Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12379 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 11/05/2021), n.12379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17408-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

Nonchè da:

(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL MONTE

OPPIO 28, presso UFF.LEG.PROV.ITAL.DEI PP. CARMELITANI A.O.,

rappresentata e difesa dall’Avvocato ANDREA VENTIMIGLIA;

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 28, presso lo Studio dell’Avvocato GAETANO ALESSI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA LIBRANTI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1625/2014 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,

depositata il 13/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

La società (OMISSIS) spa, avente sede in provincia di Catania, ricorreva alla CTP di Catania contro il silenzio rifiuto dell’ufficio alla domanda di rimborso del 90% delle imposte irpeg ed ilor, formulata il 24.1.2005 ai sensi della normativa emanata in favore dei contribuenti della zona colpita da un sisma nel dicembre 1990. La L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, consentiva ai soggetti colpiti dalla calamità di definire in via agevolata la propria posizione versando il 10% di quanto dovuto per ciascun tributo.

La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo che la normativa si estendesse anche a coloro che avevano già versato le imposte nella misura piena, i quali avevano, pertanto, diritto al rimborso del 90%.

L’ufficio appellava la sentenza e la CTR della Sicilia rigettava l’appello.

Contro quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte l’ufficio sulla base di tre motivi.

Si è costituita la società con controricorso e ricorso incidentale, al q baie l’ufficio ha replicato con controricorso.

In vista dell’udienza del 20.10.2020, la società ha comunicato l’intervenuto fallimento, e si è costituita in giudizio la curatela con deposito del programma di liquidazione nell’ambito della procedura fallimentare davanti al Tribunale di Catania e di memoria relativa al presente giudizio, del 6.10.2020.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo di ricorso principale l’ufficio deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 e dell’art. 14 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per errata interpretazione della normativa.

La misura non era applicabile ai contribuenti che avevano già assolto i propri debiti tributari, e la norma deve avere un’interpretazione restrittiva essendo di natura derogatoria all’ordinario.

Con il secondo motivo deduce violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la sentenza dichiarato la tempestività della richiesta di rimborso.

Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza per violazione di norme procedimentali, con riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 all’art. 295 c.p.c., agli artt. 107 e 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) ed agli artt. 11 e 12 del regolamento CE n. 659/1999 del 22.3.1999 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 per non avere ritenuto la pregiudizialità necessaria dell’indagine avviata dalla Commissione Europea e per non aver dichiarato, di conseguenza, la sospensione del giudizio.

I primi due motivi sono infondati, mentre è fondato il terzo.

I principi sviluppati dalla giurisprudenza di questa Corte sul tema oggetto della presente causa, a seguito di un annoso contenzioso, si possono sinteticamente riassumere nei seguenti termini:

-l’agevolazione in questione, che prevede il pagamento del solo 10% del dovuto è applicabile, attraverso il rimborso del 90%, anche a chi ha già versato le imposte, e non è una misura in favore solo di chi deve ancora versarle (sez. V, ord n. 5167 del 2020, secondo cui In tema di agevolazioni tributarie, la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, (legge di stabilità 2015) costituisce norma di interpretazione autentica, sicchè i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per l’importo superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248 del 2007).

– la domanda di rimborso va formulata entro 2 anni dall’entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 (la medesima sez. V, ord n. 5167 del 2020 precisa che il termine è decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248 del 2007).

– la misura costituisce, tuttavia, un aiuto di Stato per chi esercita attività di impresa, e quindi non ammessa, ma occorre valutare caso per caso se, nonostante ciò, la stessa rientri comunque in quelle situazioni in cui l’aiuto è comunque consentito (dottrina del “de minimis”). Infatti:

La L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, – riguardante la definizione automatica della posizione fiscale relativa agli anni 1990, 1991, e 1992 a favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, attraverso le due simmetriche possibilità del pagamento del dieci per cento del dovuto, per chi non ha ancora pagato, e del rimborso del novanta per centro di quanto versato, per chi ha già pagato – non operante in materia di Iva, non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività di impresa, in ragione del combinato disposto della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, e della decisione n. C (2015) 5549 “final” del 14 agosto 2015 della Commissione UE, che ha ritenuto tale previsione emessa in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e, dunque, incompatibile con il mercato interno, perchè configurante un illegittimo aiuto di stato. Peraltro, spetta al giudice di merito valutare se nella singola fattispecie ricorra l’ipotesi di un aiuto individuale che, al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dai regolamenti UE che prevedono gli aiuti cd. “de minimis” o quelle previste dal regolamento CE n. 994 del 1998 del Consiglio, sull’applicazione degli artt. 92 e 93 del trattato che istituisce ‘la Comunità Europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali ovvero da ogni altro regime di aiuti approvato, fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per tale tipo di aiuti. (sez. V, ord. n. 30927 del 2019).

Di conseguenza:

Il titolare di reddito d’impresa operante nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa colpite dal sisma del 1990 non ha diritto al rimborso, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10%, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicabilità della cosiddetta regola del de minimis accertata dal giudice di merito (sez. V, ord. n. 18146 del 2019) o le condizioni che permettono tale regime di aiuto.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata sotto quest’ultimo profilo, con rinvio della causa al giudice di merito. Infatti, nonostante il contribuente nella memoria depositata in vista dell’udienza odierna tenda a voler dimostrare che l’aiuto in questione rientrava nei limiti del “de minimis”, si tratta pur sempre di un accertamento di fatto che occorre demandare al giudice di merito.

Il contribuente, peraltro, ha proposto con ricorso incidentale alcune eccezioni che devono essere esaminate.

Con il primo motivo di ricorso incidentale la società deduce erroneità della sentenza impugnata perchè ha ritenuto assorbita l’eccezione di tardività dell’appello dell’ufficio.

Esso è infondato nel merito.

Dal controricorso dell’ufficio sul punto emerge che la sentenza della CTP era stata notificata il 30.6.2011.

Con la sospensione feriale, il termine di sessanta giorni per l’appello scadeva il 15.10.2011, come del resto afferma lo stesso controricorrente che, motivando l’eccezione, afferma, che il plico è, stato spedito il 17.10.2011, e quindi “due giorni dopo la scadenza del termine perentorio per la proposizione del gravame”.

Ora, al di là della replica dell’ufficio secondo cui l’appello era stato consegnato all’ufficio postale per la spedizione (data rilevante per valutare la tempestività) il 12.10.2011, resta il fatto che, da un semplice controllo al calendario dell’anno in questione, il 15 ottobre 2011 era un sabato, per cui il termine era prorogato al lunedì successivo, e quindi a lunedì 17 ottobre, in virtù della L. 28 dicembre 2005, n. 263, che, con effetto dal 1 marzo 2006, ha inserito nell’art. 155 c.p.c. il comma 5, secondo cui la proroga prevista dal comma 4 – per cui se il giorno di scadenza è festivo, la scadenza stessa è prorogata al primo giorno successivo non festivo – si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato.

L’appello proposto il 17 ottobre è, quindi, da considerarsi tempestivo, perchè il termine, scadendo di sabato, era prorogato appunto al lunedì seguente.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale la società deduce erroneità della sentenza impugnata perchè ha ritenuto assorbita l’eccezione di improcedibilità ed inammissibilità dell’appello dell’ufficio per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 56 e 57.

Il motivo è infondato.

Sullo stesso, che tende a far valere il fatto che la prospettazione della misura in questione come aiuto di Stato sarebbe stato un motivo nuovo introdotto dall’ufficio in corso di causa, non può non rilevarsi, in primo luogo, un problema di autosufficienza, perchè il modo in cui è dedotto è veramente minimale, con un mero riferimento al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 56 e 57 senza neppure l’indicazione, in quella sede specifica, di quale sia l’oggetto. In ogni caso, si può evincere che la violazione addotta è quella di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 perchè la CTR non ha preso in considerazione l’eccezione di motivo nuovo, ma la ha ritenuta assorbita.

Peraltro, che il motivo nuovo sia quello relativo agli aiuti di Stato si comprende dal fatto che esso è proposto anche come eccezione al motivo di ricorso, per cui si può concludere che, in qualche modo, l’oggetto del motivo è ricostruibile.

In ogni caso, indipendentemente dalla lettura degli atti del merito per valutare la novità della questione, lo stesso è infondato perchè le violazioni del diritto comunitario, quale si configura quella della CTR che aveva rigettato l’appello dell’Agenzia sono rilevabili d’ufficio. Nella specie si tratta, in effetti, di prendere atto del fatto che la normativa nazionale è stata riconosciuta dalla Commissione Europea come aiuto di Stato e quindi in violazione del diritto comunitario, e ciò è avvenuto a causa pendente.

Tuttavia, in quanto violazione del diritto comunitario, l’errore contenuto nella sentenza di merito che non ha applicato il diritto dell’Unione è, come detto, rilevabile d’ufficio.

La Corte di Giustizia ha, infatti, affermato il principio secondo cui il diritto comunitario osta all’applicazione di una norma processuale nazionale che vieti al giudice nazionale di valutare d’ufficio la legittimità di un provvedimento amministrativo, ovvero la compatibilità di una norma nazionale, con una norma comunitaria, nel caso in cui quest’ultima non sia stata invocata entro un breve termine di decadenza (caso Peterbroeck, 14.12.1995, causa C-312/93, e caso van Schijndel, 14.12.1995, cause riun. C-430 e C-431/93).

Anche la giurisprudenza di questa Corte ritiene che il giudice nazionale, in ossequio ai principi del primato e dell’effettività del diritto comunitario, deve verificare la compatibilità del diritto interno con le norme comunitarie, dando a queste ultime applicazione anche d’ufficio; con la conseguenza che nel giudizio di legittimità, il predetto controllo di compatibilità non è condizionato dalla deduzione di uno specifico motivo e le relative questioni possono essere conosciute anche d’ufficio, purchè l’applicazione del diritto interno sia ancora controversa, costituendo oggetto del dibattito introdotto con i motivi di ricorso. Si vedano, al riguardo, sez. V, n. 7909 del 2000; sez. V, n. 17564 del 2002; sez. V, n. 4702 del 2003; sez. V, n. 9242 del 2004.

Del resto, sotto ulteriore profilo, la decisione della Commissione che ha dichiarato tale misura aiuto di Stato non applicabile alle imprese è intervenuta in pendenza di causa e costituisce, quindi, ius supervegiens.

In tal senso, questa Corte ha affermato (sez. IV, n. 13458 del 2016), sempre in riferimento alla decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015, ed in relazione ad una misura analoga a quella del caso di specie, ma relativa ad altra calamità naturale avvenuta nel nostro Paese, che La sopravvenuta decisione della Commissione Europea è immediatamente applicabile trattandosi, ai sensi dell’art. 288 del T.F.U.E, di atto normativo vincolante e, dunque, di “ius superveniens”, sicchè il giudice di legittimità è tenuto a dare immediata attuazione, anche d’ufficio, alla nuova regolamentazione della materia oggetto della decisione comunitaria, decidendo nel merito ovvero, se sia necessario un accertamento dei presupposti di fatto, cassando la sentenza impugnata e rimettendo al giudice di rinvio il relativo compito.

Con il terzo motivo di ricorso incidentale la società deduce erroneità della sentenza impugnata per avere violato, in materia di spese processuali, il principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., sia quello di cui all’art. 96 c.p.c. per responsabilità aggravata dell’appellante.

La CTR ha compensato le spese, mentre le stesse dovevano essere poste a carico dell’ufficio soccombente, che doveva anche essere condannato a risarcire il danno da lite temeraria.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del ricorso principale ed il conseguente annullamento della sentenza impugnata, anche nella parte in cuì ha statuito sulle spese.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla CTR della Sicilia anche per la decisione sulle

spese del presente giudizio, con rigetto del ricorso incidentale.

PQM

Accoglie il terzo motivo del ricorso principale.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR della Sicilia anche per la decisione sulle spese del presente giudizio.

Rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale.

Rigetta il primo e secondo motivo di ricorso incidentale, con assorbimento del terzo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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