Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1234 del 22/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1234 Anno 2014
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

integrativo
dirigenti Enel

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro teripore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
presso la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n.
12;
– z:icca:rente contro
blASTRANZEID ALEMOD, rappresentato e difeso dall’avv. Fabio Pace,

presso il quale è elettivamente damiciliato in Milano al corso di
Porta Romana n. 89/b;

controzioorrente e ricorrente incidenta/e

avverso la sentenza della Ccumissione tributaria regionale del
Lazio n. 167/33/06, depositata il 19 marzo 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13 giugno 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia per la
ricorrente e l’avv. Ernesto Ce Sanctis per il controricorrente e
ricorrente incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Maurizio Vélardi, che ha concluso per

Data pubblicazione: 22/01/2014

l’accoglimento del ricorso principale per quanto di ragione e per
il rigetto del ricorso incidentale.
SVOIAMIMOD DM PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione,
sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale del Lazio che, rigettandone
l’appello, ha riconosciuto ad Alfonso Mastrangelo, già dirigente
della Enel spa, il diritto al rimborso della maggiore IRPEF,
liquidazione, in data 25 novembre 2000, della rendita relativa
alla pensione integrativa aziendale (PIA).
Ciò in quanto, secondo il giudice d’appello, l’art. 17,
coma 2, del tuir, che regola la tassazione separata del tfr e
delle somme equiparate, all’epoca della liquidazione al
contribuente, risalente al 25 novembre 2000, non conteneva
l’attuale formulazione, introdotta con il 0.1gs. 18 febbraio
2000, n. 47, in vigore dal 11 ° gennaio 2001, e quindi non
assimilava le erogazioni di reddito da capitale a reddito da
lavoro dipendente, per cui ai cd. vecchi iscritti sul rendimento
corrisposto andava applicata l’aliquota del 12,50%.
Il contribuente resiste con controricorso, illustrato con
successiva memoria, ed articola un motivo di ricorso incidentale
condizionato, cui resiste l’Agenzia delle entrate con
controricorso.
MOTIVI DEMIALDECISICNE

I ricorsi, siccome proposti nei confronti della stessa
sentenza, vanno riuniti per essere definiti con unica pronuncia.
Con il primo motivo del ricorso principale
l’amministrazione censura la decisione, sotto il profilo della
violazione di legge, assumendo che le prestazioni in forma di
capitale erogate da fondi previdenziali istituiti prima
dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 non sarebbero
indiscriminatamente soggette al regime di tassazione di cui
all’art. 42, coma 4, del tuir e all’art. 6 della legge n. 482
del 1985, essendo detto regime applicabile esclusivamente alle
prestazioni erogate in dipendenza di contratti di assicurazione
sulla vita o di capitalizzazione, ed essendo le altre prestazioni

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rispetto all’aliquota del 12,5%, versata in relazione alla

soggette all’applicazione del regime di tassazione di cui
all’art. 16, lettera a), del tuir.
Con il secondo motivo, denunciando violazione di legge,
assume che la prestazione di capitale erogata dall’Enel al suo
dipendente in forma di capitale, in forza di accordo individuale
intercorso fra il singolo interessato e lo stesso Enel – in luogo
della prestazione pensionistica aziendale prevista dall’accordo
Enel/Fndai del 16 aprile 1986 – non sarebbe stata corrisposta in
capitalizzazione, con la conseguenza che detta prestazione
sarebbe assoggettabile non già al regime di’ tassazione di cui
all’art. 42, comma 4, del tuir, bensì a tassazione separata in
forza del precedente art. 16, coma 1, lettera a), e ciò in
quanto l’applicabilità dell’art. 42, coma 4, avrebbe presupposto
comunque, pur in presenza del disposto dell’art. 1, coma 5, del
d.l. n. 669 del 1996 che il capitale fosse erogato in dipendenza
di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione.
Con il terzo motivo denuncia omessa motivazione in ordine
alla – implicitamente ritenuta – intervenuta stipula di un
contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione.
Il ricorso principale, i cui motivi vanno esaminati
congiuntamente in quanto legati, è fondato nei termini di seguito
precisati.
La questione del regime fiscale delle somme corrisposte a
titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza
integrativa aziendale erogato dal fondo previdenziale
FONDENEL/P.I.A. è stata recentemente affrontata dalle Sezioni
unite di questa Corte che, con la sentenza n. 13642 del 2011,
resa in controversia analoga, ha chiarito che, “in tema di fondi
previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma
capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca
antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, ad
un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione
di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette
al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati
fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime
di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma , lett. a), e
17 del TUIR, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”

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dipendenza di un contratto di assicurazione sulla vita o di

corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla
cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti
dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del
12,50%; prevista dall’art 6 della legge n. 482 del 1985; b) per
gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica
interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt.
16, coma 1, lett. a), e 17 del TUIR”.
Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo
12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto
e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno
successivo al decimo) si applica, a coloro che siano iscritti
al fondo di previdenza complementare aziendale FONDENEL/P.I.A.
da epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del
1993, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in
capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale,
solo limitatamente agli importi maturati entro il 31 dicembre
2000 che provengano dalla liquidazione del rendimento
finanziario del capitale. Per tale va intenso, come espressamente
precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni
unite (ultima parte del penultimo periodo del paragrafo 6.1), il
“rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, dà parte
del Fondo, del capitale accantonato”.
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è in questi termini
fondato, atteso che la sentenza impugnata ha ritenuto
applicabile l’aliquota del 12,5% ali’ intero importo percepito
dal contribuente a titolo di liquidazione in capitale del
trattamento di previdenza integrativa aziendale; mentre avrebbe
dovuto applicare tale aliquota solo al rendimento imputabile
alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale
accantonato, quantificando il relativo importo in base agli
investimenti concretamente effettuati dal Fondo sul mercato
finanziario, alla stregua delle norme contrattuali via via
applicabili, e delle plusvalenze con essi realizzati.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato il
contribuente, denunciando violazione dell’art. 112 cod. proc.
civ., assume che incorrerebbe nel vizio di extrapetizione e di
omessa pronuncia “il giudice d’appello che, dinanzi ad una chiara

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di cui all’articolo 6 della legge n. 482 del 1985 (aliquota del

domanda rivoltagli, tesa a far dichiarare l’inammissibilità
dell’appello per la novità dei motivi di impugnazione in esso
contenuti, non risponda, nemmeno indirettamente o parzialmente
alla detta domanda”.
Il ricorso incidentale condizionato proposto dal
Mastrangelo è inammissibile.
Dalla sentenza impugnata non è dato evincere la
proposizione, da parte dell’appellato, della relativa eccezione
Il ricorrente incidentale non ha riprodotto i passi degli
atti difensivi interessati, e così non ha ottemperato al
principio di specificità e autosufficienza del ricorso per
cassazione, che deve consentire al giudice di legittimità di
apprezzare l’esistenza del vizio denunciato e di effettuare,
senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo
demandatogli dal corretto svolgersi dell’iter processuale: a tal
fine è necessario, infatti, che nel ricorso stesso siano
riportati, nei loro esatti termini, e non genericamente ovvero
per riassunto del loro contenuto, nel caso di specie, i passi
delle difese di primo grado, e dell’appello dell’amministrazione
con cui la censura ritenuta inammissibile per la sua novità
sarebbero state formulate, nonché delle controdeduzioni in
appello del contribuente, con le quali tale eccezione di
inammissibilità sarebbe stata formulata (cfr. Cass. n. 23420 del
2011).
La sentenza va quindi cassata con rinvio alla Commissione
tributaria regionale perché accerti se e quando, sulla base
delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti
dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul
mercato finanziario, quali siano stati i risultati
dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata
l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni
individuali, e, sulla scorta di tale indagine, quantifichi la
parte della somma complessivamente erogata al contribuente che
corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul
mercato finanziario del capitale accantonato mediante la
contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi,
calcoli l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente,

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di inammissibilità dell’impugnazione.

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l’ammontare del suo credito restitutorio) applicando solo a
tale parte l’aliquota del 12,5%,

secondo la disciplina dettata

dall’articolo 6 della legge n. 482/85; fermo restando, per il
residuo, il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16,
comma l, lett. a), e 17 del tuir.
In conclusione, il ricorso va in tali termini accolto, la
sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata, anche per le
spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale
contribuente determinando l’imposta dovuta secondo i principi
enunciati.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale
e rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione
tributaria regionale del Lazio.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2013.

del Lazio perché si pronunci sulla domanda restitutoria del

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