Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1237 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/01/2019, (ud. 11/12/2018, dep. 17/01/2019), n.1237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 510-2018 proposto da:

D.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 95, presso lo studio dell’avvocato ANDREA CUTELLE’, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.A., C.S., nella qualità di curatori del

fallimento n. (OMISSIS) di (OMISSIS), elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentate e difese dall’avvocato NICOLA ZINGRILLO;

e contro

UNICREDIT SPA, ROSETTA SRL, T.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 26332/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 20/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – D.M.A. ha proposto ricorso per revocazione per due motive, illustrati da memoria, contro la sentenza n. 26332 del 2016 con cui questa Corte ha respinto il suo ricorso avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari reiettiva del reclamo spiegato nei riguardi della sentenza del Tribunale di Foggia che aveva denegato l’omologazione del concordato preventivo richiesto dal D.M. e contestualmente dichiarato il fallimento della (OMISSIS).

2. – Il Fallimento ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati, Unicredit S.p.A. quale mandataria di Unicredit Management Bank S.p.A., Rosetta.it S.r.l. e T.F. non hanno spiegato difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia erronea ovvero omessa valutazione della “sentenza del Tribunale di Foggia n. 46 del 22 aprile 2015” (così a pagina 7 del ricorso), dal momento che questa Corte avrebbe “motivato sul punto che “il tribunale ha invece già affrontato la circostanza” (della non fattibilità giuridica della vendita di beni di terzi) laddove una questione del genere non risulta invece decisa dai giudici di primo grado i quali si sono limitati a rigettare la domanda di concordato esprimendo una valutazione meramente economica giustamente ritenuta non ammissibile dai giudici del reclamo”.

Il secondo motivo denuncia “il vizio di assunzione del fatto che la perizia redatta dal Dott. Te. per conto del Tribunale avesse correttamente compreso che il valore degli immobili offerti dalle società Defimm srl e Immodem srl andava valutato al netto delle ipoteche e non al lordo”, addebitando a questa Corte di aver “erroneamente ritenuto che il carico debitorio gravante sulle due società partecipate costituisse impedimento alla soluzione del concordato, omettendo di considerare che le poste passive della proposta concordataria ricomprendevano i debiti delle società e pertanto non potevano essere conteggiati due volte riducendo in tal modo il valore del ricavato della vendita dei cespiti societari, da considerarsi invece di valore pieno e privi di pesi e vincoli pregiudizievoli, circostanza questa non esaminata e da considerarsi in ogni caso attinente la fattibilità economica”.

RITENUTO CHE:

4. – Il collegio ha disposto l’adozione della motivazione semplificata.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1. – Sono anzitutto inammissibli le produzioni documentali effettuate dal ricorrente con la memoria, al di fuori della previsione di cui all’art. 372 c.p.c..

5.2. – Il primo motivo è inammissibile.

Esso si appunta contro il passaggio motivazionale che segue: “Il quinto e il sesto motivo sono infondati, non potendosi affermare che la corte d’appello avrebbe introdotto d’imperio e fuori dal contraddittorio il tema nuovo della non fattibilità giuridica della vendita di beni di terzi, avendo invece già il tribunale affrontato la circostanza”.

E, però, la sentenza qui impugnata per revocazione ha immediatamente posto a base della affermata insussistenza di una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato una ulteriore autonoma ratio decidendi, aggiungendo che “il giudice del merito investito del reclamo è tenuto ad esaminare … tutti i temi di indagine oggetto di doglianza, benchè attinenti ai fatti (anteriori) non allegati nel corso del procedimento di primo grado o a nuove eccezioni in senso proprio”.

Questa Corte, dopo aver detto che il tema esaminato dalla Corte territoriale era stato già scrutinato dal Tribunale, ha cioè con tutta chiarezza affermato che, d’altro canto, il giudizio di reclamo contro la dichiarazione di fallimento consente di introdurre fatti nuovi, quantunque non dedotti nella fase precedente. Sicchè la sentenza qui impugnata per revocazione è al riguardo sostenuta da una duplica ratio decidendi: i) la Corte d’appello non aveva pronunciato ultra petita, avendo esaminato il profilo della fattibilità giuridica già considerato dal Tribunale; ii) la Corte d’appello poteva in ogni caso pronunciare sulla fattibilità giuridica.

L’inammissibilità discende dunque dall’applicazione del principio secondo cui: “In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto, nel caso in cui la declaratoria di inammissibilità, contenuta nella sentenza revocanda, si regga su due autonome rationes decidendi, una sola delle quali revocabile perchè viziata da errore percettivo, la permanenza della seconda comporta il venir meno del requisito indispensabile della decisività dell’errore revocatorio, ossia dell’idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si regge la sentenza impugnata, che, ex art. 395 c.p.c., n. 4, è richiamato dall’art. 391-bis c.p.c., per la revocazione delle sentenze della Cassazione” (Cass. 31 ottobre 2017, n. 25871).

5.3. Il secondo motivo è inammissibile.

Esso muove infatti da un fraintendimento della motivazione addotta da questa Corte nella sentenza impugnata, giacchè detta sentenza non ha punto apprezzato il contenuto della consulenza tecnica richiamata nel motivo di revocazione in disparte il quesito se l’apprezzamento del contenuto di una consulenza tecnica possa rilevare quale errore revocatorio – ma si è limitata a prendere atto dell’apprezzamento svolto dalla Corte territoriale, giudicandola corretta in diritto.

Si legge infatti nella sentenza: “Nella Specie la corte d’appello, comparando le due soluzioni alternativamente indicate nel piano di D.M., ne ha ravvisato la pari inidoneità a realizzare l’obiettivo concordatario, per la piana rimessione ad un soggetto terzo dell’atto dispositivo … della vendita di cespiti non appartenenti in via diretta al debitore e per il carico debitorio gravante sulle due società partecipate, circostanze impeditive della possibilità di assumere a valori netti quelli di prospettata liquidazione, senza che la rivendicata elisione delle poste passive, allegate come coincidenti con i debiti del proponente nel concordato, fosse causa di automatica rettifica di detto valore, assumendo ogni vicenda dismissiva una sua autonomia, come da ricostruzione peritale fatta propria dal giudice di merito e applicata in concreto ai conti delle due società”.

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del Fallimento, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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