Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12361 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. II, 10/05/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 10/05/2021), n.12361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23516-2019 proposto da:

A.T., rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Gilardoni,

con studio in Brescia via Vittorio Emanuele II, 109;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 691/2019 della Corte d’appello di Brescia,

depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– A.T. ha impugnato per cassazione la sentenza che ha respinto il di lui gravame proposto avverso il diniego dello status di rifugiato nonchè della protezione sussidiaria e di mancato riconoscimento delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, deciso dalla competente Commissione territoriale prima e dal Tribunale poi;

– a sostegno delle domande di protezione il ricorrente, cittadino del (OMISSIS), ha allegato di avere lasciato il suo paese temendo di essere arrestato per motivi politici; in particolare, ha dichiarato di essere simpatizzante del partito (OMISSIS) ((OMISSIS)) ma di non sapere nulla di (OMISSIS) nè di (OMISSIS), in quanto si era limitato a partecipare dietro compenso alle manifestazioni; che nell’ambito della sua famiglia la moglie non andava d’accordo con la cognata e quest’ultima si era lamentata con i capi religiosi del fatto che il matrimonio del richiedente asilo non fosse conforme alle prescrizioni religiose islamiche, poichè i coniugi erano cugini; ha aggiunto che era sorta disputa religiosa in proposito in quanto un iman aveva intimato loro di divorziare, mentre un altro iman aveva espresso l’idea che il matrimonio fosse legale; ha proseguito riferendo che all’incontro organizzato per dirimere la questione il secondo iman non era intervenuto e i presenti, alcuni dei quali sostenitori del (OMISSIS), partito contrapposto al (OMISSIS), avevano iniziato a malmenarlo; rifugiatosi presso un amico a Dacca e non sapendo come guadagnarsi da vivere, aveva deciso di espatriare procurandosi la somma necessaria da un usuraio ed ipotecando la casa; era, quindi, partito alla volta di Tripoli in Libia da dove poi nell’agosto 2015 si era imbarcato per l’Italia;

– la corte d’appello aveva evidenziato le insanabili contraddizione e lacune del racconto allegato dal ricorrente sulle vicende personali, circostanza che escludeva la ravvisabilità dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e per la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); alla luce della consultazione delle fonti informative la corte aveva, inoltre, negato la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) ed aveva escluso la sussistenza di motivi rilevanti ai fini del riconoscimento del permesso umanitario;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta dal richiedente asilo con ricorso affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7,14 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, artt. 2 e 3 della CEDU per avere la corte d’appello di Brescia escluso la protezione sussidiaria senza considerare la situazione del (OMISSIS) (rectius, verosimilmente, il (OMISSIS), paese di provenienza del ricorrente) nonchè per avere omesso di considerare la condizione di vulnerabilità personale che discende dalla situazione del paese di provenienza e nei paesi di permanenza avuto riguardo alla Libia;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, avuto riguardo alle condizioni legittimati il rilascio del permesso umanitario;

– i due motivi, strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili per essere formulati in termini generici, errati nei riferimenti alla pronuncia impugnata, a volte indicata come Corte d’appello di Caltanissetta, e comunque in entrambe le censure, senza confrontandosi con la motivazione adottata dalla corte bresciana a sostegno del diniego della protezione sussidiaria e di quella umanitaria;

– la corte bresciana ha, infatti, escluso la sussistenza dei presupposti per ritenere il (OMISSIS), paese di effettiva provenienza del ricorrente, come insicuro alla stregua delle fonti informative consultate e specificamente indicate nella sentenza impugnata (cfr. pag. 5, terzo capoverso);

– tali fonti non sono smentite da diverse indicazioni del ricorrente in merito alla protezione sussidiaria (cfr. Cass. 21932/2020; id. 22769/2020);

– parimenti per quanto concerne la protezione umanitaria la censura contesta genericamente l’argomentazione, invece, specifica resa dalla corte territoriale, secondo la quale l’inserimento allegato dal ricorrente non vale a configurare un radicamento, atteso che la moglie ed il figlio del richiedente asilo sono in (OMISSIS) e che non si riscontra nel paese di provenienza la compromissione dei diritti umani fondamentali, cui il ricorrente rischierebbe di essere esposto in caso di rimpatrio forzato;

– il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;

– nulla va disposto sulle spese in considerazione del fatto che il controricorso appare inammissibile per carenza dei requisiti di cui all’art. 370 c.p.c. (cfr. per l’enunciazione del principio Cass. 5400/23006);

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

 

 

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