Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12357 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 17/05/2017, (ud. 01/02/2017, dep.17/05/2017),  n. 12357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10205-2015 proposto da:

P.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEL CORSO 160, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLO

ALESSANDRINI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

U.B.I. UNIONE BANCHE ITALIANE S.C.P.A. (già Banca Lombarda S.p.A.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 70, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO LOTTI, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati ALFREDO BAZOLI, FABRIZIO DAVERIO, SALVATORE FLORIO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 207/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/04/2014 R.G.N. 578/12;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato RAFFAELLO ALESSANDRINI;

udito l’Avvocato ACHILLE BORRELLI per delega verbale Avvocato MASSIMO

LOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 17 aprile 2014, la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Lucca rideterminava nel quantum, confermandola nell’an, la pronunzia del primo giudice di parziale accoglimento della domanda proposta da P.R. nei confronti della UBI – Unione Banche Italiane S.C.p.A., avente ad oggetto il riconoscimento, in relazione alla cessazione del rapporto intrattenuto con la Banca in qualità di promotore finanziario e reclutatore, del premio di portafoglio, del premio di reclutamento e dell’indennità ex art. 1751 c.c..

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, confermato il rigetto delle ulteriori pretese economiche, di dover ridimensionare gli importi degli emolumenti riconosciuti al P. in prime cure, quanto al premio di reclutamento, per essere inferiore il numero e la durata dei rapporti di lavoro dei collaboratori dal medesimo reclutati, quanto al premio di portafoglio, irr ragione della diversa lettura della relativa clausola contrattuale, quanto all’indennità ex art. 1751 c.c., per doversi a questi fini tener conto dei modesti risultati ricavabili dai dati oggettivi della raccolta.

Per la cassazione di tale decisione ricorre il P., affidando l’impugnazione a cinque motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, la Banca.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, posto sotto la rubrica “Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4: nullità del procedimento per errata valutazione delle risultanze istruttorie raccolte nel processo”, il ricorrente lamenta l’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’esame degli atti processuali comprensivi delle deposizioni testimoniali, con specifico riferimento alla disposta riduzione del premio di reclutamento.

Con il secondo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1370 e 1371 c.c. nonchè degli artt. 1175, 1375 e 1748 c.c., lamenta l’erronea applicazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, in particolare per aver omesso la ricerca dell’effettiva volontà delle parti anche con riguardo alla pluralità dei contratti tra le stesse conclusi, con specifico riferimento all’operatività per il secondo anno di mandato della clausola relativa al premio di portafoglio tanto personale che di gruppo.

Con il terzo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1370 e 1371 c.c. nonchè degli artt. 1711 e ss. c.c., lamenta l’erronea applicazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, in particolare per aver omesso la ricerca dell’effettiva volontà delle parti, con specifico riferimento al premio di portafoglio di gruppo.

La violazione e falsa applicazione dell’art. 1751 c.c. è prospettata nel quarto motivo con riguardo alla statuizione della Corte territoriale in ordine alla quantificazione dell’indennità di fine rapporto.

Il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è dedotto nel quinto motivo con riguardo alla decisione di rigetto pronunziata in difetto di qualsiasi motivazione in ordine alla domanda, proposta con appello incidentale condizionato, di riconoscimento dell’indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2225 o, in subordine, art. 2041 c.c. in ipotesi di disconoscimento del diritto al premio di reclutamento e di portafoglio personale e di gruppo per il secondo anno di attività.

Il primo motivo deve ritenersi inammissibile, atteso che la censura sollevata dal ricorrente sub specie nullità della sentenza, per essere questa inficiata da error in procedendo, dato dall’omesso esame delle risultanze istruttorie, si risolve nella prospettazione di un diverso approdo valutativo delle stesse rispetto a quello raggiunto dalla Corte territoriale, di cui questa dà ampiamente conto richiamandosi all’esito della prova testimoniale e, dunque, tutt’al più, in un vizio di motivazione, non più deducibile in questa sede ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nuovo testo.

Di contro infondato si appalesa il secondo motivo, atteso che la pluralità delle intese negoziali cui fa riferimento il ricorrente nell’imputare alla Corte territoriale l’omessa considerazione dell’accordo complessivo, formalizzato in due successivi testi, ai fini della ricerca dell’effettiva volontà espressa dalle parti con riferimento al riconoscimento dei premi di portafoglio e di reclutamento per il secondo anno di attività, non è in realtà configurabile atteso che la lettera inviata dalla Banca al ricorrente in data 6.9.2001 risulta essere, secondo la denominazione utilizzata dalla stesso ricorrente, una mera proposta contrattuale che la Banca si riservava di formalizzare, come poi è puntualmente avvenuto, nella successiva lettera di intenti del 28.9.2001, sicchè correttamente la Corte territoriale ha assunto quest’ultimo testo come espressivo delle effettive intese negoziali raggiunte tra le parti, dandone una interpretazione che si sottrae alle censure qui sollevate per essere, oltre che rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale anche coerente con gli invocati principi di corrispettività e buona fede, trattandosi di un emolumento accessorio rispetto al compenso fissato per l’esecuzione del mandato.

Parimenti infondato deve qualificarsi il terzo motivo dal momento che, mentre si appalesa inconferente la dedotta violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, finendo il ricorrente per confermare l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale in ordine alla clausola relativa al premio di portafoglio di gruppo, risulta ineccepibile la pronunzia della Corte territoriale intesa ad escludere la pretesa disapplicazione della predetta clausola per provenire dalla Banca mandataria e non dal ricorrente la determinazione della percentuale riconosciuta al promotore reclutato, da decurtarsi, in base alla lettura condivisa della clausola medesima, dalla percentuale cumulativa di premio fissata a favore del ricorrente stesso.

Infondato risulta ancora il quarto motivo dal momento che mentre l’applicazione di un criterio equitativo nella determinazione dell’indennità ex art. 1751 si rivela conforme alla legge non risulta neppure fatto oggetto di censura il criterio in base al quale la Corte territoriale è intervenuta in senso riduttivo sulla quantificazione dell’indennità, criterio dato “dai modesti risultati ricavabili dai dati oggettivi della raccolta, nettamente inferiori alle previsioni.

Del tutto infondato è infine il quinto motivo, per essere la pronuncia in ordine alla domanda di riconoscimento di un compenso a titolo di indebito arricchimento per l’attività svolta nel secondo anno di mandato, anzichè omessa, come qui pretenderebbe il ricorrente, implicitamente rigettata in relazione alla pronunzia resa a seguito dell’interpretazione dell’apposita clausola contrattuale qui valutata legittima con il rigetto del secondo motivo.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. Non si fa luogo allo stato al raddoppio del contributo unificato stante l’ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.800,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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