Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12332 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9446-2020 proposto da:

K.B., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato LIANA NESTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 91/2020 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 10/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI

ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Cagliari, K.B., cittadino della Costa d’Avorio, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegatagli dalla competente Commissione territoriale. Con decreto depositato il 24 giugno 2016, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Con sentenza n. 91/2020, depositata il 10 febbraio 2020, la Corte d’appello di Cagliari rigettava l’appello proposto da K.B.. La Corte escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non attendibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale sentenza K.B. ha, quindi, proposto ricorso nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a due motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586; Cass., 07/07/2017, n. 16921).

2. Nel merito, va rilevato che, con il primo motivo di ricorso, K.B. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8,13 e 27, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello non abbia riconosciuto il diritto del richiedente alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. c), sebbene – sulla base di fonti internazionali, in particolare il rapporto EASO 2019 – fossero riscontrabile in Costa d’Avorio una situazione di violenza indiscriminata, derivante dal conflitto tra due opposte fazioni politiche.

2.2. Il mezzo è inammissibile.

2.2.1. Va osservato che, ai fini dell’accertamento della fondatezza della domanda in esame – fondata sull’allegazione di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona, una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale, in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312; Cass., 22/05/2019, n. 13897; Cass., 21/10/2019, n. 26728; Cass., 20/05/2020, n. 9230; Cass., 30/06/2020, n. 13255).

Nel caso concreto, la Corte d’appello ha accertato – con ricorso a fonti internazionali aggiornate al 2020 (sito del Ministero degli Affari Esteri del 10 gennaio 2020, ECOI del 2020), citate nel provvedimento – che la regione di provenienza dell’istante è immune da situazioni di violenza indiscriminata derivanti da un conflitto armato interno o internazionale, essendo in corso ormai da tempo un progressivo processo di pacificazione tra le opposte fazioni politiche ed essendo le criticità, ancora sussistenti in materia di sicurezza, derivanti per lo più da atti di criminalità comune. Per contro, la censura non allega elemento alcuno – in ipotesi sottoposto al giudice di merito, e non considerato – idoneo ad inficiare siffatta valutazione, limitandosi ad allegazioni di merito ed a deduzioni generali e di principio sul regime giuridico della forma di protezione in esame.

3. Con il secondo motivo di ricorso, K.B. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Si duole il ricorrente del fatto che la Corte territoriale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la forma residuale di protezione costituita dalla protezione umanitaria.

3.2. Il mezzo è inammissibile.

3.2.1. Va rilevato che il giudice territoriale ha motivato il diniego di tale forma di protezione – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha allegato seri profili di integrazione sociale nella realtà italiana, non reputando sufficiente la mera prestazione di lavoro a tempo determinato. Del resto l’accertata non attendibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto la Corte a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione di scarsa integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).

3.2.2. A fronte di tali motivate conclusioni del giudice di appello, il ricorrente – al di là di deduzioni di principio circa la forma di protezione in questione e della riproposizione di quanto già prospettato nella fase di merito non ha in alcun modo dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

 

 

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