Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12334 del 15/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 15/06/2016, (ud. 10/02/2016, dep. 15/06/2016), n.12334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17157-2010 proposto da:

D.C.U., nato a (OMISSIS), nella

qualità di amministratore e legale rappresentante della PROGEDIF

SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DEI PARIOLI 76, presso

lo studio dell’avvocato SEVERINO D’AMORE, rappresentato e difeso

dall’avvocato VINCENZO D’ALFONSO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della SCCI CARTOLARIZZAZIONE CREDITI

INPS SPA elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dagli avvocati LUIGI CALIULO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 194/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/03/2009 R.G.N. 505/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Corte di appello di L’AQUILA con sentenza in data 12 febbraio – 12 marzo 2009 rigettava il gravame proposto da D.C.U., nella qualità di l.r.p.t. della PROGEDIF S.r.l., avverso la pronuncia del giudice del lavoro di Avezzano In data 23 maggio 2007, che aveva soltanto in parte accolto l’opposizione della società avverso la cartella esattoriale emessa per il pagamento di contributi previdenziali dovuti all’I.N.P.S., di modo che l’opposta cartella era stata confermata limitatamente all’importo di 13.599,86 Euro, previa compensazione o sgravio da parte dell’Istituto relativamente alla somma di 1097,73 Euro, non dovuta.

In motivazione la Corte distrettuale riteneva che l’appello era comunque generico e che in ogni caso non aveva alcun rilievo per questo giudizio la separata causa tra la società ed alcuni dipendenti o asseritamente tali, decisa dal Tribunale di Avezzano con sentenza emessa il 28 ottobre 2008, visto altresì che il verbale di accertamento, in base alla quale era avvenuta l’iscrizione a ruolo delle somme rivendicate dall’I.N.P.S., non era stato impugnato, sicchè nessun effetto poteva avere nel giudizio di opposizione a cartella quello separatamente svoltosi e non ancora definito.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la PROGEDIF come da atto notificato il 17 giugno 2010, affidato a tre motivi:

1) violazione art. 112 c.p.c. in relazione al 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia in ordine al primo motivo di appello, laddove era stata dedotta la nullità della cartella opposta, poichè emessa in base ad un importo almeno in parte non dovuto, donde la sua Invalidità ab origine;

2) violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sicchè gravava sull’I.N.P.S. la prova di quanto asseritamente dovuto dal contribuente, mentre la Corte si era limitata ad evidenziare sul punto la mancata Impugnazione del suddetto verbale di accertamento, a fronte di quanto peraltro eccepito dall’opponente, che aveva anche prodotto la sentenza del 28 ottobre 2008, la quale aveva accertato l’insussistenza del rapporto di lavoro con F.G. per il periodo oggetto dell’accertamento. Erroneamente era stata ritenuta preclusa l’opposizione, con conseguente accertamento dell’obbligo contributivo, contestato da parte datoriale, per il solo fatto della mancata impugnazione del verbale ispettivo;

3) motivazione insufficiente, apodittica ed illogica in ordine all’omesso esame di un elemento probatorio controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ossia la sentenza del Tribunale di Avezzano n. 211/28-10-2008, tenuto conto dell’onere probatorio a carico dell’INPS, che nella specie però non lo aveva assolto, pur avendo l’opponente compiutamente contestato i fatti costitutivi del preteso credito contributivo, tra cui l’effettiva sussistenza dei periodi asseritamente lavorati dal suddetto F. G. alle dipendenze della ricorrente, posti a base dell’accertamento, per cui invece l’opposta aveva prodotto la sentenza del 28-1018, con il rigetto della domanda avanzata dal lavoratore istante, tenuto conto comunque delle valore delle sentenze, benchè pronunciate in un separato giudizio; carente motivazione sul punto della sentenza d’appello – contrasto con l’art. 2727 c.c., visto che l’unica risultanza probatoria acquisita era data dalla sentenza, però ritenuta irrilevante, emessa dal giudice del lavoro di Avezzano, indiziarla o meno che fosse.

L’I.N.P.S. (in proprio e quale mandatario della società di cartolarizzazione S.C.C.I. S.p.a.) resiste con controricorso, notificato il 26 luglio 2010, eccependo l’inammissibilità del ricorso avversario, perchè fuori termine, a seguito della notifica della sentenza, nell’aprile del 2009, nonchè il difetto di appositi quesiti ex art. 366 bis c.p.c. nella specie ratione temporis dovuti.

Non risultano depositate memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso appare manifestamente inammissibile sotto vari profili, di modo che va comunque dichiarato tale, senza ulteriori Indugi (cfr.

Cass. 3 civ. n. 4342 del 23/02/2010, secondo cui il rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo impone al giudice di evitare comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso e si traducano in un inutile dispendio di energie processuali e di formalità non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dall’effettivo rispetto del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 c.p.c..

Analogamente le Sezioni unite di questa Corte con ordinanzaa n. 6826 del 22/03/2010 ritenevano che il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio.

Parimenti, secondo Cass. sez. un. civ. Sez. n. 26373 del 3/11/2008, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo – derivante dall’art. 111 Cost., comma 2 e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea del diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue, perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 c.p.c., da effettive garanzie di difesa, e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti. In applicazione del principio, quindi la Corte – avendo valutato inammissibile il ricorso in mancanza dell’esposizione sommaria dei fatti, della specificità dei motivi e del rispetto del principio dell’autosufficienza – nella specie riteneva superflua la concessione di un termine per la notifica, omessa, del ricorso per cassazione alla parte totalmente vittoriosa in appello, aggiungendo che la concessione del termine richiesto avrebbe significato avallare un comportamento contrario al principio di lealtà e probità processuale, ex art. 88 c.p.c., atteso che gli istanti erano già in precedenza consapevoli della necessità della stessa).

Ed invero, la sentenza impugnata risulta in atti notificata dall’INPS come da relata del tre aprile 2009 al procuratore all’epoca costituitosi per l’appellante D.C., nella qualità, presso il domicilio a suo tempo eletto in L’Aquila, presso lo studio avv. E. Marinucci, via Pescare n. 2/4, a mani proprie, mentre il ricorso del D.C., nella medesima qualità di amministratore e di legale rappresentante della S.r.l. PROGEDIF, veniva notificato come da relata del 17 giugno 2010, giusta la richiesta in pari data dell’avv. Vincenzo D’Alfonso, quale difensore e procuratore, speciale, dello stesso D.C., nell’anzidetta qualità.

Pertanto, risulta ampiamente violato il termine, perentorio, di giorni sessanta, previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2 pur computando la sospensione tra il 6 aprile ed il 31 luglio 2009, introdotta dal D.L. 28 aprile 2009, n. 39, art. 5, comma 1 bis convertito con modifiche dalla L. 24 giugno 2009, n. 77 (cfr. tra l’altro Cass. 3 civ. n. 24841 del 21/11/2014, secondo cui nel quadro degli interventi urgenti per gli eventi sismici interessanti la Regione Abruzzo il computo del termine di impugnazione ex art. 327 c.p.c. deve tener conto della sospensione tra il 6 aprile ed il 31 luglio 2009, introdotta dal D.L. 28 aprile 2009, n. 39, art. 5, comma 1 bis convertito con modifiche dalla L. 24 giugno 2009, n. 77 ed esteso al compimento di qualsiasi atto che debba svolgersi negli uffici giudiziari interessati, la cui efficacia, pur trattandosi di norma inserita solo con la legge di conversione, decorre dal 6 aprile 2009 attesa la sua ragionevolezza e conformità alla Costituzione in relazione alle inevitabili disfunzioni originate dal sisma, tanto più che, alla data di pubblicazione della legge di conversione, il termine “lungo” ai fini dell’impugnazione non era ancora decorso).

Per di più, i motivi del ricorso in esame difettano dei quesiti e del momento di sintesi, richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., nella specie ancora applicabile Tallone temporis in relazione alla sentenza qui impugnata, depositata il 12 marzo 2009. Infatti, l’art. 366 bis è stato abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), ma per espressa previsione dell’art. 58, comma 5 cit. L. n. 69 “le disposizioni di cui all’art. 47 si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nel casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge (avvenuta il 4 luglio 2009)” (cfr. pure Cass. 5 civ. n. 24597 del 19/11/2014, secondo cui l’art. 366 bis c.p.c., Introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e contenente la previsione della formulazione dei quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso per cassazione, si applica “ratione temporis” ai ricorsi proposti avverso sentenze e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del menzionato decreto, e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione della norma, disposta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47. Cass. lav. n. 26364 del 16/12/2009: la L. n. 69 del 2009, art. 47 con il quale è stato abrogato l’art. 366-bis c.p.c., si applica, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell’art. 58, comma 5 cit. legge, solo con riferimento alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione sia stato pubblicato successivamente alla data di entrata In vigore della legge, dovendosi ritenere manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale di tale disposizione per contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo l’applicabilità delle disposizioni processuali e non appare irragionevole li mantenimento della pregressa disciplina per i ricorsi per cassazione promossi avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in vigore della novella. Conforme Cass. n. 15718 del 18/07/2011.

Cfr., poi, Cass. lav. n. 4556 del 25/02/2009, secondo cui l’art. 366-

bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione del motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice dl legittimità a seconda che si sia in presenza del motivi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 cit. disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione va funzionalizzate, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo li motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si rideve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta Insufficienza rende inidoneo la motivazione a giustificare la decisione.

Cass. 5 civ. n. 2805 del 5/2/2011: Il motivo di ricorso con cui – al sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare li “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un fatto costitutivo, modificativo, Impeditivo o estintivo, ovvero anche un fatto secondario – cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale – purchè controverso e decisivo.

Cass. 5 civ. n. 24255 del 18/11/2011: è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., per le cause ancora ad esso soggette, il motivo dl ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione Indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso dal giudice di merito.

Id. n. 21152 – 08/10/2014: l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'”omessa, Insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per Il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente Inammissibilità delle censure irritualmente formulate).

Dunque, il ricorso va senz’altro dichiarato inammissibile, con la condanna di parte soccombente al rimborso delle relative spese.

PQM

la Corte dichiara INAMMISSIBILE il ricorso e condanna delle spese, che liquida a favore del controricorrente Istituto nella misura di Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi nonchè accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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