Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12362 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. II, 10/05/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 10/05/2021), n.12362

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23951-2019 proposto da:

S.G., ammesso al patrocinio a spese dello Stato e

rappresentato e difeso dall’Avvocato Lorenzo Trucco, con studio in

Torino, via Guicciardini 3;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato con sede in Roma, Via Dei

Portoghesi 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 181/2019 della Corte d’appello di Brescia,

depositata il 31/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– S.G., cittadino del (OMISSIS), ha impugnato per cassazione la sentenza che ha respinto il di lui gravame averso la pronuncia che ha confermato il diniego dello status di rifugiato nonchè della protezione sussidiaria e di mancato riconoscimento delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, disposti dalla competente Commissione territoriale;

– a sostegno delle domande di protezione internazionale ha allegato di essere scappato a causa dei problemi con i fratelli che gli facevano fare lavori pesanti e lo picchiavano; era pertanto fuggito a (OMISSIS) ma poichè i fratelli lo cercavano anche lì decideva di partire per l’Algeria e poi in Libia da dove si è imbarcato per l’Italia; temeva, in caso di rientro, di essere di nuovo esposto ai maltrattamenti dei fratelli;

– la corte d’appello bresciana ravvisava nella vicenda riferita dal richiedente, peraltro in termini confusi e contraddittori, una vicenda privata, irrilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato così come della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b); la corte territoriale escludeva poi, alla luce della situazione (OMISSIS), come descritta nelle fonti informative consultate e specificamente indicate, la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); infine, la corte d’appello ha escluso la ravvisabilità delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta sulla base di due motivi;

– l’intimato Ministero dell’interno si è costituito al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo con cui si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c) in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 è inammissibile;

– assume il ricorrente che la corte territoriale ha respinto la domanda di riconoscimento dei requisiti richiesti dalle normative sulla protezione sussidiaria in ragione della natura esclusivamente familiare della vicenda narrata senza che il richiedente si sia avvalso della tutela da parte dell’autorità locale;

– al contrario, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuto tenere conto dell’alto grado di instabilità e generalizzata violazione dei principali diritti umani, in via di espansione dal nord del paese verso l’intero territorio nazionale;

– la censura è inammissibile poichè la sentenza ha preso in considerazione la situazione della regione del (OMISSIS) di provenienza del richiedente asilo e ha precisato come all’esito della consultazione di fonti informative accreditate e specificamente indicate (cfr. pag. 6 e 7 della sentenza) essa non risulta caratterizzata da instabilità ovvero violenza indiscriminate rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria;

– nè il ricorrente ha allegato fonti informative che, con riferimento alla data della decisione impugnata, avrebbero se esaminate, condotto ad una diversa conclusione (cfr. Cass. 21932/2020; id. 22769/2020);

– con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 nonchè dell’art. 10 Cost., comma 3 per avere escluso la ricorrenza degli estremi della concessione della protezione umanitaria trascurando di considerare la condizione di vulnerabilità riconoscibile in capo al ricorrente quale conseguenza dell’esperienza subita durante il passaggio in Libia e dei conseguenti trattamenti inumani ivi ricevuti, è inammissibile;

-inoltre, il ricorrente censura la mancata considerazione degli elementi di integrazione sul territorio nazionale determinati dal ricorso al sistema di accoglienza;

– la censura appare inammissibile con riguardo ad entrambi i profili dedotti, sia perchè la condizione di carcerazione in Libia non può costituire di per sè requisito sufficiente ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria;

– è stato, infatti, chiarito dalla consolidata giurisprudenza che la condizione nel paese di transito è rilevante, oltre che ai fini della valutazione della credibilità del richiedente asilo, in quanto ricollegata ad una significativa condizione personale che si sia determinata in connessione alla permanenza in quel paese, e che possa condurre al riconoscimento di una soggettiva vulnerabilità allegata dal richiedente (cfr. Cass. 13758/2020; id. 28781/2020);

– tuttavia, nel caso di specie la specifica condizione di vulnerabilità personale ricollegata al vissuto libico non è stata ritenuta attuale dalla corte territoriale nè risulta essere stato allegato alcun elemento a conforto dell’asserito percorso di integrazione in Italia sicchè la critica su entrambi i fronti resta generica;

– atteso l’esito di entrambi i motivi, il ricorso risulta inammissibile;

– nulla va disposto sulle spese di lite atteso il mancato svolgimento di effettiva attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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