Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12333 del 15/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2016, (ud. 10/02/2016, dep. 15/06/2016), n.12333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16935-2010 proposto da:

C.P., C.F. (OMISSIS), CA.SA.

C.F. (OMISSIS), V.C. C.F. (OMISSIS), in

proprio e nella qualità di legali rappresentanti dell’omonima ditta

individuale e della Autofficina & Autodiagnosi Ca.Sa.

& V.C. s.n.c., succeduta alla ditta

individuale,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI 3, presso lo

studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ESTER DAINA, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante

pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA

29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e

difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, giusta delega

in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 6/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 11/02/2010 R.G.N. 589/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/02/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato DANIELE VAGNOZZI;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO del PROCESSO

La Corte di Appello di Palermo con sentenza in data sette gennaio –

11 febbraio 2010, respinta la preliminare eccezione di I.N.P.S. (anche quale mandatario della società di cartolarizzazione S.C.C.I. S.p.a.), riferita ad omessa tempestiva notifica dell’atto d’impugnazione nel termine di giorni dieci ex art. 435 c.p.c., dichiarava la nullità del provvedimento decisorio, avente forza di sentenza, reso l’otto gennaio 2009 dal giudice del lavoro di Agrigento in relazione a ricorso di opposizione avverso cartella esattoriale, perchè assolutamente immotivato, dichiarando altresì improcedibile lo stesso ricorso, perchè mai notificato, ritenendo che al riguardo non spettasse alcun avviso all’opponente del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, tenuto conto di principi fissati dalle Sezioni unte civili con la sentenza n. 20604 in data 30 luglio 2008 pure in ordine al ricorso di opposizione a d.i., la cui ratio, secondo la Corte palermitana era estensibile anche al giudizio di opposizione a ruolo esattoriale.

Avverso detta pronuncia CA.Sa., in proprio e quale legale rapp.nte dell’AUTOFFICINA & AUTODIAGNOSI CA. S. & V.C., nonchè V.C. e C. P., in proprio e nella indicata qualità, proponevano ricorso per cassazione, mediante atto notificato In data due – otto luglio 2010, assumendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 415, 421, 184 bis c.p.c. alla luce della lettura costituzionalmente orientata fornita dalla pronuncia delle Sez. unite civili n. 20604/08 di questa Corte, per cui hanno chiesto anche, in via preliminare, di sollevare questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 415 c.p.c. in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., per la parte in cui tale norma prevede il decorso dei dieci giorni per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza dalla data dello stesso decreto, segnatamente laddove l’art. 415 non prevede che l’avvenuto deposito del decreto di fissazione sia comunicato e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione a cura del ricorrente.

L’I.N.P.S. si è limitato a depositare procura speciale.

Entrambe le parti sono comparse alla pubblica udienza fissata per il 10 febbraio 2016, peraltro senza depositare memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato, sicchè va accolto, con conseguente cassazione dell’Impugnata pronuncia.

Ed Invero, quest’ultima, pur dichiarando la nullità del provvedimento, avente portata decisoria, con il quale, però del tutto immotivatamente, il giudice adito all’udienza dell’otto gennaio 2009 aveva ritenuto improcedibile il ricorso di opposizione avverso la cartella esattoriale n. (OMISSIS), cionondimeno dichiarava altresì improcedibile tale ricorso In opposizione, poichè non notificato, ritenendo nella specie applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite civili di questa Corte con la nota sentenza del 30 luglio 2008 in tema di appello non notificato (ma sul presupposto della previa comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza di discussione ex art. 435 c.p.c., a sua volta dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non disponeva che l’avvenuto deposito dei decreto presidenziale di fissazione fosse comunicato all’appellante e che da tale comunicazione decorreva il termine per la notificazione all’appellato, con sentenza della Consulta 14 gennaio 1977, n. 15) e soprattutto di omessa notifica del ricorso di opposizione a decreto ingiuntivo.

Senonchè tali principi non si attagliano, invece, all’omessa notifica dell’ordinario ricorso di cui agli artt. 414 e 415 c.p.c., il cui rito, speciale (c.d. del lavoro), applicabile peraltro anche al ricorso contro l’iscrizione a ruolo mediante opposizione davanti giudice del lavoro, entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento (cfr. D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, commi 5 e 6), in base al rinvio ivi operato agli art. 442 c.p.c. e segg., di guisa che nemmeno è dovuta la comunicazione del provvedimento di fissazione a seguito del deposito del ricorso.

Infatti, nel rito del lavoro, in caso di omessa o inesistente notifica dei ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell’udienza, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, per provvedervi così come ampiamente già motivato da questa Corte, sezione lavoro, con sentenza n. 1483 del 20/11/2014 – 27/01/2015: “…Proprio dal principio del “giusto processo”, più di recente, le Sezioni unite sono partite per riesaminare taluni enunciati espressi dal precedente costituito dalla sentenza n. 20604 del 2008, cogliendo l’occasione rappresentata dalla questione dell’omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte in materia di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 (Cass. SS. UU. n. 5700 del 12 marzo 2014). Hanno così affermato “che il principio del giusto processo… non si esplicita nella sola durata ragionevole dello stesso”. Hanno richiamato la dottrina per sottolineare che “occorre prestare altresì la massima attenzione ad evitare di sanzionare comportamenti processuali ritenuti non improntati al valore costituzionale della ragionevole durata dei processo, a scapito degli altri valori in cui pure si sostanzia il processo equo, quali il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio, e, in definitiva, il diritto ad un giudizio”.

OMISSIS…, per risolvere la questione controversa, le Sezioni unite, nella sentenza n. 5700/2014 cit., hanno considerato che “la L. n. 89 del 2001… non contiene una previsione legale tipica che sanzioni con il divieto di accesso alla giurisdizione la omessa notifica del ricorso introduttivo e dei decreto di fissazione della udienza”; che, “a differenza di quelli di Impugnazione o di opposizione a decreto ingiuntivo, il procedimento di cui si tratta non presuppone dall’altro lato la legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un confine temporale rigorosamente predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso”; che “rispetto al processo di appello nel rito del lavoro ed alla opposizione a decreto ingiuntivo, procedimenti di natura impugnatoria, a struttura bifasica,… nel procedimento de quo la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire la instaurazione del contraddittorio, e si configura come una fase caratterizzata da autonomia formale e strutturale rispetto a quella precedente, di proposizione della domanda, che si esaurisce nel deposito del ricorso”. E’ stato poi rammentato “che il principio enunciato dalla sentenza n. 20604 del 2008 è già stato ritenuto non applicabile in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento (SS.UU. n. 25494 dei 2009), di impugnazione di lodo arbitrale (Cass. n. 9394 del 2011), di opposizione al decreto di liquidazione degli onorari al difensore (Cass. n. 2442 del 2011), di procedimenti minerali di cui all’art. 38 disp. att. c.c. (Cass. n. 12983 del 2009)”.

Il complesso delle descritte circostanze ha, dunque, Indotto le Sezioni unite “a discostarsi… dalla soluzione adottata nella richiamata sentenza del 2008… e ad ammettere, invece, la possibilità per il giudice, nel procedimento ex lege n. 89 del 2001, di concedere un nuovo termine, questo sì perentorio, al ricorrente nella ipotesi di omessa o inesistente notifica dei ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza”.

Detto principio, ribadito da Cass. SS. UU. n. 9558 del 2014, è stato prontamente recepito dalle sezioni semplici (v. Cass. n. 8421 del 2014, nonchè Cass. n. 21669 del 2014 In materia di procedimenti camera in grado d’appello).

5.3.- Tenuto conto di tali più recenti approdi giurisprudenziali il Collegio reputa che nella presente controversia possa essere affermato il seguente principio di diritto:

“Nel rito del lavoro, nel caso di omessa o inesistente notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del decreto di fissazione dell’udienza, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, per la rinnovazione della notificazione di tali atti”.

Tanto sulla base delle considerazioni che seguono.

5.3.1.- La fase introduttiva del processo del lavoro, al pari di quella del procedimento per il conseguimento dell’equo indennizzo da durata irragionevole dei processo, non contiene una previsione legale tipica che sanzioni con il divieto di accesso alla giurisdizione l’omessa notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza.

Inoltre, rispetto ad una controversia di lavoro in relazione alla quale non si è ancora instaurato il contraddittorio, non vi è esigenza di tutelare legittime aspettative della controparte al consolidamento, entro tempi certi e brevi, di un provvedimento giurisdizionale già emesso.

Anche il processo del lavoro di primo grado, poi, è strutturalmente diverso rispetto a quello di appello ed all’opposizione a decreto ingiuntivo, aventi natura impugnatoria a struttura bifasica, in quanto in esso la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di consentire l’instaurazione dei contraddittorio e si configura come una fase caratterizzata da autonomia formale e strutturale rispetto a quella precedente, di proposizione della domanda, che si esaurisce nel deposito del ricorso.

Già questi rilievi sarebbero sufficienti a sostenere il principio enunciato in premessa, in considerazione della piena sovrapponibilità di tali ragioni a quelle poste a base della pronuncia della Sezioni unite n. 5700 del 2014.

5.3.2.- Vale la pena aggiungere, rispetto all’assunto di indubbia forza logica contenuto nella sentenza n. 20604 del 2008 per il quale non sarebbe possibile rinnovare un atto inesistente – con la conseguente affermazione secondo cui l’art. 291 c.p.c. è applicabile solo in caso di notifica nulla – che non ha perduto di vigore persuasivo un argomento a lungo praticato da questa Corte, anche a Sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. n. 6841 del 1996; Cass. SS.UU. n. 9331 del 1996).

La notificazione alla controparte costituisce un tassello dell’unitaria e composita fattispecie della vocatio in ius originata dal deposito del ricorso, seguita dall’emanazione del decreto di fissazione dell’udienza e dalla sua conoscenza, culminata nel procedimento notificatorio, per cui l’omessa o giuridicamente inesistente notificazione determina la nullità e non l’inesistenza della complessa fattispecie della vocatio in ius, con conseguente possibilità per il giudice di rinnovarla, emanando un nuovo decreto di fissazione dell’udienza ed assegnando un termine perentorio per la notifica.

Soccorrono tale costruzione i principi processuali contenuti nell’art. 159 c.p.c., per il quale “la nullità di un atto non importa quello degli atti precedenti”, ostando a che le nullità afferenti alle notifiche del ricorso influenzino la validità degli atti precedenti, nonchè nell’art. 162 c.p.c., secondo cui “il giudice che pronuncia la nullità deve dispone, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende”.

Invero, in conformità ai principi generali di conservazione degli atti processuali, di economia dei giudizi e di strumentante del processo, ove il vizio di un atto processuale sia sanabile, la chiusura in rito del processo può avvenire solo dopo che la parte sia stata invitata dal giudice a porvi rimedio, e non lo abbia fatto, perchè il processo deve tendere, laddove possibile, ad una decisione di merito e occorre limitare le pronunce di mero rito ai casi strettamente necessari.

Mentre la declaratoria in rito di improseguibilità dell’azione senza rinnovazione travolge anche il ricorso ed il suo deposito, editto actionis che ha una sua autonomia funzionale rispetto alla successiva vocatio in ius, conclamata dal fatto che essa produce effetti processuali immediati, affatto provvisori, che prescindono dalla notificazione, quali quelli derivanti dalla litispendenza (v. Cass. SS.UU. n. 4676 del 1992, con principio esteso a tutti i procedimenti che si instaurano con ricorso, v. poi Cass. n. 5433 del 1995; Cass. n. 1850 del 1998; Cass. n. 11774 del 1998; Cass. n. 3095 del 1999;

Cass. n. 4686 del 2001; anche in appello v. Casa. n. 5699 del 2007;

v, infine, art. 39 c.p.c., u.c., nella parte introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 3, lett. c), su cui, da ultimo, Cass. SS. UU. n. 23675 del 2014). OMISSIS. In definitiva, dalla distinzione delle due fasi deriva che ogni Interpretazione che facesse derivare dai vizi della seconda conseguenze sulla prima finirebbe contraddittoriamente per negare detta autonomia, formale e strutturale, tra di esse.

5.3.3.- Occorre ancora rilevare che li decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 415 c.p.c., comma 2, non deve essere comunicato alle parti.

Questa Corte ha escluso dubbi di legittimità costituzionale di una tale disciplina affermando che la fattispecie relativa all’incardinamento del giudizio di primo grado è diversa da quella relativa all’impugnazione di atti pregiudizievoli per la parte, concernendo solo la promozione del contraddittorio; pertanto è onere non vessatorio di diligenza e collaborazione della difesa tecnica con l’ufficio giudiziario informarsi dell’emissione del decreto di fissazione dell’udienza (Casa. n. 3251 del 2003).

Tuttavia se parte ricorrente comunque non ha avuto conoscenza del deposito del decreto e, in ragione di ciò, non ha provveduto alla notificazione e chiede l’autorizzazione a rinnovarla, ove venisse seguita l’esegesi qui non condivisa si porrebbe il problema se l’inosservanza dell’onere informativo Incombente sulla difesa tecnica possa essere sanzionato con una pronuncia di inammissibilità o improcedibilità del ricorso.

Va tenuto conto che il legislatore ben può condizionare l’esercizio di atti di difesa giudiziale al rispetto di termini ed al compimento di atti, anche a pena di improcedibilità o di inammissibilità, ma, in ossequio ai principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, non è lecito presumere che una tale conseguenza sia prevista implicitamente in situazioni nelle quali non risulti, al contempo, garantito alla parte onerata dal rispetto del termine la tempestiva conoscenza del momento dal quale essa prende a decorrere (così, da ultimo, ancora Cass. SS.UU. n. 5700 del 2014, ma v. già Cass. n. 5493 del 2012).

Ciò che ha indotto la Corte costituzionale (sent. n. 15 del 1977), nel quadro delle garanzie del diritto di difesa, a dichiarare l’illegittimità dell’art. 435 c.p.c., comma 2, nella parte in cui non dispone che l’avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza sia comunicato all’appellante e che da tale comunicazione decorre il termine di notificazione all’appellato. Si è introdotto così un obbligo di comunicazione dell’avviso di deposito di detto decreto che funge da contrappeso alla sanzione di improcedibilità, obbligo che l’art. 415 c.p.c. invece non prevede.

5.3.4.- Da ultimo, ma non per importanza, resta da chiedersi se impedire la rinnovazione della notificazione omessa o inesistente del ricorso introduttivo del giudizio realmente giovi all’osservanza del canone di “ragionevole durata del processo”.

In realtà, ove di tale principio non si coltivi una visione legata al dato puramente formale della data in cui il singolo affare è iscritto a ruolo e quella In cui viene statisticamente definito, ma si annodi la vicenda processuale alla situazione giuridica sostanziale sottostante, per cui li processo ha durata ragionevole in considerazione del lasso temporale che trascorre tra il momento in cui il cittadino accede ai servizio giustizia ed il momento in cui riceve una pronuncia sul merito del diritto preteso, deve convenirsi che la preclusione alla rinnovazione della notificazione può realizzare effetti distonici rispetto alle finalità che l’art. 111 Cost. intende perseguire.

Infatti, la pronuncia in rito condurrà alla riproposizione del medesimo ricorso, con differimento del tempi processuali tesi ad ottenere una decisione sul merito. Peraltro, salvo che il decorso del tempo non abbia prodotto decadenze o prescrizioni.

Quella pronuncia di merito, unica Idonea a soddisfare l’interesse della parte, che è garanzia di effettività della tutela al sensi dell’art. 24 Così, la quale per la Corte di Giustizia implica che le modalità di attuazione della tutela giudiziaria non debbano rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti (a plurimis, CGUE, 19 settembre 2006 Germany e Amor, C-

392/04 e C-422/04, punto 57; 30 giugno 2011, Meilkke e a., C-262/09, punto 55; Pelati d.o.o. contro Republika Slovenoa, 18 ottobre 2012, n. 603, punto 23 e 25).

Se poi la decisione di rito interviene nelle fasi o in gradi processali successivi, magari azzerando istruttorie e pronunce, l’allungamento della durata del processo rettamente intesa appare inconciliabile con un “processo giusto”.

Come emblematicamente accaduto nella specie, laddove la sentenza in rito della Corte territoriale ha riformato, a distanza di anni dall’introduzione del giudizio, la decisione di merito di primo grado, con ingente dispersione di risorse processuali, riportando le parti al punto di partenza.

OMISSIS…”.

Cfr. peraltro Cass. lav. n. 9222 del 7/5/2015, secondo cui nelle controversie soggette al rito del lavoro, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, previsto dall’art. 415 c.p.c., comma 4, ha natura ordinatoria ed è pertanto prorogabile ad istanza di parte, prima della scadenza, risultando garantite le esigenze del contenimento del processo entro limiti ragionevoli e di salvaguardia del diritto di difesa della controparte dalla natura perentoria del termine per la costituzione in giudizio del convenuto.

V. altresì Cass. lav. n. 26489 del 30/12/2010, ed altre segno analogo, secondo cui nel rito del lavoro il termine di dieci giorni entro il quale l’appellante, ai sensi dell’art. 435 c.p.c., comma 2, deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l’impugnazione, e il decreto di fissazione dell’udienza di discussione non ha carattere perentorio; la sua inosservanza non produce quindi alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perchè non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell’appellato, sempre che sia rispettato il termine che ai sensi del medesimo art. 435 c.p.c., commi 3 e 4, deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello dell’udienza di discussione.

Pertanto, l’impugnata sentenza va cassata, con conseguente necessario rinvio della causa alla Corte di merito, per l’ulteriore corso di legge, uniformandosi ex art. 384 c.p.c. all’anzidetto principio di diritto, che si conferma pure in reazione all’opposizione all’iscrizione a ruolo, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, commi 5 e 6 di guisa che, In caso di omessa o inesistente notifica del ricorso introduttivo del giudizio e del relativo decreto di fissazione dell’udienza, è ammessa l’assegnazione di un nuovo termine, perentorio, allo scopo di provvedere alla notificazione stessa.

All’esito del giudizio di rinvio saranno, altresì, regolate le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Palermo in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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