Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12331 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12331

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17003-2019 proposto da:

S.B., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato FRANCESCA VARONE;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PREFETTURA MILANO UTG;

– intimata –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso il decreto cronol. n. 3355/2019 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 12/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI

ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Milano, S.B., cittadino indiano, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 3355/2019, depositato il 12 aprile 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento allo straniero dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso S.B. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il secondo motivo di ricorso – che, per la sua natura pregiudiziale, va esaminato per primo – S.B. denuncia la nullità della sentenza e del procedimento, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 35 bis e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. Si duole l’istante del fatto che il Tribunale non abbia escluso l’illegittimità del provvedimento impugnato, stante la mancata costituzione dell’amministrazione, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 7, e la mancata videoregistrazione del colloquio del richiedente, svoltosi nella fase amministrativa.

1.2. Il motivo è infondato.

1.2.1. Per quanto concerne, infatti, la costituzione dell’amministrazione – in disparte il rilievo che la costituzione del Ministero, prevista dall’art. 35 bis, comma 7, costituisce una facoltà, e non un obbligo, dell’amministrazione e che, pertanto, dal contegno omissivo serbato dalle parti pubbliche non possono neppure trarsi argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. (Cass., 10/12/2019, n. 32249) – va rilevato che, nel caso concreto, l’amministrazione statale – come si evince dallo stesso decreto impugnato (p. 2) – si è regolarmente costituita in giudizio, “mettendo a disposizione la documentazione utilizzata nella fase amministrativa”.

1.2.2. Quanto alla mancata videoregistrazione del colloquio avvenuto in sede amministrativa, va osservato che, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve, invero, necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio. Tale interpretazione è resa evidente non solo dalla lettura, in combinato disposto, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 ed 11, che distinguono, rispettivamente, i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche dalla valutazione delle intenzioni del legislatore che ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale (Cass., 05/07/2018, n. 17717; Cass., 26/10/2018, n. 27182; Cass., 11/12/2018, n. 32029; Cass., 17/04/2019, n. 10786).

Nel caso di specie, l’udienza è stata ritualmente fissata dal Tribunale, si è tenuta il 12 febbraio 2019, ed in essa il ricorrente è stato anche ascoltato. Per cui la dedotta nullità della decisione e del procedimento non sussiste neppure sotto tale profilo.

2. Con il primo e terzo motivo di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – S.B. denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,7, e 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

2.1. Lamenta il ricorrente che il Tribunale non abbia ritenuto credibile la narrazione del fatti effettuata dal richiedente, senza fare corretta applicazione dei parametri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e senza porre in essere l’adeguata cooperazione istruttoria, D.Lgs. n. 25 del 2008 ex art. 8.

2.2. Le censure sono inammissibili.

2.2.1. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 3, comma. 5, lett. c) (Cass., 05/02/2019, n. 3340; Cass., 07/08/2019, n. 21142; Cass., 19/06/2020, n. 11925; Cass., 02/07/2020, n. 123578), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti (Cass., 27/06/2018, n. 16925; Cass., 12/11/2018, n. 28862).

2.2.2. Nel caso concreto, il Tribunale ha ampiamente motivato circa le ragioni che lo hanno indotto a ritenere non credibili le dichiarazioni dell’istante, in quanto – pure tenendo conto della giovane età e della sua scarsa scolarizzazione – tali dichiarazioni si erano rivelate del tutto generiche e superficiali, sia per quanto concerne l’appartenenza politica del padre – che avrebbe dato causa alle minacce ricevute dagli oppositori – sia per quanto attiene alle pretese aggressioni da parte di questi ultimi, in alcun modo dettagliate sotto il profilo spaziale e temporale, e del tutto inverosimilmente rivolte anche al figlio, che neppure svolgeva attività politica.

3. Con il quarto motivo di ricorso, S.B. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Si duole l’istante del fatto che il giudice di merito non abbia inteso concedere al medesimo neppure la misura residuale ed atipica del permesso umanitario, sebbene sussistessero, nella specie, evidenti ragioni di vulnerabilità, connesse alla sua giovane età ed allo svolgimento di attività lavorativa in Italia.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. Il giudice territoriale ha, invero, motivato il diniego di protezione umanitaria – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, e che l’istante non ha allegato seri profili di integrazione sociale, non essendo sufficiente – di per sè – lo svolgimento dell’attività di lavapiatti a dimostrare l’inserimento sociale del ricorrente, non essendo accompagnata neppure dal percepimento di una “retribuzione idonea a garantire una vita dignitosa”, o dalla convivenza con altri membri della sua famiglia, dalla disponibilità di un alloggio, dalla conoscenza della lingua italiana ed altro.

Del resto l’accertata non credibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo – sulla base di fonti internazionali citate nel provvedimento – di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione di scarsa integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).

3.2.2 A fronte di tali motivate conclusioni del giudice di merito, il ricorrente – al di là di una laconica e generica riproposizione di quanto già sottoposto al giudice di merito – non ha in alcun modo dedotto di avere allegato, nel giudizio di merito, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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