Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12346 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33753-2018 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO RIZZATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2726/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 19 giugno 2017, la Corte di appello di Milano respinse il gravame proposto da I.A. contro la decisione del tribunale di quella stessa città reiettiva della sua domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale o di quella umanitaria.

1.2. In estrema sintesi, quella corte condivise la valutazione del giudice di prime cura quanto alla inattendibilità delle dichiarazioni dell’istante e ritenne che i motivi da lui addotti a sostegno delle sue richieste non ne consentivano l’accoglimento.

2. Avverso la descritta sentenza I.A., premettendo di aver appreso del suo deposito solo in data 8.11.2018, tanto non essendogli stato comunicato dal suo difensore, ricorre per cassazione chiedendo di essere rimesso in termini ed affidandosi ad un motivo, rubricato “violazione delle norme di diritto: D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. A), e artt. 7 e 14”, ascrivendo alla corte distrettuale di aver erroneamente giudicato non credibili le sue affermazioni, senza considerare il generale contesto del suo Paese di provenienza, così negandogli l’invocata protezione. Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile perchè tardivo, essendo stato notificato al Ministero predetto il 21 novembre 2018, ben oltre il termine semestrale (cd. lungo), ex art. 327 c.p.c., comma 1, decorrente dalla pubblicazione della impugnata sentenza, risalente al 19 giugno 2017.

1.2. I.A. ha chiesto la rimessione in termini, deducendo di aver appreso del deposito di quest’ultima solo in data 8.11.2018 (allorquando la Questura di Vicenza aveva rilevato la sua irregolarità sul territorio italiano), tanto non essendogli stato comunicato dal suo difensore costituito in sede di gravame.

1.2.1. Una tale richiesta, benchè ammissibile anche relativamente all’impugnazione per cassazione Cass., SU, n. 32725 del 2018; Cass. n. 30152 del 2018; Cass. n. 23836 del 2012; Cass. n. 22245/2010), non è meritevole di accoglimento.

1.2.2. Essa, infatti, presuppone comunque una documentata causa non imputabile riferibile ad un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non già una impossibilità relativa, nè, tantomeno, una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (cfr. Cass. n. 30152 del 2018; Cass. n. 8216 del 2013).

1.2.3. Nella specie, invece, il ricorrente ha esclusivamente dichiarato che il suo difensore nel giudizio di appello non lo aveva informato dell’avvenuto deposito della decisione oggi impugnata. La decadenza processuale è stata, dunque, determinata da mera difficoltà (difetto di tempestiva comunicazione tra il difensore all’epoca e l’interessato), inidonea a giustificare la richiesta rimessione in termini.

1.3. Infine, rileva il Collegio che la formulata “istanza di sospensiva” volta ad ottenere che la Questura di Vicenza, “valutata la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 700 c.p.c., conceda, in favore del ricorrente, un permesso di soggiorno temporaneo fino alla definizione del giudizio per il riconoscimento dello status di rifugiato” risulta affatto inammissibile in questa sede (cfr. Cass., SU, n. 14503 del 2013).

2. Non necessita alcuna pronuncia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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