Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12335 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/06/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 07/06/2011), n.12335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.G. (OMISSIS), anche quale procuratore

generale di G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI PAOLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LORUSSO FLAVIO giusta mandato

alle liti in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 38/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di BARI del 13/5/08, depositata il 20/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO.

La Corte:

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

“La Commissione Tributaria Regionale di Bari, con sentenza depositata il 20.5.2008, accoglieva l’appello proposto da G.G. contro la sentenza di primo grado che, in accoglimento dell’appello del contribuente, annullava per difetto di motivazione un avviso di accertamento di valore, concernente taluni cespiti immobiliari caduti nella successione alla sig.ra D.C.N., dante causa del sig. G..

L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello sulla scorta del seguente unico motivo: Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 637 del 1972, art. 26 e D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34 (art. 360 c.p.c., n. 3):

Secondo la ricorrente la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa nell’errore di diritto (violazione delle norme richiamate nell’epigrafe del motivo) di escludere che l’obbligo di motivazione dell’atto di accertamento impugnato dal contribuente potesse essere assolto attraverso il rinvio ad elementi di fatto e di diritto contenuti negli atti istruttori e, in particolare, nella relazione di stima del valore dei cespiti effettuata dall’UTE, nonostante che fosse pacifico che detta relazione fosse stata allegata all’atto di accertamento.

A conclusione del motivo la ricorrente formulava il seguente quesito di diritto:

Dica codesta SC se in una fattispecie, come la presente, di impugnativa di avviso di accertamento di valore ai fini dell’imposta di successione e dell’INVIM, ove il contribuente denunci il difetto di motivazione dell’atto, erri il giudice de merito che annulli l’atto predetto ritenendo non idoneo ad integrare il requisito motivazionale il mero rinvio alla stima UTE, incontestatamente allegata all’atto accertativo, in assenza della necessaria verifica dell’incidenza del rinvio alla stima UTE sull’effettiva conoscenza delle ragioni della pretesa.

Il contribuente si è costituito con controricorso.

Il ricorso appare inammissibile, perchè la doglianza del ricorrente è del tutto disancorata dalla ratto decidendi della sentenza impugnata, che si fonda proprio sul fatto che la relazione del TUTE non fu resa nota al contribuente (vedi pag. 4 dello sentenza.

sest’ultimo e quint’ultimo rigo: “il riferimento dell’Ufficio alla stima dell’UTE, inoltre, risulta essere non rilevante in quanto la stessa non è stata resa nota neppure sinteticamente al contribuente”).

Il ricorso non censura la sentenza sotto il profilo di un ipotetico vizio di motivazione in ordine all’accertamento di fatto sulla circostanza se la relazione di stima dell’UTE sia stata o meno resa nota al ricorrente, ma – come fatto palese dal quesito – censura un preteso errore di diritto consistente nell’aver ritenuto inidonea la motivazione di un atto di accertamento mediante rinvio ad una relazione allegata all’atto stesso.

Da qui l’inammissibilità del motivo (e, conseguentemente, del ricorso che solo su tale motivo si fonda) ex art. 366 c.p.c., n. 4;

tra le tante, Cass. 3612/2004: La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisimi” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possano rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4″; si veda inoltre, per l’ammissibilità ex art. 366 bis c.p.c. del motivo in cui il quesito di diritto sia scollegato dal decisum impugnato, SSUU 14385/2007.

In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con a declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di collegamento tra motivo del ricorso e ratio decidendi della sentenza impugnata”.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che il contro ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni esposte nella relazione e, pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.100,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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