Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12378 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 17/05/2017, (ud. 20/12/2016, dep.17/05/2017),  n. 12378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20115-2012 proposto da:

GESTERVIT S.R.L. (c.f./p.i. (OMISSIS)), ex GESTERVIT S.P.A., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 91, presso l’avvocato LEONARDO

BRASCA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONELLA GIANNINI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del Curatore

Rag. P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ADIGE

43, presso l’avvocato LUCIANO DI PASQUALE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CLAUDIO GAGLIANONE, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1687/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 22/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato L. BRASCA, con delega verbale,

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato C. GAGLIANONE che si

riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Firenze, sezione di Empoli, nei confronti di Gestervit S.r.l., decreto ingiuntivo di pagamento dell’importo di Lire 28.450.000, oltre accessori e spese, a titolo di saldo corrispettivo per la fornitura e posa in opera di tendaggi, tessuti e arredi vari.

2. – Contro il decreto ingiuntivo Gestervit S.r.l. ha proposto opposizione, adducendo di aver corrisposto anche detta somma, parte del complessivo corrispettivo di circa 377 milioni di lire, in contanti a mani di tali V.M., presentatosi quale dominus della società creditrice e come tale chiamato in causa dall’opponente.

3. – Nel contraddittorio con il Fallimento e con il V., che hanno resistito all’opposizione, il Tribunale di Firenze, sezione di Empoli, l’ha accolta, revocando il decreto ingiuntivo e regolando le spese di lite. Secondo il Tribunale Gestervit S.r.l. aveva comprovato il pagamento a mani del V., persona incaricata a riscuotere per conto di (OMISSIS) S.r.l..

4. – Interposto dal Fallimento appello nei confronti della sola Gestervit S.r.l., rimasta contumace, esso è stato accolto dalla Corte d’appello di Firenze, che, con sentenza del 22 dicembre 2011, ha respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo e provveduto sulle spese.

La Corte d’appello ha in buona sostanza ritenuto non provato il pagamento allegato dalla società opponente.

5. – Contro la sentenza Gestervit S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione per tre motivi.

Il Fallimento (OMISSIS) S.r.l. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene tre motivi con cui si denuncia:

i) “art. 360, comma 1, n. 4: nullità del procedimento di secondo grado della relativa sentenza, per violazione del litisconsorzio cosiddetto processuale”;

ii) “art. 360, comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 214 c.c., art. 215 c.c., n. 2 e art. 2702 c.c.”;

iii) “art. 360 c.p.c., n. 5 per l’erronea, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

2. – Il ricorso va respinto.

2.1. – E’ infondato il primo motivo con cui la ricorrente lamenta che il V., che aveva partecipato al giudizio di primo grado quale chiamato in causa dall’opponente, non fosse stato citato per il giudizio d’appello, in cui la stessa Gestervit S.r.l. era rimasta contumace.

Come si è accennato, Gestervit S.r.l. ha sostenuto nell’opposizione a decreto ingiuntivo di aver contratto nei confronti di (OMISSIS) S.r.l. un debito di circa 377 milioni di lire, pagato per intero: in particolare parte dell’importo, per Lire 28.450.000, sarebbe stato corrisposto a tale V.M., presentatosi come dominus della società, e che aveva quietanzato i due versamenti effettuati per il complessivo menzionato importo. Su tale premessa Gestervit S.r.l. ha chiesto dichiararsi “che detto pagamento si debba ritenere liberatorio”, ovvero, in subordine, condannarsi il V. alla restituzione. Ciò rende manifesto che il titolo dedotto in giudizio dal Fallimento (OMISSIS) S.r.l. nei confronti di Gestervit S.r.l. (fornituta) è radicalmente diverso del titolo dedotto da Gestervit S.r.l. nei confronti del V., creditore apparente (pagamento in buona fede ex art. 1189 c.c. o in subordine ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c.).

Ciò detto, l’ipotesi di impugnazione proposta contro una sentenza pronunciata nei confronti di una pluralità di parti è regolata dagli artt. 331 e 332 c.p.c., i quali concorrono, unitamente agli artt. 333, 334 e 335 c.p.c., a garantire l’unitarietà giudizio di impugnazione, per lo scopo finale di “evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti nel giudizio” (Cass. 22 gennaio 1998, n. 567).

L’art. 331 c.p.c., in particolare, pone una disciplina concernente l’impugnazione contro sentenza pronunciata nei confronti di più parti, nella duplice ipotesi di causa inscindibile o di cause tra loro dipendenti:

-) inscindibile la causa può essere sia per ragioni sostanziali (ossia in caso di sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario secondo l’art. 102 c.p.c.: ed evidentemente non è quello in esame il caso), sia per ragioni processuali, nell’ipotesi del c.d. del “litisconsorzio necessario processuale”;

-) cause tra loro dipendenti, le quali richiedono una decisione unica anche in fase di impugnazione, si hanno in presenza di un nesso di dipendenza di una decisione dall’altra.

La nozione di inscindibilità per ragioni processuali non si presta ad una univoca definizione, occorrendo di volta in volta verificare la scindibilità o inscindibilità del cumulo in ragione dell’articolazione strutturale dei rapporti giuridici dedotti in giudizio. In generale, facendo riferimento alle fattispecie più ricorrenti, nell’ipotesi in cui un convenuto chiami in causa un terzo per ottenere la declaratoria della sua esclusiva responsabilità e la propria liberazione dalla pretesa dell’attore, la causa è considerata unica ed inscindibile (p. es. di recente Cass. n. 8486/2016). Viceversa, nel caso in cui il convenuto chiami in giudizio un terzo, esperendo nei suoi confronti una domanda di garanzia impropria, deve escludersi in appello l’inscindibilità delle cause ai fini dell’integrazione del contraddittorio nelle fasi di impugnazione, allorchè il chiamato non abbia contestato la fondatezza della domanda proposta nei confronti del proprio chiamante e l’attore non abbia proposto domande nei confronti del chiamato (Cass. 24 ottobre 2013, n. 24132).

Il fenomeno della dipendenza può a sua volta presentarsi per ragioni processuali o sostanziali. L’una si ha per il modo in cui la causa cumulata è stata introdotta nel processo, come nel caso di cumulo condizionale; l’altra intercorre tra i diritti oggetto delle diverse cause. Nella giurisprudenza di questa Corte il fenomeno della dipendenza è ravvisato ogni qual volta le cause, essendo riunite e trattate in unico processo, devono essere decise contestualmente anche in sede di impugnazione, perchè la decisione dell’una costituisce il presupposto logico-giuridico della decisione dell’altra (Cass., Sez. U., 29 maggio 2003, n. 8699; Cass. 1° aprile 1999, n. 3114), come accade in ipotesi di pregiudizialità (Cass. 3 aprile 2003, n. 5138; Cass. 7 novembre 2002, n. 15624) ovvero di alternatività (Cass. 6 novembre 2001, n. 13695; Cass. 17 aprile 2000, n. 4921) o di dipendenza reciproca (Cass. 6 aprile 2001, n. 5165) o, ovviamente, di garanzia propria (Cass. 27 aprile 2009, n. 9910).

Orbene, ritiene il collegio che, nel caso in esame, la totale estraneità dell’una pretesa (quella spiegata dal Fallimento attore nei confronti di Gestervit S.r.l.) rispetto all’altra (quella proposta da quest’ultima società nei confronti del V.) induca a ritenere insussistente il litisconsorzio processuale sotto entrambi i profili, non ricorrendo d’altronde alcun concreto pericolo di contrasto di giudicati.

2.2. – Vanno disattesi anche il secondo e terzo motivo, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, essendo essi diretti a sostenere che il giudice del merito avrebbe omesso di valorizzare il mancato disconoscimento delle scritture di quietanza a sua firma da parte di V., il quale solo in comparsa conclusionale ne aveva negato la riferibilità alla fattura per la prestazione non pagata, ed avrebbe assegnato rilevanza ad altre circostanze.

Vale in proposito anzitutto osservare che la Corte territoriale ha al riguardo adottato una duplice ratio decidendi, osservando per un verso che non risultava allegato agli atti il fascicolo di parte di primo grado, con la conseguenza che non era possibile prendere visione dei documenti prodotti in giudizio da Gestervit S.r.l., e, per altro verso, che, secondo quanto esposto dal V., detti documenti non contenevano alcun riferimento alla fattura numero (OMISSIS) del (OMISSIS), tanto più che in due lettere del 20 settembre 1993 (proveniente da (OMISSIS) S.r.l.) e dell’8 ottobre 1993 (proveniente da Gestervit S.r.l.), quest’ultima contenente la conferma dell’importo del credito residuo di Lire 203.646.780, con autorizzazione al pagamento mediante emissione di tratte, non vi era alcun riferimento all’acconto in tesi pagato per contanti al V..

Orbene, al di là del rilievo che la ricorrente non ha censurato la prima delle due menzionate rationes decidendi, il che rende di per sè la doglianza inammissibile, è agevole osservare che il mancato disconoscimento da parte del V. attiene alla sottoscrizione, non certo alla riferibilità della quietanza alla fattura controversa, evidentemente non coperta dal riconoscimento della sottoscrizione (Cass. 1 luglio 1996, n. 5958; Cass. 12 maggio 2008, n. 11674; Cass. 30 giugno 2015, n. 13321), rimanendo per il resto soltanto da aggiungere che l’apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie, sorretto da motivazione congrua, si sottrae al sindacato di questa Corte.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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