Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12354 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 10/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1251-2020 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CONSOLI n.

62, presso lo studio dell’avvocato ENRICA INGHILLERI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI LIVORNO, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 7736/2019 del TRIBUNALE di FIRENZE,

depositato il 04/11/2019 R.G.N. 8618/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. il Tribunale di Firenze, con decreto pubblicato il 4 novembre 2019, ha rigettato il ricorso proposto da O.E., cittadino nigeriano, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, respinto la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte, dopo aver sentito personalmente l’interessato nel corso dell’audizione dell’11 ottobre 2019, ha ritenuto “il ricorrente… non credibile per le evidenti contraddizioni in cui è incorso e per la assoluta genericità ed inverosimiglianza del racconto”; ha considerato che non fossero configurabili presupposti per il riconoscimento sia dello status di rifugiato che della protezione sussidiaria, anche ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), perchè “nella regione di provenienza del richiedente non si registra, una situazione di violenza indiscriminata di conflitto idonea ad esporre la vita della popolazione ad, un rischio generalizzato”, così come risultava dal rapporto EASO COI del 2018; la Corte, infine, dopo aver ritenuto inapplicabile il D.L. n. 113 del 2018 all’istanza depositata dall’ O. prima del 5 ottobre 2018, ha comunque escluso fossero integrati i presupposti per la concessione della protezione umanitaria secando il regime previgente;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di unà eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione di diverse disposizioni normative assumendo la nullità del decreto impugnato che avrebbe erroneamente applicato “il decreto L. 4 ottobre 2018, n. 113”;

la censura è priva di fondamento perchè – come riportato nello storico della lite – il Tribunale di Firenze ha espressamente negato l’applicazione retroattiva al caso di specie dell’abrogazione del D.Lgs. n. 296 del 1998, art. 5, comma 6, introdotta dal D.L. n. 113 del 2018;

2. il secondo motivo testualmente denuncia, “in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, “violazione e falsa applicazione di legge – D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 14, art. 1 Convenzione di Ginevra; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 2,3, 4 e 5 – D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, art. 8, comma 3 e art. 11 – vizio di motivazione”; si deduce che il Tribunale avrebbe omesso la “disamina” del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non “aver acquisito le necessarie informazioni sulla situazione del paese di provenienza del ricorrente”; si eccepice che difetterebbe “gravemente la motivazione” del provvedimento impugnato nella parte in cui avrebbe negato la protezione umanitaria;

3. le censure, per come formulate, sono inammissibili; il motivo innanzitutto è privo di adeguata specificità, risolvendosi in una mera elencazione di norme, senza l’osservanza del fondamentale principio secondo cui i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte, non articoli specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, avendo il ricorrente l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del giudizio di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione di identificare la critica mossa ad una parte ben specificata della decisione espressa (v., da ultimo, Cass. n. 2959 del 2020; conf. Cass. n. 1479 del 2018); pertanto, se nel ricorso per l’cassazione si sostiene l’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo, si deve chiarire a pena di inammissibilità l’errore di diritto imputato al riguardo alla sentenza impugnata, in relazione alla concreta controversia (Cass. SS.UU. 21672, del 2013); in caso contrario, la censura – pur formalmente formulata come vizio di violazione di norme legge – nella sostanza si traduce in una inammissibile denuncia di errata valutazione da parte del Giudice del merito del materiale probatorio acquisito ai fini della ricostruzione dei fatti, effettuata nell’esercizio di un sindacato non censurabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

in ogni caso i giudici del merito hanno accertato in fatto che nella regione, di provenienza del richiedente protezione non fosse in atto una situazione assimilabile, a quella di un conflitto armato generatore di violenza indiscriminata; lo stabilire se, tale accertamento sia corretto o meno è questione di fatto, come tale incensurabile in questa sede se non evidenziando l’omesso esame di un fatto decisivo o la manifesta irrazionalità della decisione (Cass. n. 6897 del 2020), mentre nella specie si denuncia una violazione e falsa applicazione di legge senza individuar quale sarebbe l’errore di diritto compiuto dalla Corte territoriale; in realtà chi ricorre si limita a prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di, provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perchè si esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e si invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (tra molte, v. Cass. n. 2563 del 2020);

parimenti inammissibile la censura relativa al diniego di protezione umanitaria che, peraltro partendo dal presupposto errato che ha sostanziato il primo motivo di ricorso, non si confronta adeguatamente con la motivazione spesa, sul punto dal Tribunale, traducendosi in una critica del tutto generica;

4. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla per le spese in, quanto il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, dà parte idei ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, le dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove, dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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