Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12377 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. I, 07/06/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 07/06/2011), n.12377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8272/2010 proposto da:

B.L. ((OMISSIS)), P.M.

((OMISSIS)), L.D.D. ((OMISSIS)),

R.A. ((OMISSIS)), P.I.

((OMISSIS)), M.S. ((OMISSIS))

elettivamente domiciliate in ROMA VIA QUINTILIO VARO 133, presso lo

studio dell’avvocato GIULIANI ANGELO, che le rappresenta e difende,

giuste deleghe in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto nei procedimenti riuniti n. ri 57801 – 57802 –

57803 – 57804 – 57805 – 57806 – 57807 del 2006 della CORTE D’APPELLO

di ROMA del 24.11.08, depositato il 03/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo del ricorso

e per il rigetto del 2^.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La Corte d’appello di Roma, con decreto del 3.2.2009, ha accolto la domanda di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 proposta da P.M., M.S., B.L., L. D.D., P.F. (erroneamente indicata in ricorso come Ilaria) e R.A. in riferimento al giudizio promosso innanzi al T.a.r. del Lazio con ricorso del settembre 1998, liquidando a ciascuna parte ricorrente, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale, la somma di Euro 2.500,00, oltre interessi legali dalla data del decreto, condannando la Presidenza del Consiglio dei ministri alle spese del giudizio.

Per la cassazione di questo decreto le parti attrici hanno proposto ricorso affidato a due motivi.

Non ha svolto difese la Presidenza del Consiglio dei ministri.

1.1.- La presente sentenza è redatta con “motivazione semplificata” ai sensi del provvedimento del Primo Presidente in data 22 marzo 2011.

2. – Con il primo motivo le parti ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 2; art. 1173 c.c.), in relazione al capo della sentenza che ha fissato la decorrenza degli interessi legali dalla data del decreto anzichè da quella della domanda e si conclude con quesito di diritto concernente tale profilo. Con il secondo motivo denunciano violazione e falsa applicazione di legge (artt. 90 e 91 c.p.c., D.M. n. 127 del 2004) e delle tariffe professionali, nella parte in cui il decreto ha liquidato le spese del giudizio in violazione dei minimi di tariffa (il ricorso riporta le singole voci asseritamente spettanti in riferimento all’attività svolta ed allo scaglione applicabile) e senza tenere conto che l’onorario unico per più parti poteva essere liquidato soltanto per le attività svolte dopo la riunione di più ricorsi.

3.- Il primo motivo è manifestamente fondato in virtù del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale, dal carattere indennitario dell’obbligazione in oggetto discende che gli interessi legali decorrono dalla data della domanda di equa riparazione, in base alla regola che gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e illiquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria (Cass. n. 8712 del 2006; n. 7389 del 2005; n. 1405 del 2004; n. 2382 del 2003; v. anche Cass. n. 2248 del 2007).

L’accoglimento del motivo comporta la cassazione del decreto limitatamente alla parte relativa alla decorrenza degli interessi legali – assorbito il secondo motivo, occorrendo comunque procedere alla riliquidazione delle spese del giudizio e la causa può essere decisa nel merito, sussistendone i presupposti, mediante attribuzione degli accessori a far data dalla domanda.

Quanto alla liquidazione delle spese del giudizio di merito, peraltro, non può essere seguito il criterio propugnato dalla difesa dei ricorrenti secondo il quale, essendo stati proposti distinti ricorsi ex lege n. 89 del 2001, riuniti dalla Corte d’appello solo in esito alla discussione in camera di consiglio, spetterebbero gli onorari e i diritti distintamente per ogni procedimento fino al momento della riunione.

Invero, trattandosi di domande proposte dalle parti di un medesimo giudizio presupposto svoltosi avanti al TAR del Lazio, avendo formulato un’identica domanda, è applicabile il principio affermato dalla S.C. secondo il quale “in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condotta di più soggetti, che dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto, in tal modo dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni, propongano contemporaneamente distinti ricorsi per equa riparazione, con identico patrocinio legale, dando luogo a cause inevitabilmente destinate alla riunione, in quanto connesse per l’oggetto ed il titolo, si configura come abuso del processo, contrastando con l’inderogabile dovere di solidarietà, che impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante dall’aumento degli oneri processuali, e con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto riguardo all’allungamento dei tempi processuali derivante dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso non è sanzionabile con l’inammissibilità dei ricorsi, non essendo illegittimo lo strumento adottato ma le modalità della sua utilizzazione, ma impone per quanto possibile l’eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano, e quindi la valutazione dell’onere delle spese come se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine” (Sez. 1^, n. 10634/2010).

Assorbito il secondo motivo relativo alla liquidazione delle spese del giudizio di merito, la Corte deve cassare il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condannare l’Amministrazione a corrispondere gli interessi legali sulla somma liquidata alle parti ricorrenti dalla data della domanda giudiziale.

L’esito complessivo della lite induce il Collegio a dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità in ragione di metà.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere alle parti ricorrenti gli interessi legali sulla somma liquidata per indennizzo dalla domanda e le spese del giudizio: che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 1.085,00 per diritti e Euro 1.100,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario; che compensa in misura di 1/2 per il giudizio di legittimità, gravando l’Amministrazione del residuo 1/2 e che determina per l’intero in Euro 525,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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