Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12354 del 20/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 20/05/2010), n.12354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato BELTRAME ALESSANDRO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Societa’ di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CORETTI

ANTONIETTA, MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, giusta delega in calce

alla copia notificata del ricorso;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 96/2006 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 12/07/2006 R.G.N. 382/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. NOBILE Vittorio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 16-5-2003 D.M. proponeva opposizione al precetto notificatogli dall’INPS per il pagamento della somma di Euro 6.664,53 a titolo di contributi omessi ed accessori dovuti come artigiano in proprio.

Il ricorrente esponeva che alla base del precetto opposto vi era un decreto ingiuntivo emesso nel 1988 e divenuto irrevocabile, che pero’ detto atto non aveva tenuto conto del fatto che sin dal maggio 1983 egli non era piu’ iscritto all’albo delle imprese artigiane perche’ prestava prevalente attivita’ di lavoro dipendente. Evidenziava, poi, che il credito azionato si era estinto per intervenuta prescrizione.

L’Istituto, in proprio e quale mandatario della Societa’ di Cartolarizzazione dei crediti INPS, si costituiva rilevando che in merito al decreto ingiuntivo non opposto si era formato il giudicato e che comunque il credito azionato ricomprendeva anche periodi anteriori alla cancellazione dall’albo delle imprese artigiane.

Aggiungeva, poi, l’opposto che non era fondata la pretesa dell’opponente in merito all’inefficacia del monitorio e precisava che aveva interrotto ogni termine di prescrizione e, in particolare, quello di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3 in modo rituale e tempestivo.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Udine, con sentenza n. 159/2004, rigettava l’opposizione.

Il D. proponeva appello avverso la detta sentenza, chiedendone la riforma e l’istituto opposto si costituiva e resisteva al gravame.

La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza depositata il 12-7-2006, respingeva l’appello confermando la pronuncia di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle spese.

In sintesi la Corte territoriale affermava che “la sede naturale per proporre i rilievi in merito alla cancellazione era quella dell’opposizione al decreto ingiuntivo, mai pero’ posta in essere” e rilevava che era “onere dell’interessato l’attivarsi per la cancellazione dall’albo delle imprese artigiane, cosa che qui il ricorrente fece invece a distanza di quasi 18 anni”.

Per quanto riguarda, poi, la prescrizione la Corte d’Appello osservava che “vi erano stati qui ben tre atti interruttivi del decorso della prescrizione…prima dell’entrata in vigore, il 1.1.1996, della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10 in tema di prescrizione e che quindi era stato ampiamente fatto salvo il termine decennale di prescrizione previsto nella legge speciale in oggetto”.

Infine il richiamo al disposto dell’art. 252 disp. att. c.c. era “errato perche’ trattasi di norma generale di data anteriore a quelle speciali di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3”.

Per la cassazione di tale sentenza il D. ha proposto ricorso con tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

L’INPS ha soltanto depositato procura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce che la Corte d’Appello, violando l’art. 615 c.p.c., erroneamente si e’ rifiutata di prendere cognizione del fatto, nuovo e sopravvenuto, della cancellazione dall’albo delle imprese artigiane, che, avendo efficacia costitutiva, era “idoneo ad immutare gli elementi del diritto fatto valere dall’istituto procedente”, cosi’ determinando la inesigibilita’ delle somme liquidate nel titolo giudiziale sul presupposto della vigenza del rapporto di iscrizione.

Al riguardo il ricorrente in tal senso formula anche il quesito di diritto, ex art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis.

Il motivo e’ infondato.

In primo luogo rileva il Collegio che, come questa Corte ha ripetutamente affermato, in materia di previdenza a favore degli artigiani e dei commercianti, la cessazione dell’attivita’ commerciale o di quella artigiana comporta l’estinzione dell’obbligo di versare i relativi contributi dalla data della stessa cessazione, indipendentemente dalla notificazione dell’evento prevista ai fini della cancellazione dall’elenco dei prestatori della specifica attivita’ autonoma (v. fra le altre Cass. 24-7-1996 n. 6625, Cass. 15- 10-1998 n. 10218, Cass. 3-7-2001 n. 9006). Del resto la cancellazione di un’impresa dall’albo delle imprese artigiane non ha efficacia costitutiva ed ha effetto dalla data in cui sono venute meno le condizioni necessarie per l’iscrizione (v. Cass. 1-10-1994 n.7991, Cass. 1-10-2002 n. 14094, Cass. 14-11-2002 n. 15996, Cass. 7.6.2003 n. 9174, Cass. 6-8-2003 n. 11892).

Pertanto, poiche’ “il decreto ingiuntivo acquista, al pari di una sentenza di condanna, autorita’ ed efficacia di cosa giudicata sostanziale, in relazione al diritto in esso consacrato tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito” (v. Cass. 12-5-2003 n. 7272), va ribadito il principio secondo cui “in sede di opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) avverso un decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, in quanto non opposto (art. 647 c.p.c.), il debitore non puo’ contestare il diritto del creditore per ragioni che avrebbe potuto, e dovuto, far valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ma puo’ far valere esclusivamente fatti modificativi o estintivi sopravvenuti” (v. Cass. 19-12-2006 n. 27159, Cass. 19-12-2006 n. 27160).

Orbene, non avendo la cancellazione efficacia costitutiva e scaturendo la estinzione dell’obbligo contributivo dalla cessazione dell’attivita’, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che tale fatto estintivo poteva e doveva essere fatto valere in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, non potendo incidere sul giudicato la successiva cancellazione dall’albo delle imprese artigiane pur con effetto retroattivo (in tal senso, con riferimento al giudicato circa la pensione di invalidita’ dell’artigiano che non perde efficacia con la successiva cancellazione dall’albo disposta con effetto retroattivo, v. Cass. 17-8-1977 n. 3768, Cass. S.U. 4-3-1975 n. 807).

Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione della L. n. 335 del 2005, art. 3, comma 10 deduce che tale norma fa salvi i pregressi atti internittivi, ma “cio’ non toglie che dall’intervenuta interruzione decorra un nuovo termine di cinque anni e non di dieci, in ossequio al principio generale secondo cui la legge disciplina i casi successivi alla sua entrata in vigore” ed in tal senso formula il relativo quesito ex art. 366 bis c.p.c..

Anche tale motivo non puo’ essere accolto.

Nella fattispecie, infatti, trattandosi in sostanza di actio iudicato fondata sul decreto ingiuntivo non opposto, la prescrizione era comunque decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c. (ed il decennio dall’ultimo atto interruttivo non si era compiuto).

Peraltro la tesi del ricorrente anche in astratto risulta infondata, giacche’ – con riferimento al credito contributivo – l’atto interruttivo dell’ente previdenziale anteriore all’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995 e’ comunque idoneo a perpetuare il termine di prescrizione decennale (previsto dalla L. n. 233 del 1990, art. 1, comma 6) (v. fra le altre Cass. 9-8-2005 n. 16759, Cass. 18-6-2007 n. 14069, Cass. S.U. 7-3-2008 n. 6173, Cass. S.U. 4-3-2008 n. 5784, Cass. 8-1-2009 n. 157).

Infine con il terzo motivo il ricorrente, in subordine, denunciando violazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 75 disp. att. c.p.c., lamenta che la sentenza impugnata, in assenza di nota spese della parte, illegittimamente ha operato una “liquidazione globale delle spese di causa senza distinzione fra spese borsuali, diritti di procuratore ed onorari di avvocato”.

Il motivo e’ inammissibile per mancanza del quesito di diritto ex art 366 bis c.p.c. (v. fra le altre Cass. 30-9-2008 n. 24339, Cass. 20.6.2008 n. 16941).

Il ricorso va pertanto respinto.

Infine non si provvede sulle spese non avendo l’istituto intimato svolto alcuna attivita’ difensiva (tale non essendo il mero deposito della procura).

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2010

 

 

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