Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12377 del 20/05/2010

Cassazione civile sez. I, 20/05/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 20/05/2010), n.12377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23504/2007 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

QUINTILIO VARO 133, presso lo studio dell’avvocato GIULIANI Angelo,

che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto V.G. 53005/05 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

13.2.06, depositato il 20/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: ” P.G. ha proposto ricorso per cassazione il 13 settembre 2007 sulla base di due motivi avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Roma in data 20 giugno 2006 con cui veniva respinta la domanda di condanna della Presidenza del Consiglio dei ministri al pagamento di un indennizzo a titolo di danno non patrimoniale per l’eccessivo protrarsi di un giudizio svoltosi dinanzi al TAR Lazio.

La Presidenza non ha resistito con controricorso.

Osserva:

Computando la durata del processo presupposto dal settembre 2000, data di presentazione dell’istanza di prelievo, la Corte di merito ha accertato che il giudizio era stato definito con sentenza del novembre 2003 e che la durata complessiva – tre anni e due mesi – era da considerarsi non eccessiva, posto che il processo era di media difficoltà, avendo ad oggetto il riconoscimento del diritto alla liquidazione dell’indennità di buonuscita comprensiva dell’intera indennità integrativa speciale.

Il primo motivo – con cui si denuncia che la Corte di merito non abbia tenuto conto del fatto che la vertenza oggetto del processo presupposto abbisognava di una trattazione più sollecita e celere, trattandosi di causa di lavoro – è manifestamente infondato. Esso sollecita una generica rivalutazione del periodo di ragionevole durata del processo presupposto, che la Corte di merito – con congrua valutazione, tenendo conto proprio della natura delle questioni discusse dinanzi al TAR – ha, in conformità ai criteri medi desumibili dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, quantificato in circa tre anni. Occorre del resto sottolineare che il ricorrente non censura il fatto che la Corte di merito abbia computato la durata del processo dinanzi al TAR soltanto dal momento della istanza di prelievo, anzichè dal deposito del ricorso introduttivo.

Il secondo motivo non coglie nel segno. Vero è che anche un ritardo inferiore all’anno è suscettibile di produrre un apprezzabile pregiudizio, ma la Corte di merito non ha affermato un principio contrario: più semplicemente, ha osservato che il tempo ragionevole della causa era di circa tre anni, per cui, essendo il giudizio presupposto durato tre anni e due mesi, nel caso concreto non vi era stata violazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU. In conclusione, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c.”.

2. – Il Collegio condivide il contenuto della relazione e gli argomenti che la sorreggono e che conducono al rigetto del ricorso.

Nulla va disposto in ordine alle spese processuali della fase di legittimità, stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2010

 

 

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