Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12333 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. I, 19/05/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 19/05/2010), n.12333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26571/2007 proposto da:

M.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

CAMPESAN Aldo e MONDIN CLAUDIO, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 282/06, della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, del

2/11/06, depositato il 17/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. UMBERTO APICE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è del seguente tenore: “Con ricorso del 7 aprile 2006 M.O. adiva la Corte d’appello di Venezia allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 per effetto della eccessiva durata di un processo instaurato innanzi al TAR Veneto con ricorso del 24 febbraio 1997 e definito con sentenza depositata il 30 agosto 2004, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita con inclusione dell’indennità integrativa speciale.

La Corte d’appello, con decreto del 17 novembre 2006, ha rigettato la domanda. Secondo la Corte d’appello, l’esclusione del M. dal trattamento accordato dalla L. n. 87 del 1994 (promulgata per regolare le conseguenze della sentenza della Corte costituzionale n. 243 del 1993, in tema di liquidazione dell’indennità di fine servizio con l’inclusione dell’indennità integrativa speciale) risultava per tabulas, essendo costui cessato dal servizio anteriormente alla data del 30 novembre 1984 ed avendo avanzato domanda di ammissione al trattamento previsto dalla legge soltanto successivamente alla promulgazione della stessa. La Corte territoriale ha precisato che, anche ammesso che il Passero avesse potuto inizialmente nutrire qualche speranza che la previsione limitativa contenuta nella citata legge potesse essere travolta dal giudizio di costituzionalità provocato nelle more, tale speranza non poteva essere sopravvissuta una volta che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 175 del 5 giugno 1997, aveva risolto negativamente il dubbio di costituzionalità. A tale epoca il processo, pendente da alcuni mesi, non aveva superato il termine di ragionevole durata;

sicchè – ha concluso la Corte d’appello – successivamente a tale data, palese essendo divenuta l’infondatezza della domanda, è da escludere che il ricorrente abbia potuto soffrire l’ansia ed il disagio ricollegabili allo stato di incertezza dell’esito del processo.

Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso il M., affidato ad undici motivi; ha svolto attività difensiva il Ministero della giustizia.

Osserva:

Il primo motivo del ricorso – con cui si censura che la Corte di merito non abbia riconosciuto la sussistenza del lamentato pregiudizio non patrimoniale – è manifestamente fondato.

La Corte d’appello, per escludere il lamentato danno non patrimoniale, ha ritenuto che l’esito infondato della lite fosse evidente in corso di causa allorchè – sopravvenuta la sentenza della Corte costituzionale che aveva respinto la questione di costituzionalità della disciplina limitativa del computo dell’indennità integrativa speciale per chi fosse cessato dal servizio anteriormente ad una certa data – il pensionato non poteva più nutrire alcuna ragionevole speranza sull’accoglimento della domanda proposta.

Così motivando, la Corte d’appello si è discostata dal principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte (v., ad esempio, Sez. 1^, 29 marzo 2006, n. 7139), secondo cui, in caso di violazione del termine di ragionevole durata del processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, a meno che il soccombente abbia promosso una lite temeraria. La promozione di una lite temeraria presuppone che in capo all’attore sussista la piena consapevolezza dell’infondatezza delle propria pretesa al momento dell’introduzione del giudizio. Nel caso di specie, invece, la sorte della disciplina limitativa del computo dell’indennità integrativa speciale per chi fosse cessato dal servizio anteriormente ad una certa data era ancora in dubbio al momento dell’introduzione del giudizio presupposto, essendo allora ancora pendente la questione di costituzionalità dinanzi al Giudice delle leggi. Resta assorbito l’esame degli ulteriori motivi. Pertanto, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, ricorrendone i presupposti di legge”.

2.- Il Collegio condivide il contenuto della relazione e le argomentazioni che la sorreggono e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che si atterrà ai principi innanzi indicati e provvederà sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame e per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

 

 

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