Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12347 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32795-2018 proposto da:

K.E., elettivamente domiciliata in ROMA, via Machiavelli

50, rappresentata e difesa dall’avvocato DI MAGGIO ANTONIA;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DI FROSINONE;

– intimato –

avverso l’ordinanza del 7 giugno 2018, numero 14877, della CORTE DI

CASSAZIONE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – K.E. ricorre per revocazione, illustrata da memoria, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, nei confronti della Prefettura di Frosinone, contro l’ordinanza del 7 giugno 2018, numero 14877, di questa Corte, di rigetto del ricorso spiegato per tre motivi avverso ordinanza del Giudice di pace di Frosinone del 4 aprile 2017 reiettiva del ricorso avverso decreto prefettizio di espulsione.

2. – Non svolge difese l’amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il ricorso denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 111 Cost., nonchè agli artt. 156 e 159 c.p.c., e all’art. 702 bis c.p.c., comma 3, addebitando all’ordinanza impugnata di questa Corte, a fronte del primo motivo di ricorso per cassazione, con cui si lamentava la nullità del decreto di espulsione “stante l’assenza di attestazione di conformità della copia notificata”, motivo rigettato “avendo il GDP accertato che l’atto notificato al ricorrente “non è una copia informale e libera ma un atto originale sottoscritto dal Prefetto””, un errore revocatorio consistito: “nell’aver ritenuto: 1) che il Giudice di pace avesse svolto, sul punto, accertamenti; 2) che all’esito degli stessi, l’atto notificato alla ricorrente sarebbe risultato redatto e sottoscritto in forma originale”, il tutto contrariamente al vero.

RITENUTO CHE:

5. – Il ricorso è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, l’errore revocatorio, il quale ricorre quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, si svela nel contrasto – tale da presentarsi in termini di esclusione reciproca – tra la rappresentazione di un fatto (o di un complesso di fatti) univocamente emergente dagli atti e dai documenti e la supposizione del medesimo fatto (o complesso di fatti) posta a base della decisione del giudice: si tratta insomma di una falsa percezione della realtà, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia condotto il giudice, per effetto di una sorta di abbaglio, ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo invece incontestabilmente escluso dagli atti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli stessi atti risulti al contrario positivamente accertato (Cass. n. 6669/2015; Cass. n. 321/2015; Cass. n. 17443/2008), sempre che, naturalmente, alla stregua del dato nottnativo, il fatto oggetto dell’errore non sia stato oggetto del dibattito processuale su cui la pronuncia impugnata abbia deciso (Cass. n. 9416/1997; Cass. n. 12194/1993).

Nel caso in esame, non solo la Corte non è affatto incorsa in alcun errore di percezione, ma la circostanza su cui l’errore, secondo la parte ricorrente, sarebbe caduto era per l’appunto quella posta al centro del motivo di ricorso per cassazione, oggetto dunque di dibattito processuale, su cui l’ordinanza impugnata ha preso posizione, disattendendo la censura in proposito spiegata: e l’ha disattesa – non già, evidentemente, procedendo all’accertamento di merito se si trattasse di copia o di originale, accertamento esulante, è superfluo dire, dai limiti della cognizione del giudice di legittimità, bensì limitandosi a prendere atto di quanto scritto nell’ordinanza del giudice di pace, alle righe 7-11 della parte motiva, ove si legge che: “la ricorrente lamenta di aver ricevuto una semplice copia del decreto di espulsione privo dei caratteri di autenticità come prescritto dalla legge; al riguardo va detto che l’atto notificato al ricorrente non è una copia informale e libera dell’atto ma un atto originale sottoscritto dal Prefetto e per questi motivi rispondente ai dettami degli artt. 2714 c.c. e ss.”.

Dunque è il Giudice di pace ad aver ritenuto che non di copia ma di originale si trattasse, sicchè l’addebito di erronea percezione del fatto è totalmente priva di fondamento, e l’impugnazione è rivolta a rimettere in discussione – peraltro solo in questa sede, giacchè il motivo di ricorso per cassazione originariamente spiegato non si cimenta punto con l’affermazione poc’anzi trascritta, se non con la frase in parte generica ed in parte incomprensibile secondo cui “le argomentazioni del Giudice di prime cure non colgono nel segno poichè il riferimento all’art. 2174 c.c. (sic: n.d.e.) appare incongruo ed incompleto poichè non tiene conto che le stesse devono essere “spedite nelle forme prescritte” ovvero mediante necessaria attestazione di conformità all’originale” (così a pagina 6 del ricorso per revocazione) l’accertamento del giudice di merito al riguardo svolto.

4. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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