Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12346 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/05/2017, (ud. 12/04/2017, dep.17/05/2017),  n. 12346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.A., rappr. e dif. da se stesso e dall’avv. Vittorio

Cosentino, elett. dom. presso lo studio del secondo in

Castrovillari, via Galeno n.8, come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO R.F. e A.A., in persona del

cur.fall. p.t.;

– intimato –

per la cassazione del decreto App. Catanzaro 11.9.2015 in R.G. n.

428/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 12 aprile 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

vista la memoria del ricorrente;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del Primo

Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. C.A. ha impugnato il decreto App. Catanzaro 11.9.2015 con cui venne rigettato il suo reclamo avverso il diniego collegiale 20.5.2015 di non approvazione del rendiconto da parte del Tribunale di Castrovillari;

2. anche il giudice del reclamo riconobbe che, dal documento illustrativo delle proprie attività e della gestione, depositato ex art. 116 L.f. a seguito della cessazione volontaria dalla carica e quale condizione per potere accedere ad una liquidazione del compenso nel frattempo richiesto, non era possibile evincere le attività svolte dal predetto, già curatore del fallimento R.F. e A.A. per un ventennio, dal 1989 sino al 2009;

3. gli addebiti consistevano nella impossibilità di ricostruire – oltre due modesti prelievi – le altre operazioni di utilizzo dei fondi bancari attinenti alla procedura, mancando i corrispondenti provvedimenti autorizzativi del giudice delegato, la prova della dedotta destinazione a terzi delle somme e in generale essendo impedito un adeguato controllo sulla gestione del patrimonio (costituito per oltre 1 miliardo Lit da immobili);

4. con gli otto motivi, si adduce l’erroneità del provvedimento per non aver considerato che: a) la disciplina dei prelievi nel conto intestato al fallimento escludeva che essi potessero avvenire senza autorizzazione del giudice delegato o prescindendo dalle istanze del curatore, con copia in cancelleria, rendendosi perciò irrilevante che i relativi documenti non fossero stati rinvenuti; b) operava in tema un sillogismo che dalla doverosità legale delle autorizzazioni avrebbe dovuto condurre alla considerazione presuntiva di legittimità del prelievo bancario, oggetto di istanza, autorizzazione giudiziale e finale ordine; c) non sussisteva alcun onere del curatore di conservare copie degli atti relativi alle spese effettuate per conto della procedura; d) era mancato un ordine di esibizione alla banca di produrre copia delle autorizzazioni, giustificative dei prelievi, così impedendosi la ricostruzione degli atti assenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. la corte d’appello ha confermato che il rendiconto del curatore cessato non poteva essere approvato perchè, nonostante l’invito alla relativa integrazione, il ricorrente non era stato in grado di documentare i giustificativi di spesa connessa ai prelievi dal conto bancario della procedura, indicat4 in euro 7.883,47 ma poggianti su due sole autorizzazioni del giudice delegato, date per 745,18 e 134,28 euro;

2. la non approvazione si connetteva più in generale – e gravemente – all’impossibilità di ricostruire in modo ordinato l’attività svolta nei venti anni della propria attività;

3. il ricorrente non mostra di avere censurato la complessa ratio decidendi della pronuncia, per un verso limitandosi ad invocare una sicura esistenza delle autorizzazioni giudiziali alle proprie spese in virtù del funzionamento in astratto del conto di deposito delle somme di pertinenza della procedura e, per altro verso, eccependo che la tenuta da parte della cancelleria dei documenti lo avrebbe esonerato dal dover provare il fondamento della propria attività;

4. si tratta di censure non all’altezza della motivazione adottata dal giudice di merito, perchè inconferenti rispetto alle contestazioni specifiche subite;

5. in tema, osserva il Collegio che la corte si è conformata al principio per cui le “contestazioni rivolte al conto debbono (…) essere concrete e specifiche, non potendo consistere in astratte enunciazioni, ma dovendo puntualizzare le vicende ed i comportamenti imputati al curatore, nonchè le conseguenze, anche solo potenzialmente dannose, che ne siano derivate, così da individuare la materia del contendere e consentirgli un’efficace esplicazione del suo diritto di difesa” (Cass.7320/2016);

6. premessa la lunga durata dell’incarico, al curatore C. è stato invero riferito di non aver permesso, dal suo rendiconto, di poter ricostruire sia specifiche operazioni di prelievo (e ciò, nonostante le ricerche e le informazioni anche del nuovo curatore), rimaste dunque senza alcuna causa giustificativa e prova di corretto iter approvativo, ma nemmeno, più in generale, gli introiti di affluenza sul conto fallimentare e l’insieme della gestione patrimoniale, non verificabile nel procedimento avviato ex art. 116 l.f.;

7. sulla base del principio per cui “il giudizio di approvazione del rendiconto presentato dal curatore ha ad oggetto, ai sensi dell’art. 116 legge fall., la verifica contabile e, l’effettivo controllo di gestione, cioè la valutazione della correttezza dell’operato del curatore, della sua corrispondenza a precetti legali e ai canoni di diligenza professionale richiesta per l’esercizio della carica e degli esiti che ne sono conseguiti” (Cass. 21653/2010, 16019/2008), può peraltro osservarsi che i profili di censura all’altezza dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 sono autonomamente inammissibili, avendo il giudice di merito espresso un compiuto apprezzamento di fatto non più esaminabile in questa sede (Cass. s.u. 8053/2014), oltre che una selezione dei mezzi di istruzione condizionata negativamente dai limiti di allegazione del ricorrente.

8. non sussistono gli estremi per la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza, posto che le controparti non si sono costituite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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