Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1235 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23024/2015 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

VINCENZO NICOLOSI, giusta procura in calce del ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 247/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

emessa l’8/01/2015 e depositata il 12/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c..

“La Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dal M. nei confronti della Gan Italia per il pagamento dell’indennità dovutagli a seguito dell’incendio (e della distruzione) della propria autovettura.

Propone ricorso per cassazione il M., affidandosi a tre motivi; l’intimata Groupama (già Gan Italia s.p.a.) non svolge attività difensiva.

Col primo motivo, il M. deduce la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1913 e 1915 c.c. e si duole che la Corte non abbia accertato se l’inosservanza dell’obbligo di avviso avesse avuto carattere doloso o colposo (rilevando come la seconda ipotesi comportasse soltanto una riduzione dell’indennità) e non abbia valutato se le diverse modalità di avviso adottate dall’assicurato (che si era limitato ad informare verbalmente l’agente della società assicuratrice) potessero considerarsi equipollenti dell’avviso scritto contrattualmente previsto.

Col secondo motivo (“vizio di motivazione circa la mancata valutazione del ritardo dell’avviso come comportamento consapevole e voluto dall’assicurato”), il ricorrente si duole che la Corte non abbia considerato che l’assicuratrice non aveva provato nè chiesto di provare che l’inadempimento dell’obbligo di avviso era stato doloso e che non era emersa “una effettiva compromissione della possibilità di accertare le cause del sinistro e l’entità del danno con conseguente suo pregiudizio”; aggiunge che, ricevuto l’irrituale avviso verbale, l’assicuratore avrebbe dovuto comunque attivarsi, in base al principio di buona fede oggettiva, “al fine di contenere i potenziali effetti pregiudizievoli per controparte di tale comportamento non pienamente adempiente”.

Entrambi i motivi sono inammissibili.

Il primo, in quanto insiste sul tema dell’elemento soggettivo senza specificamente censurare la ratio della decisione, sostanziata dall’affermazione che, “indipendentemente da ogni valutazione, ai sensi dell’art. 1915 c.c., del dolo e della colpa”, la perdita del diritto all’indennizzo conseguiva all’inadempimento della clausola 27 della polizza, che imponeva il duplice obbligo di dare avviso scritto e di consentire l’ispezione del veicolo.

Parimenti inammissibile è il secondo motivo in quanto non deduce l’omesso esame di fatti decisivi (secondo il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis), ma si limita a prospettare la possibilità che una diversa valutazione delle condotte delle parti – e dei loro effetti – conducesse la Corte a ritenere irrilevante il mancato adempimento dell’obbligo di dare tempestivo avviso scritto.

Il terzo motivo – attinente al quantum – è formulato senza indicazione di uno specifico vizio e risulta comunque privo di interesse a fronte dell’inammissibilità dei primi due.

Si propone pertanto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza condanna alle spese (in difetto di attività difensiva da parte della intimata)”.

A seguito della discussione svolta in Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, senza condanna alle spese di lite.

Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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