Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12338 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 10/05/2021), n.12338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23391-2019 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 14, presso lo studio

dell’avvocato ALBERTO MARSILI FELICIANGELI, rappresentata e difesa

dall’avvocato NAZZARENO CIARROCCHI;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SNC, CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 961/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 07/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La s.r.l. (OMISSIS) ricorre per cassazione, affidandosi ad un motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona del 7 giugno 2019, n. 961, reiettiva del reclamo dalla stessa proposto avverso la dichiarazione del proprio fallimento pronunciata dal Tribunale di Fermo il 3 gennaio 2019, su istanza del Fallimento della (OMISSIS) s.n.c.. La curatela fallimentare ed il creditore istante sono rimaste solo intimati.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, la corte distrettuale ha ritenuto che, “a fronte della mancanza di bilanci depositati successivamente al 2014, – nonostante le attività documentate e della ragionevole presunzione che, proprio per effetto dell’assunta contrazione dell’attività, l’indebitamento indicato nell’ultimo bilancio depositato (Euro 930.403,00 esigibili oltre l’esercizio successivo) possa non risultare sanato – la reclamante non è stata in grado di provare l’indebitamento inferiore ad Euro 500.000,00, posto che il richiamo in sentenza all’esposizione debitoria documentata attiene al requisito oggettivo della L. fall., art. 5, e non all’insussistenza dei consistenti debiti risultanti dall’ultimo bilancio ed espressamente indicati come successivamente esigibili”.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il formulato motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., nn. 3) e 5), per violazione e falsa applicazione del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 1”, ascrive alla corte marchigiana di non aver rilevato o di aver letto male le poste di bilancio (“immobilizzazioni finanziarie”; “crediti esigibili entro l’esercizio finanziario successivo” e “oltre l’esercizio finanziario successivo”) al 31.12.2014 conformandole alle successive vicende societarie.

2. Una siffatta doglianza è manifestamente inammissibile.

2.1. Invero, è pacifico che l’istanza di fallimento nei confronti della s.r.l. (OMISSIS) risaliva all’ottobre 2018, sicchè il periodo per il quale andava dimostrato dalla fallenda il possesso congiunto dei requisiti di cui alla L. fall.,art. 1, comma 2, era il triennio 2015-2017 (cfr. Cass. n. 12963 del 2018).

2.2. Costituisce, poi, consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, quello per cui, ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi della L. fall., art. 15, comma 4, costituiscono strumento di prova privilegiato dell’allegazione della non fallibilità, in quanto idonei a chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, senza assurgere, però, a prova legale, essendo soggetti alla valutazione, da parte del giudice, dell’attendibilità dei dati contabili in essi contenuti secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c., sicchè, se reputati motivatamente inattendibili, l’imprenditore rimane onerato della prova della sussistenza dei requisiti della non fallibilità (cfr., ex multis, Cass. n. 25025 del 2020; Cass. n. 18542 del 2020; Cass. n. 24138 del 2019; Cass. n. 30516 del 2018; Cass. n. 23948 del 2018; Cass. n. 13746 del 2017; Cass. n. 24548 del 2016).

2.3. Nella specie, la corte territoriale ha ritenuto indimostrata, ad opera della reclamante, l’insussistenza dei requisiti suddetti, dando atto (e la circostanza è rimasta incontroversa) che l’ultimo bilancio dalla stessa depositato risaliva all’esercizio chiuso il 31.12.2014 (dunque teoricamente ininfluente, posto che anteriore al triennio, 2015/2017, anteriore al deposito dell’istanza di fallimento del 2018, da sottoporre a valutazione) ed opinando che era ragionevole presumere che, proprio per effetto della dedotta contrazione dell’attività, l’indebitamento ivi indicato (Euro 930.403,00 esigibili oltre l’esercizio successivo) potesse risultare non essere stato sanato.

2.2.1. Trattasi, come è evidente, di accertamento fattuale qui non ulteriormente sindacabile, se non per vizio motivazionale (nei limiti in cui, tuttora, lo consente l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione, utilizzabile ratione temporis, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), che avrebbe imposto alla s.r.l. (OMISSIS) di provvedere altrimenti alla dimostrazione della sua non fallibilità, il cui eventuale esito negativo non poteva che risolversi in suo danno.

2.3. Una prova siffatta, però, non è stata fornita, insistendo ancora oggi la ricorrente esclusivamente nel pretendere una diversa lettura di alcune poste del predetto bilancio del 2014. Le corrispondenti argomentazioni, lungi dal dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, investono proprio la complessiva valutazione di quel materiale probatorio: si oblitera, dunque, totalmente che la denuncia di violazione di legge non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 18541 del 2020; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass., SU. n. 10313 del 2006), sicchè la censura si rivela surrettiziamente volta a trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonchè le più recenti Cass. n. 8758 del 2017 e Cass. n. 26300 del 2018; Cass. n. 18541 del 2020).

2.3.1. A tanto deve solo aggiungersi che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo, indicato in precedenza, qui applicabile, riguarda un vizio specifico denunciatile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017).

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo le controparti rimaste solo intimate, e dandosi atto, altresì, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della s.r.l. (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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