Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1236 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 20/01/2011), n.1236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25548/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato DE MARINIS Nicola, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO

14, presso lo studio dell’avvocato DI CELMO Massimo, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5447/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/10/2006 R.G.N. 10471/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/11/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega DE MARINIS NICOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Poste italiane spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Napoli, pubblicata il 6 ottobre 2006, che, riformando la sentenza di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento del dipendente F.G. e ordinato la sua reintegrazione nel posto di lavoro, con condanna al relativo risarcimento del danno.

2. Il F. fu licenziato nell’ambito di una procedura per licenziamento collettivo basata sul criterio, concordato con le organizzazioni sindacali, che individuava i lavoratori da licenziare, in relazione alla sussistenza dei requisiti per il collocamento in pensione.

3. La Corte d’appello, andando di contrario avviso al Tribunale, ha ritenuto illegittimo il licenziamento per la inadeguatezza della comunicazione di avvio della procedura prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3.

4. Poste ricorre per cassazione articolando quattro motivi. Il F. si difende con controricorso. Poste ha depositato una memoria.

5. Con il primo motivo Poste affronta la questione cruciale della adeguatezza o meno a quanto disposto dall’art. 4, comma 3, su richiamato, della comunicazione fatta alle organizzazioni sindacali in fase di avvio della procedura di licenziamento collettivo.

6. I fatti oggetto della controversia non sono in discussione. Poste italiane con comunicazione del 25 giugno 2001, ai sensi della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24, iniziò una procedura per il licenziamento collettivo nei confronti di 9.000 lavoratori in eccedenza rispetto alla proprie esigenze tecnico-produttive.

7. In tale comunicazione alle RSU, ai sensi dell’art. 4, comma 3 su citato, venivano indicati: i motivi che determinano la situazione di eccedenza; i motivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure dirette a porre rimedio alla situazione; numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale in eccedenza e del personale abitualmente impiegato; tempi di attuazione del programma di mobilità; misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione del programma.

8. Alla comunicazione erano allegati l’organico dei dipendenti alla data del 1 maggio 2001, distinto per regioni e diverse aree di inquadramento, nonchè le eccedenze, alla medesima data, ripartite per regione e con riferimento alle diverse aree di inquadramento, poi ulteriormente specificate con successive comunicazioni.

9. L’esame congiunto con i sindacati, protrattosi in vari incontri, si è esaurito con esito negativo. In seguito, presso il Ministero del lavoro, tra Poste italiane e sindacati, venne raggiunto un accordo per la definizione della procedura. “Nell’intento comune di ridurre le conseguenze sul piano sociale” derivanti dall’attuazione del piano di riorganizzazione e ristrutturazione, le parti concordarono la risoluzione del rapporto di lavoro del personale che alla data del 31 dicembre 2001 e del 31 dicembre 2002 fosse in possesso dei requisiti per il pensionamento. Poste italiane ha quindi comunicato ai lavoratori in tale condizione la cessazione dal lavoro.

Fra costoro vi era il F..

10. Questa Corte ha già analiticamente esaminato il problema posto con il ricorso per cassazione, in più decisioni ed in particolare, tra le ultime, nella sentenza 12 agosto 2009, n. 18253, che si è occupata di una situazione del tutto sovrapponibile a quella in esame.

11. Si è affermato il seguente principio di diritto: “in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione del personale dalla L. n. 223 del 1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui all’art. 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, sottratti al controllo giurisdizionale, cosicchè, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all’esito della procedura, che, nell’ambito delle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio di scelta del possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione”.

12. La motivazione della sentenza, alla quale si rinvia, spiega perchè, nel contesto specifico della procedura di licenziamento collettivo percorsa da Poste, le indicazioni fornite nella comunicazione del datore di lavoro siano conformi a quanto richiesto della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, e spiega, più in generale, perchè il criterio adottato per la individuazione dei lavoratori da licenziare sia conforme ai principi desumibili dalla L. n. 223 del 1991, artt. 1 e 24 e dall’assetto complessivo dell’ordinamento (schematizzati al paragrafo n. 7).

13. Il criterio della prossimità al trattamento pensionistico è stato, inoltre, ritenuto da questa Corte conforme al principio di non discriminazione in ragione dell’anzianità, anche nella sua dimensione europea, nonchè a criteri di razionalità ed equità (cfr, in particolare, 24 aprile 2007, n. 9866; e 21 settembre 2006, n. 20455, alla cui motivazioni si rinvia).

14. Il motivo di ricorso è, pertanto, fondato: il vizio procedurale che, a parere della Corte d’appello, avrebbe inficiato il licenziamento non sussiste. Gli altri motivi rimangono assorbiti.

15. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata. Poichè non risultano necessari ulteriori accertamenti, il giudizio deve essere definito nel merito in questa sede, con rigetto della domanda attorea.

16. L’evoluzione con diversi esiti subita dalla controversia nei vari gradi del giudizio impone la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda attorea. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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