile la disciplina stabilita dal legislatore in materia di assegno bancario non trasferibile” (Cass, Sez. U, 26/07/2007, n. 14712).

Nè, d’altro canto, pure ad onta del fatto che il rilevato contrasto si sia venuto ad acuire solo in tempi relativamente recenti, si è autorizzati a credere che esso sia componibile alla luce degli insegnamenti declinati dal citato pronunciamento delle SS.UU. che, pur attinte sullo specifico tema della natura della responsabilità che fa capo alla banca che paga l’assegno non trasferibile a soggetto diverso dal legittimo beneficiario e pur chiarendo che “la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso”, non ha tuttavia spinto il solco delle proprie riflessioni sino a precisare entro quali limiti la responsabilità sancita dall’art. 43 l. ass. sia destinata ad operare. E ciò sebbene il punto di diritto affermato nell’occasione – in chiaro disaccordo con la dottrina prevalente dell’avviso che la responsabilità in questione abbia natura extracontrattuale ed operi perciò su basi di rigida obiettività – specie laddove ha cura di notare che l’espressione “colui che paga”, adoperata dalla norma in esame, “va intesa in senso ampio”, riferendosi infatti sia alla banca trattarla che a quella negoziatrice, non sia del tutto privo di ricadute rispetto alla questione in disamina, come del resto, proprio sul filo di questo indirizzo, si è ben mostrata avvertita altra giurisprudenza della Corte rimarcando, con riguardo al caso in cui la responsabilità della banca negoziatrice era stata invocata dalla banca trattaria dopo aver provveduto nuovamente a pagare l’importo di un assegno circolare all’effettivo titolare, che l’azione proposta in tal senso “dalla banca trattaria, pur potendosi qualificare di responsabilità latu sensu contrattuale, nella peculiare configurazione che ne danno le S.U., nella citata pronuncia n. 14712 del 2007, non esclude l’accertamento del requisito soggettivo della condotta colpevole, ancorchè sulla base del parametro più rigoroso degli obblighi dell’accorto banchiere”. (Cass., Sez. 1^, 5/0472016, n. 6560).

4. Pur, dunque, nella consapevolezza che la questione oggetto qui di giudizio necessiti di debita puntualizzazione in relazione a quanto più generalmente affermato dalle SS.UU., in tal senso palesandosene la natura di questione di massima di particolare importanza – registrabile, per vero, come pure si è notato, anche riguardo al diverso profilo della oscillante riferibilità dell’art. 43 l. ass. talora alla disciplina della circolazione del titolo, talaltra agli oneri di identificazione del prenditore (Cass., Sez. I, 22/02/2016, n. 3405, in motivazione) – il cennato contrasto, su cui il collegio intende richiamare l’attenzione ai fini della sua eventuale sottoposizione al giudizio delle SS.UU. in merito alla portata dell’art. 43 l. ass., vede contrapporsi due orientamenti che hanno radice in lontani precedenti di questa Corte e che con altalenanti fortune ne hanno condizionato il pensiero successivamente.

5. Il primo orientamento, per quel che consta, fa capo a Cass., Sez. 1^, 7/10/1058, n. 3133 che, nel negare efficacia liberatoria al pagamento in favore del legittimato apparente sulla base del principio secondo cui la banca che paghi un assegno non trasferibile lo fa a suo rischio e pericolo in quanto, indipendentemente dalla diligenza posta in essere all’atto dell’identificazione del presentatore, è tenuta a ripetere il pagamento se paga a persona diversa dal prenditore, fa notare, in sintonia con il dettato dell’art. 2001 c.c., che, pur restando ferma la natura di titolo di credito dell’assegno non trasferibile, le norme generali in materia di titoli di credito si applicano in quanto non sia diversamente disposto da altre norme del codice o di leggi speciali; ed appunto tale deve ritenersi le disposizioni dell’art. 43 l. ass. “giacchè, dopo aver negato la possibilità della girata, sanciscono che chi paga a persona diversa dal prenditore risponde del pagamento e, in relazione a tale principio, escludono la procedura di ammortamento in caso di smarrimento, distruzione o sottrazione”.

“Questa interpretazione” – si è scritto – “sgancia la responsabilità della banca dal principio della colpa, affermando la non liberatorietà del pagamento effettuato a favore di persona diversa dal prenditore. Ciò perchè, secondo la Corte, la finalità attribuita dalla legge alla clausola “non trasferibile” è quella di conferire al prenditore un’assoluta sicurezza del pagamento dell’assegno. In questa prospettiva, l’art. 43, comma 2, l. ass. condiziona il valore liberatorio del pagamento alla effettiva coincidenza del suo destinatario con l’originario prenditore, di talchè ogni divario sul punto si ripercuote incondizionatamente a danno della banca trattaria, nonostante la diligenza usata nella identificazione del presentatore e nell’esame della regolarità del titolo. A sostegno si adduce l’argomento letterale della superfluità della citata norma, ove la responsabilità del debitore dovesse essere condizionata alla sua colpa nell’accertamento della legittimazione del portatore ad incassarlo, in quanto si tratterebbe di una mera ripetizione del principio generale sui limiti della legittimazione apparente, nonchè l’argomento logico inerente alla funzione della clausola, che sarebbe quella di premunire il portatore contro qualsiasi rischio derivante dallo smarrimento o dalla sottrazione del titolo”.

A questo primo orientamento, che dunque esclude l’effetto liberatorio del pagamento incolpevole e obbliga la banca negoziatrice – e più in generale “colui che paga” – che paghi male a reiterare il pagamento, si attiene la giurisprudenza di questa Corte successiva a Cass., Sez. 1^, 9/02/1999 n. 1098 che, dopo un lungo periodo di oscuramento, ha ripristinato l’indirizzo interpretativo enunciato in prima battuta da Cass. 3133/1958, affermando nuovamente, sulla premessa che l’art. 43, comma 2, l. ass., “nel disporre che colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento, regola in modo autonomo l’adempimento dell’assegno non trasferibile, con deviazione sia dalla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito con legittimazione variabile, sia dal disposto di diritto comune delle obbligazioni di cui all’art. 1189 c.c., che libera il debitore che esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore apparente (con relativo onere probatorio a carico del solvens)”, il principio secondo cui “la banca che abbia effettuato il pagamento in favore di chi non era legittimato non è liberata dalla originaria obbligazione finchè non paghi al prenditore esattamente individuato (o al banchiere giratario per l’incasso), e ciò a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore”. Principio, poi, condiviso unanimemente dalla giurisprudenza successiva (Cass., Sez. 1^, 22/02/2000, n. 1978; Cass., Sez. I, 6/07/2001, n. 9141; Cass., Sez. I, 26/07/2001, n. 10190; Cass., Sez. I, 12/03/2003, n. 3654; Cass., Sez. I, 13/05/2005, n. 10118; Cass., Sez. I, 25/08/2006, n. 18543; Cass., Sez. I, 31/03/2010, n. 7949; Cass., Sez. 3^, 25/08/2014, n. 18183) e ribadito da ultimo, pur se con diversa intensità di accenti, da Cass., Sez. 1^, 29/01/2016, n. 1754, Cass., Sez. 1^, 22/02/2016, n. 3405, Cass., Sez. 1^, 5/04/2016, n. 6560, Cass., Sez. 1^, 19/07/2016, n. 14777 e Cass., Sez. 6^-3, 21/02/2017, n 4381, tutte dell’avviso che l’art. 43, comma 2, l. ass., nel disciplinare la responsabilità della banca per il pagamento di un assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario, deroga sia alla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito di cui all’art. 1992 c.c., sia al disposto di cui all’art. 1189 c.c., che dispone la liberazione del debitore di buona fede in favore del creditore apparente, e la banca girataria per l’incasso non è perciò liberata dalla propria obbligazione finchè non paghi nuovamente al prenditore esattamente individuato l’importo dell’assegno, a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sull’identificazione di quest’ultimo.

6. Il secondo orientamento rintracciabile nella giurisprudenza della Corte, in ordine alla questione che ne occupa, trae origine da un precedente altrettanto lontano rinvenendosene la prima enunciazione, a quel che consta, ad opera di Cass., Sez. 1^, 9/07/1968, n. 2360, la quale – condividendo le preoccupazioni espresse dalla dottrina a commento dell’orientamento più restrittivo che, imponendo l’adozione alla banca negoziatrice di misure rigorose a tutela del rischio di dover pagare una seconda volta, avrebbe finito con il deprimere la funzione dell’assegno quale mezzo solutorio – ha ritenuto di spostare l’asse della riflessione dalla legittimazione cartolare a cui si riferisce l’art. 43 l. ass. alla indentificazione del prenditore, traendo da ciò la massima che il pagamento in favore di chi non sia legittimato sia privo di effetto liberatorio per chi lo esegue “soltanto se non ha usato la dovuta diligenza nell’identificazione del presentatore dell’assegno” in quanto la disposizione concerne la legittimazione cartolare del prenditore e quindi non comporta deroga ai principi generali in tema di identificazione del presentatore dei titoli a legittimazione nominale.

Ad esso la giurisprudenza della Corte si è stabilmente uniformata per oltre un trentennio, la massima in parola essendosi infatti, immutabilmente tramandata in tutte le decisioni successive (Cass., Sez. 1^, 05/07/1978, n. 3317; Cass., Sez. 1^, 4/10/1979, n. 5118; Cass., Sez. 1^, 25/01/1983, n. 686; Cass., Sez. 1^, 3/04/1992, n, 4087; Cass., Sez. 1^, 19/03/1996, n. 2320; Cass., Sez. 1^, 11/10/1997, n. 9888) sino al ripristino dell’orientamento primigenio ad opera di Cass. 1098/1999.

A riaffermarne, tuttavia, la ritrovata vitalità – che si poteva considerare scemata quale naturale evoluzione del quadro giurisprudenziale seguito al revirement del 1999 – sono ora intervenute alcune recenti pronunce sempre della Sezione 1^ ed in particolare Cass., Sez. 1^, 26/01/2016, n. 1377 che, nell’escludere la responsabilità della banca che paghi a persona diversa dal prenditore un assegno non trasferibile alterato nell’importo e nell’intestatario quando l’alterazione non sia “riscontrabile ictu oculi attraverso un esame diretto, visivo e tattile dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, che non deve essere un esperto grafologo ma in possesso di comuni cognizioni teorico-tecniche, ovvero anche tramite mezzi e strumenti di agevole utilizzo e reperibilità, senza che debba ricorrersi ad attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento”, pur ribadendo l’asserto che l’art. 43, l. ass. concerne nel contempo la responsabilità della banca trattaria e quella della banca negoziatrice, si è tuttavia sentita in obbligo di rammentare che “siffatta responsabilità delle due banche (trattarla e negoziatrice) non può certamente prescindere da una valutazione in concreto sull’uso della diligenza richiesta al bancario medio sulla base delle sue conoscenze, essendo applicabili all’attività bancaria le disposizioni di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, e art. 1992 c.c., comma 2”, in tal modo riprendendo la convinzione che la responsabilità della banca trattaria o girataria per l’incasso non è una responsabilità senza colpa e postula, pur se non si rende necessario l’adozione di forme particolarmente “sofisticate” di accertamento dell’identità del presentatore e della genuinità del titolo, l’impiego in capo a chi effettua il pagamento della diligenza richiesta dal bancario medio. A questa decisione sono seguite, sempre in relazione al caso dell’assegno bancario munito di clausola “non trasferibile” messo all’incasso da soggetto diverso dal legittimo prenditore, Cass., Sez. 1^, 4/08/2016, n. 16632 e Cass., Sez. 1^, 23/12/2016, n. 26947, tutte nei medesimi termini del precedente di riferimento.

7. Questo essendo dunque lo stato dell’arte sull’art. 43, comma 2, l. ass. – ove si dibatte segnatamente se, tenuto conto dello scenario interpretativo più generalmente delineato dalle SS.UU. 14712/2007, la responsabilità di colui che paga sia una responsabilità senza colpa che prescinde dai normali criteri di regolazione della responsabilità in materia di obbligazioni ed in particolare dagli artt. 1189 e 1992 c.c. – reputa il collegio che, in ragione del rilevato contrasto, nonchè dell’oggettiva rilevanza della questione, si renda opportuno l’intervento chiarificatore delle SS.UU. in guisa del che si rimettono agli atti al Primo Presidente perchè valuti se in tal senso esse debbano essere per l’appunto sollecitate.

PQM

rinvia la causa a nuovo ruolo disponendo che gli atti siano rimessi al Primo Presidente affinchè valuti l’eventualità di assegnarne la trattazione alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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