Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12363 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. lav., 09/05/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 09/05/2019), n.12363

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19542-2013 proposto da:

B.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE PAOLO

GUARINO;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione

dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, EMANUELE DE ROSE e CARLA D’ALOISIO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 505/2012 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 14/02/2013, R.G.N. 819/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Potenza confermava la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato il ricorso proposto da B.R., titolare dell’omonima ditta esercente attività di edilizia artigiana, finalizzata ad ottenere la dichiarazione di insussistenza del credito contributivo oggetto del verbale di accertamento del 31.7.2001 dell’Ispettorato di vigilanza Inps.

2. A fondamento della decisione la Corte territoriale, in relazione ai rilievi mossi dagli ispettori verbalizzanti, rilevava quanto segue:

a. la prima contestazione aveva ad oggetto il fatto che la ditta non avesse corrisposto la retribuzione dovuta e quindi avesse omesso di versare i contributi assicurativi per i lavoratori B.D.A. e P.N. nei periodi dal 1.7.1998 al 30.4.1999 e dall’1.1.2001 al 30.6.2001. La Corte riteneva che l’addebito fosse fondato, essendo stato accertato che la ditta non aveva maggiorato l’imponibile contributivo degli accantonamenti, anticipazioni ed ulteriori versamenti previsti a favore della Cassa edile e che sul totale delle retribuzioni non corrisposte non erano

stati versati all’Inps i contributi. A fronte di tali contestazioni, argomentava che il ricorrente non aveva dimostrato che i minimi contrattuali fossero stati rispettati nè, come in tesi assumeva, che i i valori relativi alle indennità fossero stati ricompresi nella retribuzione di fatto e solo per un mero errore materiale non visualizzati nella parte superiore del cedolino, nè che la mancata maggiorazione dell’imponibile per il mese di giugno fosse stata regolarizzata con il versamento dei contributi per il mese successivo.

b. La seconda contestazione era la seguente: per i dipendenti B.D.A., I.R. e S.R.D., risultavano ore di assenza non rientranti tra quelle giustificate ai sensi del D.L. n. 244 del 1995, art. 29 conv. nella L. n. 341 del 1995, per le quali la ditta non aveva assolto la contribuzione previdenziale e assistenziale. La Corte d’appello rilevava che l’opponente non aveva dimostrato che le ore fossero state impiegate in permessi individuali non retribuiti, mentre era stata riferita dai testimoni la fruizione di permessi retribuiti concessi ai lavoratori per motivi personali, nè risultava la comunicazione agli enti previdenziali di un’eventuale sospensione dell’attività aziendale senza intervento della CIG.

c. In ordine al punto 3 del verbale di accertamento, il giudice di merito argomentava che gli ispettori avevano contestato che gli operai occupati nel cantiere di Firenze avrebbero dovuto ricevere un trattamento unitario comprensivo del trattamento di trasferta non inferiore a quello derivante dall’applicazione del minimo di paga base, contingenza e indennità territoriale, e che non era stato provato l’assunto dell’opponente di aver provveduto direttamente alle spese di vitto, alloggio e viaggio. I dipendenti sentiti come testi avevano genericamente confermato la circostanza, che però non era stata supportata da idonea documentazione.

3. Rigettava quindi l’appello, ritenendo assorbita ogni altra questione.

4. Per la cassazione della sentenza B.C., nella qualità di donataria dell’azienda a lei trasferita da B.R., ha proposto ricorso; l’Inps si è costituito con procura in calce al ricorso notificato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. come primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., art. 2697 c.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lamenta che la Corte territoriale abbia attribuito efficacia di prova al verbale ispettivo in ordine alle indagini compiute dagli ispettori e valorizzato la mancanza di prova contraria, mentre, in specie in relazione al primo addebito, era I’Inps che avrebbe dovuto dedurre e quindi produrre le tabelle indicanti i minimi contrattuali, per poi accertare il giudice di merito, magari a mezzo c.t.u., se la retribuzione corrisposta fosse sufficiente a comprendere le dovute indennità.

6. Come secondo motivo deduce la violazione del D.L. n. 244 del 1995, art. 29; degli artt. 115 e 116 c.p.c.; l’errata valutazione dell’istruttoria; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. In ordine al secondo punto contestato nel verbale ribadisce di aver concesso ai lavoratori per le ore non coperte da contribuzione permessi individuali, il che era stato confermato dagli stessi interessati.

7. Lamenta altresì che la Corte territoriale non si sia pronunciata sulla difesa secondo la quale anche ritenendosi che le giornate di permesso retribuito andassero assoggettate a contribuzione, il presunto inadempimento non avrebbe comportato la perdita degli sgravi. Sostiene che ai sensi del D.L. n. 338 del 1989, art. 6, comma 9 convertito nella L. n. 389 del 1989, vanno esclusi dal beneficio della riduzione degli oneri sociali i datori di lavoro che abbiano denunciato orari e giornate di lavoro inferiori a quelli effettivamente svolti, il che nel caso non era avvenuto.

8. Come terzo motivo deduce la violazione del D.L. n. 444 del 1995, art. 29 degli artt. 115 e 116 c.p.c., l’errata valutazione dell’istruttoria, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. In relazione al terzo addebito sostiene di aver offerto prova documentale (con le fatture ed ogni altro documento di spesa) in ordine al fatto che egli avesse provveduto a versare la diaria e a rimborsare le spese vive per il periodo di lavoro a Firenze, e che tale circostanza era stata confermata anche dai testimoni.

9. Lamenta altresì che la Corte territoriale abbia ritenuto assorbita ogni altra questione, senza esaminare gli ulteriori addebiti elevati dagli ispettori (errato conguaglio di importi a titolo di fiscalizzazione degli oneri sociali, conguaglio dello sgravio annuale di cui alla L. n. 449 del 1997, art. 4 in misura maggiore a quanto effettivamente spettante; errata attribuzione degli assegni per il nucleo familiare).

10. Con riguardo a tutti i motivi, occorre premettere che il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonchè alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante nè ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass. S.U. n. 12545 del 25/11/1992, Cass. n. 23800 del 07/11/2014). Per le parti non coperte da efficacia probatoria privilegiata, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti. (Cass. n. 15702 del 12/08/2004, n. 9251 del 19/04/2010).

11. Il giudice di merito si è attenuto a tale consolidato orientamento, in quanto ha premesso che l’accertamento ispettivo si era basato essenzialmente sulla documentazione aziendale, proveniente dalla stessa ditta, e da ciò derivava il valore probatorio privilegiato di quanto verificato dai verbalizzanti.

12. Inoltre, come ha ribadito in più occasioni questa Corte, la retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore a quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto dal D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1, comma 1 (convertito in L. 7 dicembre 1989, n. 389) (Sez. U, Sentenza n. 11199 del 29/07/2002, 05/01/2012, n. 16, e, da ultimo, n. 24109 del 03/10/2018).

13. Con specifico riferimento al settore dell’edilizia, tale regola generale è ribadita – con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale – dal D.L. n. 244 del 1995, art. 29 il quale elenca, altresì, i casi, da considerarsi tassativi, in cui la suddetta regola del minimale è esclusa, e delega l’individuazione di altri casi ad un D.M. di attuazione (il D.M. n. 16 dicembre 1996), che rinvia per le eccezioni alle previsioni dei contratti. Conseguentemente, stante il carattere tassativo delle eccezioni e il richiamo che il suddetto decreto effettua alla contrattazione collettiva, è onere del datore di lavoro che invoca la ricorrenza di una deroga al minimale indicare la disposizione contrattuale che la prevede (Cass. n. 16873 del 11/08/2005).

14. Quanto infine alla critica della ricostruzione delle emergenze probatorie, occorre premettere che al presente giudizio si applica ratione temporis la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, nè può fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito.

15. Alla luce dei cennati presupposti in diritto, tutti i motivi risultano infondati.

16. Quanto al primo, avendo la Corte ritenuto la debenza della contribuzione sulla base delle previsioni contrattual-collettive applicabili, sarebbe stato onere del datore di lavoro dimostrare l’avvenuto adempimento o la sussistenza di ipotesi eccettive o esonerative.

17. Lo stesso vale per il secondo motivo, dovendosi aggiungere che ove l’Inps pretenda differenze contributive da impresa edile sulla retribuzione virtuale ai sensi del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 29 convertito in L. 8 agosto 1995, n. 341, il relativo onere probatorio è assolto mediante l’indicazione, non contestata, dell’attività edile espletata, e con l’invocazione dell’art. 29 citato, mentre è onere dell’impresa edile allegare, e provare, le ipotesi eccettuative dell’obbligo contributivo previste dallo stesso D.M., art. 29 cui esso rinvia, che hanno carattere tassativo (Cass. n. 29324 del 15/12/2008, Cass. n. 22314 del 03/11/2016).

18. Nel caso, la Corte ha valutato gli elementi istruttori presenti agli atti, concludendo che i permessi di cui i lavoratori avevano confermato di aver goduto non erano quelli, non retribuiti, per i quali non è dovuta la contribuzione ai sensi del decreto del ministero del lavoro 16.12.1996. Nè la motivazione soffre di lacune o omissioni rilevanti, considerato che gli aspetti valorizzati nel ricorso sono stati tutti esaminati dalla Corte territoriale, ma ritenuti superati dalle ulteriori risultanze o comunque non decisivi.

19. Infondatamente poi il ricorrente si duole di essere stato escluso dalla riduzione degli oneri sociali D.L. n. 338 del 1989, ex art. 6, comma 9. Occorre infatti ribadire che grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti, in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (Cass. 1157 del 18/01/2018), e che nel caso i requisiti di legge non riguardavano solo l’avere denunciato i lavoratori con orari o giornate di lavoro corrispondenti a quelli effettivamente svolti, ma anche con retribuzioni non inferiori a quelle previste dall’art. 1, comma 1 (c.d. minimale contributivo), sopra richiamato al punto 12.

20. Il terzo motivo si incentra sulla critica della ricostruzione fattuale in ordine al trattamento corrisposto ai dipendenti in trasferta a Firenze, critica che tuttavia non è idonea a determinare rivisitazioni dell’esito cui è giunto il giudice di merito.

21. L’ultimo motivo è inammissibile, in quanto non viene esplicitato in quale sede processuale sarebbero stati fatti oggetto di discussione altri addebiti contributivi, in relazione ai quali si lamenta la mancata pronuncia, il che sarebbe stato necessario in ossequio alle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4).

22. Segue coerente il rigetto del ricorso.

23. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

24. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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