Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12375 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 11/05/2021), n.12375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8386/2018 R.G. proposto da

C.F.E. di C.F. (P.I.: (OMISSIS)), ditta individuale con

sede in (OMISSIS), in persona del titolare, C.F.,

rappresentata e difesa dall’Avv. (Prof.) Alberto Marcheselli e

dall’Avv. Raimondo Fulcheri, con domicilio eletto presso l’Avv.

Marina Milli (con studio in Roma, via Marianna Dionigi n. 29);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– costituita in giudizio ma non controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per il

Piemonte n. 261/02/2017, pronunciata il 25 gennaio 2017 e depositata

il 20 febbraio 2017;

udita la relazione svolta nell’udienza pubblica del 12 novembre 2020

dal Consigliere Fabio Antezza;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Basile

Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avv. Marina Milli (per l’Avv. Raimondo

Fulcheri), che ha insistito nel ricorso;

udito, per l’A.E. l’Avv. Carlo Maria Pisani (dell’Avvocatura Generale

dello Stato), che ha concluso in termini di rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.F., in qualità di titolare della ditta individuale C.F.E. (di C.F.), ricorre, con sei motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto (parziale) dell’appello dallo stesso proposto, in riassunzione, avverso le sentenze nn. 01/03/2007, 02/03/2007 e 03/03/2007 con le quali la CTP di Biella accolse l’impugnazione di tre avvisi di accertamento, per gli anni 2000, 2001 e 2002 IRAP, IRPEF e IVA.

Trattasi in particolare di riassunzione a seguito di cassazione con rinvio (disposta da Cass. sez. 23690 del 2013) della sentenza n. 17/32/2010 con la quale la CTR per il Piemonte rigettò gli appelli del contribuente (previa loro riunione).

2. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, dopo aver fatto applicazione del principio di diritto di cui alla citata sentenza di cassazione, trattò le altre questioni prospettate dal ricorrente e rimaste assorbite. Essa accolse solo parzialmente gli appelli del contribuente (in punto di sanzioni); dichiarando cessata la materia del contendere solo “in punto di determinazione della quota consortile”, in ragione dei provvedimenti emessi in autotutela dall’A.E. ed agli atti del processo, e rigettò per il resto i motivi d’impugnazione proposti avverso i provvedimenti impositivi.

3. Contro la sentenza d’appello il contribuente ricorre con sei motivi, sostenuti da memoria, e l’Agenzia delle entrate (“A.E”), correttamente intimata, si costituisce (tardiva mente) senza controricorrere.

All’odierna udienza le parti concludono come riportato in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Con il motivo n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 per aver la CTR ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento notificati al contribuente nonostante motivati per relationem a PVC emesso a carico del consorzio Manital (Consorzio per i Servizi Integrati), al quale lo stesso era consorziato, ed operanti il semplice richiamo al detto PVC.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la reale ratio decidendi, così finendo per non sindacarla,’ leggendo il penultimo capoverso della prima pagina della parte motiva della sentenza disgiuntamente da quello che lo precede (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. Sez. U, 15/09/2020, n. 19169, Rv. 658633-01, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 15/10/2019, n. 26052, in motivazione; Cass. sez. 3, 15/10/2019, n. 25933, in motivazione, entrambe nel senso della considerazione della relativa censura alla stregua di un “non motivo”, inammissibile ex art. 366, n. 4, c.p.c.; Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

La statuizione impugnata, difatti, sulla questione in esame e come emerge dalla lettura dei due detti capoversi, non fonda sulla ritenuta legittimità dei provvedimenti impositivi in forza del mero richiamo al PVC a carico del consorzio bensì sulla ritenuta legittimità degli avvisi in quanto facenti proprie le ragione del detto PVC portato dall’Amministrazione a conoscenza del contribuente (circostanza, quest’ultima, emergente dalla sentenza impugnata – seconda pagina della ricostruzione dei fatti processuali e dello svolgimento del processo e prima pagina dei motivi in diritto).

3. I motivi nn. 2, 2.1, 3 e 3.1 sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.

3.1. Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nella formulazione, ratione temporis, applicabile successiva alla sua sostituzione da opera del D.L. n. 83 del 2012), si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, che il ricorrente individua nell’inconfigurabilità dell’omessa autofatturazione che, invece, la CTR avrebbe ritenuto come dovuta.

Con il motivo n. 2.1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in via subordinata rispetto al prospettato accoglimento del motivo n. 2, si deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 21 avendo la CTR, a detta del ricorrente, fondato la decisione sull’omessa autofatturazione invece ritenuta dal contribuente non dovuta, non avendo egli, nella specie, alcun dato a sua disposizione.

Con il motivo n. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile ratione temporis), si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti. La CTR, in sostanza, non avrebbe considerato la “chiara prova del fatto che i rapporti tra il consorzio Manital ed il consorziato C. riguardassero unicamente l’attività commerciale del Consorzio, che in questo caso” si sarebbe avvalso “delle prestazioni di un consorziato”. La Commissione avrebbe quindi “trascurato l’esame dell’effettivo rapporto tra il consorzio Manital ed il consorziato C.”.

Con il motivo n. 3.1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in via subordinata rispetto al prospettato accoglimento del motivo n. 3, si deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2082 e 2602 c.c., avendo la CTR, a detta del ricorrente, “errato nel ritenere l’attività di Manital rientrante nei rapporti consortili quando il consorzio aveva invece, diversamente, gestito i lavori in proprio, in qualità di imprenditore”.

3.2. I motivi sono inammissibili per plurimi profili.

In primo luogo, le censure di cui ai motivi n. 2 e 3 sono inammissibilmente formulate in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, citato n. 5 nella formulazione ratione temporis applicabile.

Con esse, difatti, si prospettano non omessi esami di fatti storici (oltre che decisivi per il giudizio e controversi tra le parti) ma una pretesa omessa valutazione da parte della CTR, in termini di impossibilità concreta di procedere all’autofatturazione (motivo n. 2), oltre che una differente valutazione degli elementi probatori afferenti il concreto atteggiarsi dei rapporti tra consorzio e consorziata.

I motivi 2.1 e 3.1, invece, ad onta delle norme che, in rubrica, si assumono violate e falsamente applicate, si prospettano alla stregua di “non motivi” (sull’inammissibilità della censura in quanto integrante un “non motivo”, si vedano, ex plurimis e limitando i riferimenti solo alle più recenti: Cass. sez. 6-3, 15/10/2019, n. 26052, in motivazione; Cass. sez. 3, 15/10/2019, n. 25933, in motivazione).

Il ricorrente, difatti, non formula censure in termini di errata interpretazione di norme di diritto ovvero di errata sussunzione del fatto accertato nell’astratta fattispecie normativa ritenuta rilevante nella fattispecie ma intende sostituire, a quella della CTR, la propria valutazione dei fatti, anche in termini probatori, circa l’assenza di dati, a sua disposizione, per procedere all’autofatturazione (motivo n. 2) ed in ordine al concreto atteggiarsi dei rapporti tra consorzio e consorziato, peraltro evidenziando anche di non aver colto la reale ratio decidendi, che, dunque, non sindaca.

Sotto tale ultimo profilo, difatti, la CTR, dopo aver ricostruito, nella specie, i rapporti tra consorzio e consorziato all’esito di valutazioni di merito, ha accertato (anche) la non correttezza delle operazioni attive e passive (anche con riferimento alla relativa contabilizzazione), oltre che l’omesso ribaltamento in capo ai consorziati di ricavi e costi.

4. Con il motivo n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 in tema di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

Per il ricorrente, sostanzialmente, la CTR avrebbe errato nel ritenere cessata la materia del contendere, con riferimento solo all’individuazione della quota di partecipazione al consorzio da parte del consorziato (al fine della rideterminazione del reddito d’impresa in virtù del ribaltamento), in ragione dei provvedimenti emessi in autotutela dell’A.E..

4.1. Il motivo è infondato, essendo ipotizzabile una parziale cessazione della materia del contendere anche del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 46 oltre che inammissibile nella parte in cui intende sostituire la propria valutazione di merito a quella della CTR circa la portata degli atti di autotutela, peraltro neanche riportandone (ancorchè indirettamente) il loro contenuto essenziale al fine di far comprendere la doglianza, così difettando di specificità in termini di autosufficienza (ex plurimis, per l’inammissibilità dovuta a difetto di specificità del motivo di ricorso, in termini di autosufficienza, si vedano altresì, ex plurimis, limitando i riferimenti solo a talune decisioni più recenti, oltre a Cass. sez. U, 27/12/2019, n. 34469, e Cass. sez. U, 19/04/2016, n. 7701: Cass. sez. 5, 30/09/2020, n. 20858, in motivazione; Cass. sez. 3, 27/05/2019, n. 14357, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 24/05/2019, n. 14161, in motivazione; Cass. sez. 5, 13/11/2018, n. 29092, Rv. 651277-01; Cass. sez. 6-1, 27/07/2017, n. 18679, Rv. 645334-01; Cass. sez. 5, 12/04/2017, n. 9499, Rv. 643920-01, in motivazione; Cass. sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120-01; Cass. sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839-01, oltre che Cass. sez. 3, 03/07/2009, n. 15628, Rv. 609583-01).

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore dell’A.E. costituitasi, delle spese inerenti il presente giudizio di legittimità che si liquidano, in applicazione dei parametri ratione temporis applicabili, in Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

5.1. Stante il tenore della pronuncia, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (aggiunto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto (circa i limiti di detta attestazione, da riferirsi esclusivamente al presupposto processuale della tipologia di pronuncia adottata e non al presupposto sostanziale della dedenza del contributo del cui raddoppio trattasi, si veda Cass. Sez. U, 20/02/20, n. 4315).

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese relative al presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito, dando atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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