Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12356 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 10/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1369-2020 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DE

SANCTIE n. 15, presso lo studio dell’avvocato BARBARA TRANI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BRESCIA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGEESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 830/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 22/05/2019 R.G.N. 1399/2017; udita la relazione della

causa svolta nella camera di consiglio del 12/01/2021 dal

Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte di Appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 22 maggio 2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da A.S., cittadino del Ghana, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte, conformemente al giudice di primo grado, ha ritenuto: “la vicenda personale narrata dal ricorrente – relativa ad una fuga dal Paese di origine per motivi religiosi – presenta contraddizioni ed incongruenze che ne inficiano gravemente l’attendibilità”;

3. la Corte, poi, ha ritenuto il Ghana “un paese democratico a maggioranza cristiana, nel quale la libertà religiosa è effettivamente tutelata, e normativamente sancita a livello costituzionale”; ha quindi negato al richiedente sia la protezione sussidiaria sia quella per motivi umanitari;

4. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 3 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. il ricorso è radicalmente inammissibile;

esso non solo è privo della esposizione sommaria dei fatti di causa (contenendo piuttosto una stringatissima indicazione dello “svolgimento del processo” del tutto insufficiente allo scopo), in palese violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, (tra le ultime v. Cass. n. 24432 del 2020; Cass. n. 1278 del 2020; in precedenza v. Cass. n. 10072 del 2018), ma anche 42e.ccitè ogni motivo di ricorso è formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deducendo “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”;

si denunciano, pertanto, vizi motivazionali secondo la precedente formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non più sindacabili secondo il novellato testo della disposizione così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014;

con dette decisioni sono stati espressi su tale norma i seguenti principi di diritto (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici): a) la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile frd affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) a parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso;

i motivi in esame risultano irrispettosi di tali enunciati, traducendosi piuttosto nella revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità;

2. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

nulla per le spese in quanto il Ministero non ha svolto attività difensiva; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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