Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12331 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso proposto da:

QUASAR SUD TELECOMUNICAZIONI s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr.

e dif. dall’avv. Luca Bavoso, avviucabavosolegalmail.it, elett. dom.

in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, come da

procura in calce all’atto;

– ricorrente –

Contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE s.p.a., in persona del proc.spec.,

rappr. e dif. dall’avv. Carmela Parisi, elett. dom. presso il suo

studio in Roma, via F.Cesi n. 21 (studio Ferragina & Parisi),

parisi.ipec.fplex.it, come da procura in calce all’atto

-controricorrente-

per la cassazione del decreto App. Catanzaro 3.4.2017, n. 957/2017,

R.G. 1160/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 26 febbraio 2020 dal Consigliere relatore Dott. Massimo

Ferro.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. QUASAR SUD TELECOMUNICAZIONI s.r.l. (QUASAR) impugna il decreto App. Catanzaro 3.4.2017, n. 957/2017, R.G. 1160/2016, che ha accolto il reclamo di EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE s.p.a. (EQUITALIA) avverso il decreto del Trib. Catanzaro 23.11.2016 già dichiarativo della insussistenza della giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana, adita per la pronuncia di fallimento della ricorrente, in favore della giurisdizione ungherese; riconoscendo la fittizietà del trasferimento all’estero e i presupposti per la dichiarazione di fallimento, la corte ha conseguentemente rimesso gli atti al tribunale ai sensi dell’art. 22 L. Fall.;

2. per la corte risultavano: a) debiti fatti valere da Equitalia e risalenti al periodo 2006-2012, pari a circa 830 mila Euro (su un passivo di quasi 1 milione Euro) dunque anteriori alla delibera formale di trasferimento della sede in Ungheria (11.11.2013), debiti poi rateizzati ma senza adempimento; b) l’amministratore e il socio unico della s.r.l. erano cittadini italiani, residenti in Italia e con il primo dichiaratamente non interessato alla gestione; c) la sussistenza in Italia, ad ottobre 2016, di un conto corrente attivo, con riferimento degli estratti alla vecchia sede in Catanzaro, un’ipoteca volontaria concessa su immobile nello stesso Comune e iscritta a garanzia di un mutuo pendente, il difetto di altri elementi di collegamento e operatività con l’Ungheria, salvo singole operazioni e attività; d) il trasferimento in epoca di crisi già percepibile, stante l’epoca dei debiti citati (2014) e dunque la strumentalità al fine di sottrarsi al fallimento, derivandone, complessivamente, il superamento della presunzione di corrispondenza tra sede legale e centro effettivo degli interessi della società;

3. con il ricorso, in unico motivo, si contesta la decisione denunciando il difetto di giurisdizione del giudice italiano, con violazione degli artt. 9 L. Fall., 3 Reg. CE 1346/2000, nonchè vizio di motivazione sul trasferimento di sede all’estero.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. il ricorso è inammissibile, laddove, invocando la natura di sostanziale sentenza del decreto assunto dalla corte d’appello ai sensi dell’art. 22 L. Fall., ed in punto di accoglimento del reclamo, omette di considerare che, per esso, la citata disposizione – come in generale l’art. 111 Cost., comma 7, secondo un criterio tipologico affidato alla scelta del legislatore – non prevede il ricorso per cassazione, inserendosi la pronuncia all’interno di un procedimento complesso destinato a formalizzarsi solo con la rinnovata statuizione demandata al tribunale (Cass. 19096/2007, 4417/2011); a sua volta, invero, tale giudice, secondo il comma 4, potrà assumere una decisione diversa dalla dichiarazione di fallimento, allorchè “accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari”;

2. proprio questa duplice considerazione preclude l’applicazione dei criteri, desumibili da Cass. s.u. 25774/2015, per cui “la sentenza, con cui il giudice d’appello riforma o annulla la decisione di primo grado e rimette la causa al giudice “a quo” ex artt. 353 o 354 c.p.c., è immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione, trattandosi di sentenza definitiva, che non ricade nel divieto, dettato dall’art. 360 c.p.c., comma 3, di separata impugnazione in cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, per tali intendendosi solo quelle su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che non chiudono il processo dinanzi al giudice che le ha pronunciate”, posto che infatti il decreto emesso dalla corte d’appello, che riformi il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento reso dal tribunale, non ha ancora attitudine a produrre, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale o processuale, cioè a comporre in via definitiva gli interessi fra le parti;

3. nè tale incidenza insindacabile e definitiva può essere isolata con riguardo alla pronuncia sulla giurisdizione, poichè comunque la statuizione sulla medesima sarà contenuta (anche eventualmente per implicito) solo nel successivo provvedimento del tribunale, a cui gli atti sono invero “rimessi”, ma la cui potestà giurisdizionale potrebbe anche venir meno, senza sopravvivenza del decreto della corte d’appello, ad esempio per iniziativa abdicativa di una parte rispetto al procedimento; e d’altronde, simmetricamente, questa Corte già ha affermato che “il decreto con cui la corte di appello rigetti il reclamo avverso il provvedimento di reiezione dell’istanza di fallimento emesso dal tribunale, in quanto inidoneo ad acquistare efficacia di giudicato in ordine all’esistenza del credito fatto valere, alla qualità di soggetto fallibile in capo al debitore e alla sussistenza dello stato d’insolvenza, è privo di carattere decisorio e definitivo e non è, pertanto, impugnabile con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., neppure nel caso in cui il rigetto dell’istanza di fallimento trovi giustificazione in un elemento formale incontrovertibile e non suscettibile di mutamento, quale l’avvenuta cancellazione della società debitrice dal registro delle imprese a seguito del trasferimento della sede all’estero” (Cass. 23478/2011, 19446/2011);

4. così si è puntualizzato che il ricorso per cassazione, quanto ai provvedimenti sull’apertura della procedura concorsuale demandata ad altro organo, non è ammissibile, “non derivando l’incidenza sui diritti delle parti da tale atto, ma solo dal successivo provvedimento adottato dal tribunale (rispettivamente l’omologazione del concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento), per il quale è previsto un autonomo sistema di impugnazioni” (Cass. 15859/2014); e ciò, con riguardo al giudizio di reclamo ex art. 22 L. Fall., “qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate in quella sede” (Cass. 30202/2019);

il ricorso è, pertanto, inammissibile; ne conseguono la condanna alle spese del procedimento, secondo la regola della soccombenza e con liquidazione come da dispositivo e la dichiarazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del cd. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità, liquidate in Euro 5.100 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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