Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12345 del 15/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2016, (ud. 16/03/2016, dep. 15/06/2016), n.12345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.L. C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

; domiciliati in ROMA, PIAZZA

DI SPAGNA 90, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO FELICI, che

li rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS); in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 338/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 27/03/2010 R.G.N. 1036/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato FELICI ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 27 marzo 2010) respinge l’atto di appello unico di C.L. e dei numerosi litisconsorti indicati in epigrafe avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 856/2007, che a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dai medesimi onde ottenere – nella qualità di insegnanti di scuola pubblica in servizio nella Provincia di Firenze – la condanna del Ministero dell’Istruzione – Ufficio scolastico provinciale per la Provincia di Firenze alla corresponsione, in loro favore, delle indennità di vacanza contrattuale del C.C.N.L. Comparto scuola (scaduto il 31 dicembre 2001), maturate dall’1 aprile 2002 e dall’1 luglio 2002.

La Corte d’appello di Firenze, per quel che qui interessa, precisa che:

a) l’indennità di vacanza contrattuale è da qualificare come un elemento provvisorio della retribuzione, in relazione alla disciplina dell’Accordo interconfederale del 23 luglio 1993;

b) il nuovo contratto sottoscritto il 24 luglio 2003 (per il quadriennio normativo 2002/2005 e per il primo biennio economico 2002/2003) aveva effetto dal giorno 1 gennaio 2002 per la parte economica;

c) con l’entrata in vigore di tale disciplina non era più prospettabile un’indennità di vacanza contrattuale in quanto ogni aspetto retribuivo concerneva il pagamento degli arretrati in forza dei miglioramenti stipendiali riconosciuti retroattivamente e quindi con decorrenza dalla suddetta data dell’1 gennaio 2002;

d) pertanto, al momento della presentazione del ricorso introduttivo del presente giudizio – nel marzo 2007 – non era più nemmeno ipotizzabile il richiesto diritto dei lavoratori ad una indennità di vacanza contrattuale in quanto il periodo di vacanza o carenza contrattuale apertosi il 31 dicembre 2001 si era chiuso con la sottoscrizione del nuovo contratto che aveva previsto la retroattiva decorrenza dei miglioramenti stipendiali pattuiti in sede di rinnovo, con i quali non era cumulabile in alcun modo l’anzidetta indennità.

2. Il ricorso di C.L. e dei numerosi litisconsorti indicati in epigrafe domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo; resiste, con controricorso, il Ministero dell’Istruzione, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Sintesi del ricorso.

1. Con l’unico complesso motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e di contratti collettivi, nonchè motivazione omessa e contraddittoria.

Si sostiene che l’indennità di vacanza contrattuale è da configurare come un compenso risarcitorio in favore del lavoratore, compensativo del ritardo delle parti contraenti nel perfezionamento e nella conclusione delle trattative dirette al rinnovo del contratto collettivo.

La Corte territoriale avrebbe confuso, in violazione delle regole ermeneutiche, l’istituto denominato indennità di vacanza contrattuale con la normale retribuzione. La previsione contrattuale non rimanda ad una successiva contrattazione la determinazione dell’an e del quantum del diritto, e stabilisce invece il diritto alla corresponsione dell’indennità come istituto autonomo e distinto rispetto agli aumenti retributivi in ipotesi previsti dalla successiva contrattazione, attribuendo alla indennità un “puro valore risarcitorio e sanzionatorio”. In questo senso si esprime il quesito di diritto formulato a corredo del motivo, che – pur non essendo il presente ricorso soggetto, ratione temporis, alle prescrizioni dell’art. 366 bis c.p.c., trattandosi di impugnazione avverso sentenza pubblicata dopo il 4 luglio 2009 – è utile quale momento di sintesi delle censure.

Si critica poi, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’affermazione della sentenza impugnata relativa alla compensabilità dell’indennità con gli arretrati salariali stabili della contrattazione collettiva successiva.

2. Esame delle censure.

2. Il motivo è infondato, secondo quanto già affermato da questa Corte in numerose controversie analoghe alla presente, con indirizzo cui il Collegio intende dare continuità (vedi, per tutte: Cass. 15 aprile 2014, n. 8803; Cass. 5 maggio 2014, n. 9581; Cass. 18 aprile 2014, n. 9066; Cass. 21 maggio 2014, n. 11236; Cass. 3 novembre 2014, n. 23348; Cass. 4 novembre 2014, n. 23486; Cass. 25 novembre 2014, n. 25046; Cass. 16 luglio 2015, n. 14892).

La Corte territoriale ha fondato la sua decisione sul disposto del C.C.N.L. 1998/2001, art. 1, punto 5, secondo cui “Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza della parte economica del presente contratto, ai dipendenti del comparto sarà corrisposta la relativa indennità, secondo le scadenze previste dall’accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993”.

Per il richiamato Protocollo d’intesa sul costo del lavoro, contenente la disciplina generale dell’istituto della vacanza contrattuale: “Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di scadenza del C.C.N.L., ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione. L’importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa la ex indennità di contingenza. Dopo 6 mesi di vacanza contrattuale, detto importo sarà pari al 50% dell’inflazione programmata. Dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del contratto l’indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata. Tale meccanismo sarà unico per tutti i lavoratori”.

La sentenza impugnata ha correttamente sottolineato la rilevanza dei dati testuali forniti dal Protocollo del 1993, che, in primo luogo, definisce l’indennità come “elemento provvisorio della retribuzione” e, inoltre, contiene una specifica previsione secondo cui la suddetta indennità cessa di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo.

Alla luce di questi elementi, correlati alla decorrenza del nuovo contratto, con effetti retroattivi dal giorno 1 gennaio 2002 – che comporta l’applicazione degli incrementi ivi previsti fin da tale data – va condivisa l’interpretazione della disciplina in esame operata dalla Corte territoriale, che esclude la cumulabilità di detti aumenti con l’indennità di vacanza contrattuale, considerando il compenso in funzione di un immediato anticipo sui presumibili e prossimi miglioramenti retributivi conseguibili in sede di rinnovo.

A tale ricostruzione dell’istituto i ricorrenti contrappongono la tesi che attribuisce all’indennità in questione una natura sanzionatoria o di risarcimento presunto in relazione all’ipotesi di protrazione dei tempi dei rinnovi contrattuali.

Ma, come la Corte fiorentina, tale tesi prospetta un’abnorme forma di penale posta a carico di uno solo dei contraenti collettivi, per non aver tempestivamente accettato la “piattaforma” della controparte e, comunque, non trova alcun supporto testuale o sistematico nella disciplina considerata.

3. Conclusivamente, la sentenza impugnata risulta immune dai vizi denunciati, perchè la Corte territoriale, con motivazione congrua e logicamente coerente, ha dettagliatamente esaminato le norme applicabili anche nel loro complesso, offrendo una lettura persuasiva e razionale delle stesse a livello letterale e sistematico.

3. Conclusioni.

4. In sintesi, il ricorso deve essere quindi respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5000,00 (cinquemila/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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