Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12359 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 23/06/2020), n.12359

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27458/2014 proposto da:

V.V., B.G., M.A.,

D.R.M.G., C.M.F., P.A., Z.B.,

PI.CL., CO.PA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ATTILIO FRIGGERI 106, presso lo studio dell’avvocato MICHELE

TAMPONI, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO CESARONI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che rappresenta P difende

ope legis;

– controricorrente –

e contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA TOSCANA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1238/2012 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata

il 20/11/2012 R.G.N. 5209/2010.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 20.11. 2012 n. 1238 il Tribunale di FIRENZE rigettava la domanda degli odierni ricorrenti e di altri litisconsorti, tutti dirigenti scolastici a decorrere dall’1 settembre 2007, per la condanna del MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA a corrispondere loro, quale retribuzione dovuta ai sensi degli artt. 3 e 36 Cost., la medesima retribuzione corrisposta ai dirigenti scolastici che avevano svolto le mansioni di “preside” anteriormente alla istituzione del ruolo della dirigenza scolastica (in data 1 gennaio 2001). Dichiarava il difetto di legittimazione passiva dell’ufficio scolastico regionale per la TOSCANA e degli Istituti scolastici convenuti.

2. Osservava che nell’assunto dei ricorrenti la maggiorazione percepita degli ex-presidi, a titolo di RIA o di assegno ad personam, non costituiva una voce di retribuzione legata alla anzianità bensì un trattamento economico strettamente connesso alle funzioni di preside, che nel nuovo regime erano state attribuite al dirigente scolastico; tale differenza, pertanto, faceva parte della retribuzione dovuta ex art. 36 Cost..

3. Tale impostazione non era condivisibile, in quanto le voci RIA ed assegno ad personam erano state previste dal contratto collettivo, nel passaggio al nuovo regime della dirigenza scolastica, per garantire ai presidi la conservazione del trattamento economico già goduto e legato alla anzianità. Si trattava, infatti, degli scatti biennali di cui godevano i presidi, che nel ruolo direttivo avevano elevato nel tempo la loro retribuzione.

4. Non vi era motivo per riconoscere tali voci aggiuntive ai nuovi dirigenti, che, prima del superamento del corso-concorso, non vantavano alcuna anzianità specifica nel ruolo direttivo.

5. Neppure si poneva un problema di discriminazione, essendo ragionevole che le voci aggiuntive fossero riconosciute soltanto a coloro che già erano dirigenti, con le rispettive anzianità nella funzione.

6. La Corte d’appello di FIRENZE, con ordinanza del 14 maggio 2014 dichiarava l’appello inammissibile, ex art. 348 bis c.p.c..

7. Avverso la sentenza di primo grado hanno proposto ricorso i ricorrenti in epigrafe indicati, articolato in un unico motivo, cui ha resistito con controricorso il MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA; l’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE è rimasto intimato.

8. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso per cassazione è inammissibile, siccome tardivamente proposto.

2. A norma dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, nei casi di dichiarazione di inammissibilità dell’appello il termine breve di sessanta giorni, ex art. 325 c.p.c., comma 2, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza

che dichiara l’inammissibilità dell’appello; sul riferimento dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, al termine breve si veda Cass. sez. un. 11.5.2018, n. 11850.

3.Nella fattispecie di causa la ordinanza ex art. 348 bis è stata letta in udienza in data 14 maggio 2014 sicchè si applica il termine breve previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2, decorrente dall’udienza stessa, atteso che la lettura del provvedimento e la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che lo contiene non solo equivalgono alla pubblicazione, ma esonerano la cancelleria da ogni ulteriore comunicazione, ritenendosi, con presunzione assoluta di legge, che il provvedimento sia conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto esserlo (Cassazione civile sez. VI, 05/07/2018, n. 17716).

4. Del resto la parte ricorrente non contesta il dies a qua di decorrenza del termine, dando atto che la ordinanza veniva comunicata il 14 maggio 2014 ma, piuttosto, assume la inapplicabilità del termine di cui all’art. 325 c.p.c., in ragione della previsione dell’art. 133 c.p.c., comma 2, ed, in particolare, del periodo aggiunto dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45, comma 1, lett. b) (secondo cui la comunicazione della sentenza da parte della cancelleria non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.).

5. La disposizione, tuttavia, ha carattere generale sicchè non ha abrogato, per incompatibilità sopravvenuta, la disciplina speciale di cui al richiamato art. 348 ter, contrariamente a quanto argomentato dal ricorrente in memoria.

6. Il ricorso, spedito per la notifica in data 12 novembre 2014, è pertanto tardivo.

7. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza

8. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sssistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 5.500 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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