Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12337 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32261-2018 proposto da:

N.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato TERESA VASSALLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 3427/2018 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato

il 03/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAMPESE

EDUARDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. N.J. ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso il decreto n. 3427/2018, reso dal Tribunale di Brescia e depositato il 3 settembre 2018, che ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato nei suoi confronti dalla Commissione territoriale. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

1.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale ha ritenuto le dichiarazioni del richiedente inattendibili, e, in ogni caso, non afferenti ad alcuna delle ipotesi che consentono il riconoscimento della protezione internazionale o il rilascio di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Le formulate censure prospettano:

I) “Difetto di motivazione/Motivazione insufficiente”, quanto al mancato riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, assumendosi non essere stata in alcun modo scalfita la credibilità generale del richiedente;

II) “Difetto di motivazione/Difetto di istruttoria”, quanto ai presupposti per la valutazione per il riconoscimento della protezione umanitaria;

III) “Violazione di legge/errata applicazione di legge”, in punto di giudizio di vulnerabilità, anche comparata, quanto alla valutazione dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Il ricorso è inammissibile, posta la non specificità ed incompletezza della procura allegata dal difensore quale ultimo foglio dell’atto (spillato al ricorso), documento nel quale non è indicata la data di rilascio, e così, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, quinto periodo, non risulta la prescritta certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, quale imposta al fine di dar conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato” (cfr., in senso assolutamente analogo, ex multis, Cass. n. 2342 del 2020; Cass. n. 1044 del 2020; Cass. n. 1043 del 2020).

2.1. Deve osservarsi che già questa Corte ha statuito che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per tassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 (Cfr. Cass. n. 17717 del 2018); e, in fattispecie analoga a quella odierna, Cass. n. 30620 del 2019 ha concluso per la inammissibilità della procura su foglio separato e spillato in calce perchè, “niente consente di dire che la procura sia stata giustappunto rilasciata dopo la comunicazione del provvedimento impugnato, atteso che sulla procura anzidetta non risulta apposta nè la data di conferimento, nè attestazione veruna”.

2.2.. Invero, la specialità della norma deriva dalla particolare connotazione pubblicistica che la “certificazione”, quale demandata al difensore, viene ad assumere nel contesto del conferimento della procura; per esso, non si ha, infatti, mera declinazione modale del sistema già congegnato all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3, e all’art. 125 c.p.c., comma 3, demandandosi, invece, al difensore un atto di fidefacienza, con peculiare valore di riscontro, che il conferimento della procura è avvenuto posteriormente alla comunicazione del decreto impugnato; ne deriva che tale “certificazione” implica, di necessità, l’asseverazione qualificata – possibile solo in capo al difensore investito dell’incarico ad impugnare per cassazione ed a ciò abilitato – della presenza del richiedente protezione – di regola – nel territorio dello Stato, così formandosi un documento firmato, a sua volta, in presenza del difensore e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore; la locuzione impiegata (certificazione), rinviando in modo specifico ad un unico soggetto autore della condotta, ed alla correlativa responsabilità, appare, invero, strettamente connessa ad un “modo” predeterminato, scelto dalla legge, di far risultare la posteriorità del conferimento dell’incarico rispetto alla comunicazione del decreto, perciò integrando direttamente, accanto ad una funzione di controllo – come visto – della sottoscrizione e della sua provenienza (e, con essa, della volontà di impugnare, ex art. 83 c.p.c.), una speciale potestà asseverativa, di fidefacienza, attribuita ex lege al difensore abilitato;

2.3. In continuità, dunque, con Cass. n. 1044 del 2020, va ribadito che, in materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta su foglio spillato all’atto) non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera sequenza notificatoria.

2.4. Non vi è necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il Ministero dell’Interno rimasto solo intimato, dovendosi, invece, dare atto, – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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