Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12365 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/05/2017, (ud. 08/02/2017, dep.17/05/2017),  n. 12365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14243-2011 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta delega in

atti;

– ricorrenti –

contro

S.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ATTILIO REGOLO, 12/D, presso lo studio dell’avvocato ITALO CASTALDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato FERDINANDO MASSARELLA, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA POLIS S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 22/2011 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 09/03/2011 r.g.n 190/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/02/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

udito l’Avvocato LELIO MARITATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 22/2011 la Corte d’appello di Campobasso, riformando la decisione di primo grado, accoglieva l’opposizione a due cartelle esattoriali fondate su pretese contributive avanzate dall’INPS nei confronti di S.A. relativamente al lavoratore agricolo L.N. per gli anni dal 2006 al 2008. La Corte territoriale affermava che il Tribunale aveva errato nel ritenere applicabile alla fattispecie la decadenza prevista dal D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22. Nel 1972 la ricorrente aveva comunicato al Servizio Contributi Agricoli Unificati, allora competente alla tenuta degli elenchi dei lavoratori agricoli, di aver concesso in mezzadria un proprio fondo sito nel Comune di (OMISSIS) a L.N. e nulla più era stato comunicato. Ad avviso della Corte territoriale la fattispecie non rientrava nell’ambito soggettivo di applicazione del D.L. n. 7 del 1970, citato art. 22; in ogni caso la affermata datrice di lavoro non aveva mai ricevuto la notifica della pubblicazione degli elenchi; nel merito, poi, era fondata l’eccezione di non debenza dei contributi per l’avvenuta estinzione del rapporto di mezzadria per effetto della L. n. 203 del 1982 che ne aveva previsto l’estinzione alla data del 10.11.1993 se non fossero intervenuti particolari patti in deroga nel caso di specie mai intervenuti.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’INPS con un articolato motivo. Resiste S.A. con controricorso illustrato da motivi. Equitalia Polis è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico ed articolato motivo di ricorso, richiamando dell’art. 360 cod. proc. civ., i nn. 3 e 5 il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 7 del 1970, art. 22 conv. con modif. in L. n. 83 del 1970, nonchè, della L. n. 608 del 1996, art. 9 quinquies, comma 4 di conversione con modif. del D.L. n. 510 del 1996 e del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5. Prospetta, inoltre, vizio di motivazione. In particolare, l’Istituto si duole della interpretazione del D.L. n. 7 del 1970, art. 22 conv. in L. n. 83 del 1970 seguita dalla Corte territoriale che l’aveva condotta ad escludere, dal relativo ambito soggettivo di applicazione, i datori di lavoro agricoli tenuti al pagamento dei contributi previdenziali in favore dei lavoratori iscritti agli elenchi nominativi. Inoltre, il ricorrente ritiene applicabile, quanto agli adempimenti di comunicazione ivi previsti, anche al datore di lavoro agricolo la disposizione contenuta nella L. n. 608 del 1996, art. 9 quinquies, comma 4 con conseguente irrilevanza della assenza di una specifica notificazione al datore di lavoro della iscrizione del lavoratore agricolo.

2. Il motivo è fondato. Occorre premettere che la questione sottoposta a questa Corte di legittimità riguarda la corretta applicazione, sotto il profilo dell’ambito soggettivo della sua applicazione, del D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22, comma 1, “Norme in materia di collocamento e accertamento dei lavoratori agricoli”, convertito con modificazioni, nella L. 11 marzo 1970, n. 83, contenente un termine di decadenza di 120 giorni: “contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del presente decreto da cui derivi una lesione di diritti soggettivi, l’interessato può proporre azione giudiziaria davanti al tribunale nel termine di 120 giorni dalla notifica o dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza”. La fattispecie rispetto alla quale si discute, unitamente al relativo maturare della decadenza, è dunque anteriore alle modifiche verificatesi con decorrenza dal 22 dicembre 2008, per effetto dell’abrogazione dell’intera L. n. 83 del 1970 a opera del D.L. n. 112 del 2008, art. 24 convertito, con modificazioni, in L. n. 133 del 2008, che, fra le numerose leggi abrogate, sotto la voce n. 2529 dell’Allegato “A”, contempla la suddetta legge concernente anche l’accertamento dei lavoratori agricoli” cui poi ha fatto seguito, il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 5, che, a sua volta, ha soppresso la voce n. 2529 dell’Allegato “A” al D.L. n. 112 del 2008-.

3. Questa Corte di legittimità, come ricordato dal ricorrente, ha avuto modo di affermare (Corte di cassazione del 7 ottobre 2010 n. 20795) che il D.L. 3 febbraio 1970, n. 7, art. 22 convertito in L. 11 marzo 1970, n. 83 che fissa un termine di decadenza per l’azione giudiziaria contro i provvedimenti definitivi “adottati in applicazione del presente decreto, da cui derivi una lesione di diritti soggettivi”, si applica ad ogni controversia relativa alla contribuzione previdenziale per i lavoratori agricoli, siano essi coadiutori o subordinati, in considerazione dei fini della legge, intesa all’accertamento territoriale della manodopera agricola ed alla relativa tutela, anche previdenziale.

4. L’orientamento va confermato in quanto espressione dei principi informatori del sistema normativo previdenziale in materia di lavoro in agricoltura. L’accertamento della mano d’opera impiegata da ciascuna azienda deve risultare da “elenchi” (come previsto dal R.D. 24 settembre 1940, n. 1949, art. 4, u.c.) compilati annualmente e pubblicati presso la sede dell’ufficio accertatore e, in estratto, presso gli albi pretori dei comuni. La pubblicazione annuale degli elenchi, essendo prevista anche nel caso che il precedente accertamento non sia stato variato, come rilevato dalla dottrina, realizza in favore dei contribuenti una condizione di maggiore garanzia che non nel campo fiscale, dove nessuna notifica di accertamento viene fatta quando non sia modificato il reddito rispetto all’anno precedente.

5. Inoltre, (ai sensi del R.D. n. 1949 del 1940, art. 7) solo qualora l’ufficio accerti l’esistenza di un’azienda prima non gravata da contributo, ovvero accerti elementi non dichiarati o elementi diversi da quelli dichiarati, l’ufficio stesso deve far pervenire, per mano di messo o per raccomandata postale, una notifica individuale in coincidenza con la pubblicazione degli elenchi di accertamento.

6. In difetto di comunicazioni di variazione o cessazione del rapporto di collaborazione agraria da parte dell’azienda, dunque, risultano presenti i presupposti applicativi della L. n. 1407 del 1957, art. 13 secondo cui: “I contributi base dovuti per i mezzadri e coloni sono a totale carico del concedente. I contributi integrativi dovuti per i mezzadri e coloni sono per metà a carico del concedente e per l’altra metà a carico del mezzadro o colono. L’aliquota di riduzione derivante dal concorso dello Stato di cui al comma 2 del precedente art. 11 si applica soltanto alla quota a carico del mezzadro o colono. I concedenti sono responsabili del pagamento dei contributi anche per la parte a carico dei mezzadri e dei coloni, salvo il diritto di rivalsa”.

7. Nel caso di specie è incontestato in fatto che la ricorrente nulla ha comunicato agli organi competenti in ordine al rapporto associativo di mezzadria intercorrente con L.N., dopo la denunzia del rapporto al Servizio Contributi Agricoli Unificati nel 1974, dunque, nessun obbligo di comunicazione individuale può affermarsi in capo all’INPS. Nè assume rilievo nei confronti dell’Istituto ricorrente, oggi competente a gestire il rapporto contributivo dopo la soppressione dello SCAU, la circostanza che la contro ricorrente abbia spedito una lettera al L., datata 14 settembre 1994, con la quale veniva richiesto il rilascio del fondo, trattandosi di documento di mera rilevanza interna al rapporto esistente fra le parti che nulla dimostra in ordine all’avvenuta comunicazione all’organo competente dell’effettiva cessazione del rapporto associativo.

8. Pure irrilevante, ai fini della permanenza dell’iscrizione negli elenchi del collaboratori agricoli e della conseguente disciplina della decadenza D.L. n. 7 del 1970, ex art. 22 conv. in L. n. 83 del 1970 è lo sviluppo normativo che hanno subito i contratti agrari, ivi compresa la mezzadria già disciplinata dalla L. n. 756 del 1964, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 203 del 1983. Il quadro normativo introdotto dalla riforma realizzata da tale legge, infatti, non ha significato la cancellazione automatica ed indiscriminata di qualsiasi rapporto di mezzadria con trasformazione della mezzadria nel tipo contrattuale del contratto d’affitto.

9. La Legge del 1982, riguardo alle regole rivolte alla conversione in affitto dei contratti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione e di soccida (tit. 2, art. 25-38), distingue le ipotesi di contratti associativi in essere al momento della sua entrata in vigore, da quelli futuri per i quali è stata prevista la riconduzione al tipo del contratto d’affitto. Riguardo ai primi, la nuova legge ne sancisce la convertibilità in affitto a richiesta di una delle parti (artt. 25-38) nel periodo transitorio di quattro anni. Tale assetto è stato oggetto dell’ulteriore intervento legislativo realizzato dalla L. n. 29 del 1990, anticipato dagli effetti della pronuncia di parziale incostituzionalità della L. n. 203 del 1982, art. 25 (Corte cost. n. 138 del 1984).

10. Peraltro, la L. n. 29 del 1990, art. 6 ha consentito alle parti di stipulare, con la procedura di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 45, comma 1 clausole in deroga alla legge, relativamente alla durata, per i contratti in essere alla data di entrata in vigore della stessa legge.

11. La fattispecie in esame, come è certo in quanto la comunicazione sull’esistenza del rapporto di mezzadria risale al 1972, è stata oggetto dell’articolato quadro normativo sopra accennato e dunque non può negarsi ex lege la sussistenza dell’obbligo contributivo.

12.11 ricorso va, quindi, respinto. La peculiare complessità del quadro normativo derivante dalla distensione temporale al cui interno si è sviluppata la fattispecie concreta determina la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le opposizioni proposte da S.A.. Dichiara compensate le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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