Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12376 del 20/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 20/05/2010), n.12376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9367-2009 proposto da:

M.G., D.B.F., M.F.,

C.F., M.S., R.P., T.

C., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 67,

presso lo studio dell’avvocato DE LORENZO FABRIZIO, che li

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PFIZER ITALIA SRL in persona del Direttore preposto al Settore delle

Risorse Umane della società, elettivamente domiciliata in ROMA,

LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati MARESCA

ARTURO e BOCCIA FRANCO RAIMONDO, che la rappresenta e difende, giusta

mandato a margine della memoria difensiva;

– resistente –

avverso il provvedimento R.G. 19007/08 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 10/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Fabrizio De Lorenzo che si riporta

agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis c.p.c..

Alcuni lavoratori, di cui una parte attuali ricorrenti ( M. G. ed altri sei), agivano in giudizio nei confronti della Pfizer Italia s.r.l. e della Siram s.p.a. per contestare l’attuato loro passaggio dalle dipendenze della prima società a quelle della seconda, sostenendo che esso non era sorretto da una effettiva ipotesi di cessione di ramo d’azienda. In esecuzione della sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, emessa il 1.3.2007 (peraltro poi appellata), con cui le loro domande erano state accolte, essi erano reintegrati dalla Soc. Pfizer che successivamente avviava una procedura di mobilità nell’ambito della quale poneva in mobilità gli attuali ricorrenti. Gli stessi impugnavano i provvedimenti aziendali estintivi dei rapporti di lavoro e l’adito Tribunale di Roma, rilevato che la sentenza del 1.3.2007 era stata appellata, sospendeva il giudizio fino al passaggio in giudicato di detta sentenza.

Il Tribunale, premesso che, costituendo oggetto del giudizio la verifica della legittimità del licenziamento collettivo, era pregiudiziale l’accertamento del reale datore di lavoro, faceva in linea primaria riferimento all’art. 295 c.p.c., ritenendo la sussistenza di un nesso di pregiudizialità in senso tecnico- giuridico tra i due giudizi. Osservava però anche che, anche facendo riferimento alla recente giurisprudenza secondo cui, quando tra le due cause esiste un rapporto di pregiudizialità e quella pregiudicante sia stata definita con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio solo ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, doveva rilevarsi l’opportunità di sospendere il giudizio in considerazioni dei motivi dell’appello della sentenza in questione.

I lavoratori impugnano ex art. 42 c.p.c. il provvedimento di sospensione del giudizio. La Soc. Pfizer Italia si è costituita e resiste con memoria difensiva.

Con il ricorso si deduce l’insussistenza del nesso di pregiudizialità tra il giudizio pendente in grado di appello e quello sospeso con l’ordinanza impugnata e il conclusivo quesito di diritto indica esaurientemente la questione rilevante anche nei suoi specifici termini fattuali.

Il ricorso è fondato.

E’ opportuno preliminarmente ricordare che la più recente giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto impugnabile con il procedimento mutuato dal regolamento di competenza anche la sospensione deliberata con riferimento all’art. 337 c.p.c., comma 2 (Cass. 671/2005,15794/2005, 21924/2008).

Nella specie, a ben vedere, appare difettare quel nesso di pregiudizialità che è alla base sia della sospensione ex art. 295 c.p.c. che di quella facoltativa ex art. 337 c.p.c., comma 2, perchè anteriormente alla vicenda che ha dato luogo al giudizio vi era già stata, a seguito della sentenza provvisoriamente esecutiva, la riattivazione dei rapporti di lavoro tra gli attuali ricorrenti e la Pfizer, per la ottemperanza alla stessa prestata dalla società. Ne consegue che la relazione tra le vicende del giudizio, e in particolare della relativa sentenza di primo grado, alla base di tale riattivazione dei rapporti di lavoro, e le vicende inerenti ai rapporti di lavoro, deve ritenersi regolata dall’art. 336 c.p.c., comma 2, secondo cui la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata. Nella specie l’atto dipendente è la reintegrazione in servizio dei lavoratori, che, quale atto di ottemperanza ad una sentenza provvisoriamente esecutiva, è destinata a caducarsi per effetto dell’eventuale riforma della sentenza, con conseguente venire meno di tutti gli atti consequenziali (anche giurisdizionali) inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, salvi i limitati effetti conservativi dell’attuazione di fatto del rapporto di lavoro (circa l’operatività dell’art. 336 c.p.c., comma 2, con riferimento agli atti o provvedimenti di attuazione di sentenze di reintegrazione nel rapporto o comunque di accertamento di rapporti di lavoro subordinato, cfr. Cass. 8745/2000, 17330/2005, 7543/2006, 23483/2007).

Non solo quindi la questione relativa alla effettiva sussistenza di un valido rapporto di lavoro con la Pfizer è esterna al presente giudizio, ma anche, come sostanzialmente rilevato nello stesso ricorso, non ha ragione di operare nel presente giudizio, nei sensi di cui all’art. 337 c.p.c., comma 2, l’autorità della precedente sentenza, a cui lo stesso datore di lavoro ha già dato un’ottemperanza di cui i licenziamenti rappresentano formalmente un’ulteriore espressione.

Che questa sia una soluzione non solo conforme al sistema processuale ma anche ragionevole e congrua è confermato dal rilievo che altrimenti sarebbe gravemente inficiata la possibilità di soluzione in giudizio di tutte le possibili questioni insorte a seguito della ricostituzione provvisoria del rapporto di lavoro.

Il ricorso deve quindi essere accolto, con cassazione dell’ordinanza impugnata e rimessione delle parti davanti al giudice a quo. Le spese di questo regolamento vengono regolate in base al criterio legale della soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rimette le parti davanti al giudice a quo; condanna la società resistente a rimborsare ai ricorrenti le spese del giudizio, in Euro 30,00 oltre Euro tremila, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2010

 

 

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