Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12374 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. I, 07/06/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 07/06/2011), n.12374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5528/2010 proposto da:

I.E. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA AREZZO 54, presso lo studio dell’avvocato MINDOPI Flaviano,

che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine della

seconda pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso il decreto n. 747/08 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

9.3.09, depositato il 23/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- I.E. chiede, per due motivi (con i quali è denunciata la violazione della L. n. 89 del 2001 dell’art. 6 CEDU e di vari articoli della Costituzione), la cassazione del decreto, emesso il 23 marzo 2009, con il quale la Corte d’appello di Perugia gli ha liquidato la somma di Euro 1.000,00 a titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale patito in conseguenza dell’irragionevole protrarsi di un processo penale instaurato dinanzi al tribunale di Roma a seguito di querela proposta iniziato nel 1999 ma nel quale il ricorrente si era costituito parte civile il 31.3.2005; processo definito in grado di appello con sentenza del 25.1.2008.

La Corte di appello ha rilevato che il periodo da prendere in considerazione era quello compreso tra la data della costituzione di parte civile (31.3.2005) e quello della pronuncia di appello (25.2.2008) e che la durata ragionevole, pari a due anni, era stata superata, con conseguente ritardo imputabile allo Stato di mesi dieci, in relazione al quale ha liquidato la somma predetta a titolo di danno non patrimoniale, rilevando, per contro, che il danno patrimoniale non era stato specificato in alcun modo.

Il ricorrente lamenta con il primo motivo che non sia stata calcolata l’intera durata del processo penale. Dalla presentazione della querela alla sentenza di appello erano trascorsi nove anni e la Corte avrebbe dovuto liquidare la somma di Euro 10.000,00.

Lamenta, con il secondo motivo, la mancata attribuzione del danno patrimoniale (spese sopportate per la maggiore durata del processo).

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi con i quali denuncia vizio di motivazione e violazione della L. n. 89 del 2001 lamentando che sia stata ritenuta irragionevole una durata di due anni e dieci mesi per un processo sviluppatosi per due gradi di giudizio, stante lo standard europeo di cinque anni per i due gradi.

1.1.- La presente sentenza è redatta con “motivazione semplificata” ai sensi del provvedimento del Primo Presidente in data 22 marzo 2011.

2.- I ricorsi, proposti contro lo stesso provvedimento, devono essere riuniti.

3. – Il ricorso incidentale e il primo motivo del ricorso principale – stante l’evidente connessione – possono essere esaminati congiuntamente.

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (v. da ultima Sez. 1, Sentenza n. 10303/2010) in tema di equa riparazione, il diritto alla trattazione del processo entro un termine ragionevole è riconosciuto dall’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, specificamente richiamato dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, come legittima pretesa di qualsiasi persona che attenda da un tribunale la decisione “sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta” e, quindi, a condizione che la stessa sia parte del processo, con la conseguenza che la persona offesa dal reato, che non riveste tale qualità – pur potendo svolgere un’attività d’impulso particolarmente incisiva nel procedimento penale – non è legittimata a proporre domanda di equa riparazione se non si sia costituita parte civile e che, qualora tale costituzione sia avvenuta, la precedente durata del procedimento non rileva ai fini del computo della ragionevole durata.

Nella concreta fattispecie dal momento della costituzione di parte civile sino alla pronuncia della sentenza in grado di appello sono decorsi due anni e dieci mesi nel mentre secondo i parametri elaborati dalla Corte EDU, deve considerarsi ragionevole una durata di tre anni per il giudizio di primo grado e di due per il giudizio d’appello (Sez. 1, Sentenza n. 16446 del 2010). Talchè – stante la ritenuta complessità “media” del processo presupposto nella concreta fattispecie – non risulta violato il diritto al termine ragionevole del processo. Si che è infondato il primo motivo del ricorso principale mentre è fondato il ricorso incidentale, dal cui accoglimento consegue l’assorbimento del secondo motivo del ricorso principale.

In accoglimento del ricorso incidentale, dunque, il decreto impugnato deve essere cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte può decidere nel merito la causa rigettando la domanda.

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo del ricorso principale, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da I. E.. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della Giustizia; spese che liquida per il grado di merito in Euro 280,00 per diritti e Euro 445,00 per onorario, oltre le spese prenotate a debito e per il giudizio di legittimità in Euro 425,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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