Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12373 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/06/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14683/2015 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TEODORICO n.

14, presso LUCA MENNA (Condominio (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO MENNA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– controricorrente –

e contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL MOLISE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 251/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 28/02/2015 R.G.N. 113/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Campobasso ha respinto l’appello di L.R. avverso la sentenza del Tribunale di Larino che, così si legge nella sentenza gravata, aveva rigettato il ricorso, proposto nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, volto ad ottenere il riconoscimento del diritto alla progressione stipendiale prevista dalla L. n. 312 del 1980, art. 53, comma 5 e la conseguente condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive maturate negli anni scolastici compresi fra il 2003 ed il 2012, nei quali aveva prestato servizio come insegnante supplente di musica;

2. il giudice d’appello ha richiamato a fondamento della decisione le pronunce rese in tema dalla Corte Costituzionale ed ha evidenziato, da un lato, che la disparità rispetto ai docenti di religione è giustificata dalla diversità e dalla particolarità del rapporto di lavoro di detti docenti, dall’altro che da tempo è stata soppressa la categoria dei docenti non di ruolo a tempo indeterminato;

3. per la cassazione della sentenza L.R. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo, al quale il Ministero ha replicato con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione dei principi generali del diritto comunitario, dell’art. 185 (ex art. 169) e art. 234 (ex art. 177) del Trattato UE, della Direttiva 1999/70/CE, degli artt. 11 e 117 Cost., L. n. 312 del 1980, art. 53, nonchè dell’art. 146 del CCNL del Comparto Scuola, degli artt. 112 e 278 c.p.c.” e sostiene, in sintesi, che la Corte territoriale nel respingere la domanda si è posta in aperto contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro, come interpretata dalla Corte di Giustizia, in quanto al supplente della scuola deve essere riservato il medesimo trattamento retributivo previsto per gli assunti a tempo indeterminato e, quindi, deve essere valorizzata l’esperienza professionale maturata sulla base di contratti a termine;

1.1. il ricorrente aggiunge che la sentenza n. 146/2013 e l’ordinanza n. 101/2014 della Corte Costituzionale non hanno escluso la denunciata disparità di trattamento tra personale precario e personale di ruolo, ma hanno solo dichiarato inammissibili le questioni come prospettate dai giudici rimettenti;

1.2. infine L.R. si duole dell’omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale era stata censurata la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che fosse onere del ricorrente precisare quale fosse la “differenza fra quanto percepito in base alla L. n. 312 del 1980 e quanto avrebbe dovuto percepire in caso di accoglimento della domanda”;

2. il ricorso è infondato perchè la sentenza gravata, che ha rigettato la domanda volta ad ottenere gli scatti biennali di anzianità previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53, comma 5, è conforme al principio di diritto già affermato da questa Corte secondo cui “in tema di retribuzione del personale scolastico, la L. n. 312 del 1980, art. 53, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1 e art. 71, dal c.c.n.l. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione.” (Cass. n. 22558/2016);

2.1. con la richiamata decisione si è premesso che gli scatti biennali della L. n. 312 del 1980, ex art. 53, sono concettualmente diversi e non possono essere confusi con il trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali, previsto dalla contrattazione collettiva di comparto succedutasi nel tempo;

2.2. sulla base della ricostruzione del quadro normativo e contrattuale, alla quale si rinvia ex art. 118 disp. att. c.p.c., si è evidenziato che l’art. 53, disciplinava la retribuzione spettante ai docenti di religione e ad alcune particolari categorie di insegnanti assunti a tempo indeterminato, sicchè, al momento della contrattualizzazione dell’impiego pubblico, le parti collettive, nel sottrarre la norma di legge all’operatività del meccanismo della disapplicazione, si erano riferite, appunto, ai soli docenti di religione;

2.3. si è aggiunto che il sistema del trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali, previsto dai CCNL del Comparto Scuola per gli assunti a tempo indeterminato, non è compatibile con gli scatti biennali, il cui riconoscimento finirebbe per assicurare al supplente un trattamento di miglior favore rispetto a quello riservato ai docenti stabilmente immessi nei ruoli;

3. ai richiamati principi, ribaditi da numerose pronunce successive (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 28929, 28636, 26350, 9873, 9872 del 2018; Cass. n. 4438/2019) e condivisi dal Collegio, va data qui continuità, così come deve essere riaffermato che l’azione volta ad ottenere il riconoscimento degli scatti biennali di anzianità previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53, ha ad oggetto una domanda diversa ed autonoma, quanto a petitum ed a causa petendi, rispetto a quella relativa alla progressione stipendiale, derivante dall’anzianità di servizio, prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL di Comparto, domanda sulla cui fondatezza questa Corte si è espressa, sempre con la richiamata decisione n. 22258/2016, in applicazione del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro, allegato alla direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 (Cass. n. 26350/2018 e Cass. n. 4438/2019);

3.1. tutte le considerazioni che si leggono nel ricorso sull’interpretazione della clausola 4 e sull’asserita discriminazione degli assunti a tempo determinato non sono, dunque, pertinenti perchè il principio della parità di trattamento non può essere invocato per ottenere, in conseguenza del riconoscimento dell’anzianità di servizio, un beneficio economico diverso e più favorevole rispetto a quello riservato agli assunti a tempo indeterminato;

4. al riguardo va precisato che la Corte territoriale, attraverso il richiamo alle decisioni assunte dalla Corte Costituzionale, si è pronunciata sulla sola spettanza degli scatti biennali della L. n. 312 del 1980, ex art. 53, comma 5, ed il ricorrente non ha denunciato in questa sede, ai sensi del combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c. e nel rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, nè la violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, in ipotesi derivato dall’errata interpretazione della domanda proposta con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, nè il vizio di omessa pronuncia su un’eventuale altra domanda formulata in via subordinata, sicchè, lo si ribadisce, gli argomenti spesi per affermare l’erroneità della decisione facendo leva sul principio di parità di trattamento con gli assunti a tempo indeterminato risultano essere privi di specifica attinenza al decisum;

5. l’art. 112 c.p.c., è stato, infatti, invocato dal ricorrente solo in relazione all’asserita omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale la sentenza di primo grado era stata censurata nella parte in cui aveva ritenuto che fosse onere dell’attore quantificare “la differenza fra quanto percepito in base alla L. n. 312 del 1980 e quanto avrebbe dovuto percepire in caso di accoglimento della domanda”;

5.1. si tratta, all’evidenza, di un vizio che non può essere addebitato alla Corte territoriale che ha respinto l’appello sulla base di una diversa motivazione, avente carattere assorbente, avendo escluso alla radice il diritto del docente assunto a tempo determinato a percepire gli scatti biennali previsti dalla L. n. 312 del 1980, più volte richiamata;

6. la complessità della questione, diversamente risolta dalla giurisprudenza di merito e decisa da questa Corte solo dopo la proposizione del ricorso, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

7. sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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