Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12329 del 15/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 15/06/2016, (ud. 13/01/2016, dep. 15/06/2016), n.12329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19450-2014 proposto da:

G.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 71, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO ACETO, che lo rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrenti –

contro

LAVORI GENERALI CONTESTABILE S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LAZIO 20/C, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

LADDAGA, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE BELLO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2076/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 01/08/2013 r.g.n. 2783/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO;

udito l’Avvocato BELLO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il giudice del lavoro di Benevento adito da G.V. con ricorso del 16 novembre 2000, in parziale accoglimento della domanda condannava la resistente LAVORI GENERALI CONTESTABILE srl al pagamento, in favore dell’attore, della somma di Euro 3614,91 oltre accessori di legge, a titolo di differenze retributive (di cui Euro 750,85 per t.f.r.); rigettava invece la riconvenzionale spiegata dalla società convenuta, volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto di condotte ascrivibili al ricorrente, correlate al furto di automezzi in seno al complesso aziendale di pertinenza.

Avverso la sentenza proponevano appelli il G., in via principale, e la parte datoriale, però in via incidentale, per cui con sentenza n. 2076 del 19 marzo – primo agosto 2013 la Corte territoriale napoletana accoglieva l’impugnazione incidentale, rigettando quella principale e, per l’effetto, in riforma della gravata pronuncia, la domanda di parte attrice, compensando per intero tra le parti le spese di lite.

In particolare, secondo la Corte di Appello -condividendo in effetti la tesi della convenuta di cui allo spiegato appello incidentale, pure nei limiti più ristretti ritenuti dal giudice di primo grado, in relazione alle contenute prestazioni saltuarie notturne nei fine settimana, ammessi dalle resistente, però in autonomia e senza vincoli di orario – non poteva dirsi provata l’asserita subordinazione, ritenendo inattendibili le deposizioni dei testi di parte ricorrente, specificamente esaminate, rispetto a quelle più precise e convincenti rese dai testi indicati dalla resistente. Di conseguenza, la Corte distrettuale rigettava pure la domanda, ancorchè nei limiti in cui era stata accolta con la gravata sentenza.

Avverso l’anzidetta decisione proponeva ricorso per cassazione G.V. con atto notificato il 26-30 luglio 2014, depositato il 4 agosto 2014, affidato a tre motivi:

1) violazione e falsa applicazione artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2094 c.c. – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 –

illogicità della valutazione della prova orale;

2) violazione e falsa applicazione artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè art. 2094 c.c. art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, omesso esame di un punto decisivo della controversia, illogicità della valutazione della prova orale.

In particolare, secondo il ricorrente, non erano state considerate alcune dichiarazioni testimoniali di parte resistente ( Ci.

P., autista alle dipendenze della convenuta, il quale aveva riferito di aver visto il G. alle sette di mattina davanti al cancello della ditta – N.G. aveva precisato che una volta si era recato preso lo stabilimento per riparare un televisore, di sera, verso 23 e il G. stava lì… Ricordava che il periodo in cui era mancato il padre del C. il ricorrente doveva andare tutti i giorni).

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – omesso esame di un punto decisivo della controversia, illogicità della valutazione della prova orale, circa quanto ipotizzato dalla Corte di Appello in ordine ai limiti di sopportabilità fisica, laddove il G. aveva lavorato soltanto quattro mesi all’anno presso il Consorzio di bonifica, solo di mattina fino all’ora di pranzo, mentre la stessa parte datoriale aveva affermato che il G. aveva svolto mansioni di custode/guardiano notturno – argomentazioni presuntive e sessiste per confutare l’attendibilità delle testi S.d.C. C. e R.R.. L’errore commesso da quest’ultima, poi, nell’individuazione della sede aziendale in quel di (OMISSIS), invece che di (OMISSIS), sarebbe stato facilmente giustificabile e comprensibile, visto che le aree industriali dei due comuni risultavano sostanzialmente contigue.

Il ricorrente ha poi depositato il 4 agosto 2014 certificato n. 1789/14 prot. attestante la delibera del Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Napoli, di ammissione del ricorrente, in via provvisoria ed anticipata, al patrocinio a spese dello Stato.

Con il ricorso, peraltro, era stata affermata anche l’esenzione dal contributo unificato.

La S.r.l. LAVORI GENERALI C. ha resistito mediante controricorso notificato il 28 agosto tre settembre 2014.

Soltanto il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. per la pubblica udienza fissata al 13 gennaio 2016, cui tuttavia ha partecipato unicamente la controricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso va respinto.

I tre motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente, tendono in effetti a rimettere in discussione quanto, con motivazione immune da rilevanti vizi logico-giuridici, accertato dal giudice di merito con apprezzamenti di fatto, perciò insindacabili in questa sede di legittimità.

Infatti, la Corte distrettuale riportava pressochè integralmente il percorso argomentativo seguito dal giudice di primo grado: Si riporta di seguito la motivazione del giudice di primo grado (“… Il ricorso è parzialmente fondato e va in detti limiti accolto.

Tanto premesso, l’istruttoria svolta ha permesso di accertare che effettivamente il G. ha lavorato presso il resistente con le mansioni indicate in ricorso, espletando la propria attività il sabato e la domenica. Non risulta, invece suffragato da idoneo riscontro probatorio l’espletamento dell’attività per l’intera settimana, così come dedotto in ricorso.

Ed invero, a prescindere dalla testimonianza resa dai testi addotti dalla parte istante e a questa legata da stretti vincoli di parentela – vedi deposizione di Ca.Gi. e M.A. -, rilevante è la deposizione del teste S.D.C.C., che ha dichiarato di essere a conoscenza del rapporto di lavoro per cui è causa per aver accompagnato l’istante presso l’opificio di sera per poi riprenderlo la mattina e tanto durante i fine settimana.

Anche il teste C.N. ha confermato che il G. ha lavorato come guardiano notturno presso l’azienda del figlio per circa tre mesi in occasione del viaggio che lo stesso fece in Argentina unitamente alla di lei moglie. Il teste ha ricordato che l’istante lavorava soltanto il sabato e la domenica e non ha escluso che il rapporto si sia poi prolungato anche dopo il suo ritorno dall’Argentina.

Queste circostanze vengono poi confermate anche dal teste R. R., che ha riferito di aver accompagnato il ricorrente al lavoro in un giorno della settimana.

Anche il teste N. ha confermato il rapporto di lavoro del ricorrente come guardiano notturno, dichiarando, però, di averlo visto al lavoro in una sola occasione. Queste le risultanze istruttorie.

Orbene ritiene lo Scrivente che possa ritenersi provato il rapporto di lavoro per il periodo di cui al ricorso limitatamente al sabato e la domenica dalle 22,00 alle 7,00.

Mette conto al riguardo osservare la perfetta compatibilità del lavoro svolto dal ricorrente con le modalità di cui sopra con il lavoro stagionale svolto dallo stesso presso il Consorzio di Bonifica Telesino.

Alla stregua di quanto detto, spetta al ricorrente, a tiolo di differenze retributive, la somma di Euro 3.614,91 di cui Euro 2864,06 per differenze retributive e Euro 750,85 per T.F.R. secondo gli analitici conteggi contenuti nella consulenza tecnica, allegata agli atti, conteggi elaborati in maniera corretta e immune da errori secondo le previsioni del c.c.n.l. di settore.

Al ricorrente spettano, inoltre, su tale somma gli interessi e la rivalutazione monetaria dalla maturazione del diritto all’effettivo soddisfo.

Va, invece, rigettata la domanda riconvenzionale avanzata da parte resistente per non essere la stessa stata suffragata da alcun idoneo riscontro probatorio.

Per il principio della soccombenza il resistente dev’essere condannata al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente che si liquidano come in dispositivo, con compensazione di un terzo, atteso l’esito del giudizio”.

Quindi la Corte distrettuale richiamava per sintesi l’appello del G., il quale aveva rimarcato l’asserita errata valutazione delle prove da parte del primo giudice, il quale, in particolare, non avrebbe tenuto nel dovuto conto le deposizioni dei testi escussi, soprattutto di quelli legati ad esso istante da rapporti di parentela o amicizia e le cui dichiarazioni non sarebbero state tenute nella giusta considerazione.

A sua volta, la società resistente nell’instare per il rigetto dell’appello di controparte, proponeva appello incidentale, con il quale contestava, in ogni caso, la valutazione del primo giudice laddove aveva ritenuto la sussistenza, quantunque in limiti ben più ristretti di quanto richiesto dal ricorrente, di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, e ciò alla luce della documentazione prodotta in atti e delle stesse dichiarazioni dei testi escussi, elementi questi che supportavano la prospettazione aziendale circa l’esistenza di un’attività svolta dal ricorrente in forma meramente saltuaria ed in piena autonomia.

Orbene, prima di procedere alla valutazione delle risultanze istruttorie ai fini di verificare la fondatezza degli interposti gravami, la Corte partenopea richiamava sinteticamente i principi elaborati dalla dottrina e, in particolare, dalla giurisprudenza di questa Suprema in tema di subordinazione, tra cui quella più recente, citando perciò Cass. sez. lavoro, 25/03/2009, n. 7260 (che aveva ribadito gli enunciati concetti, affermando che ai fini della distinzione tra lavoro subordinato ed autonomo, determinante è il requisito della subordinazione, da configurarsi come vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale deve estrinsecarsi nell’emanazione di ordini specifici, oltre che nell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative).

Secondo la Corte di merito, dall’attestazione del 27.3.2001, proveniente dal Centro dell’Impiego di (OMISSIS), prodotta in atti dalla resistente, emergeva che con riferimento al periodo cronologico relativo agli anni dal 1998 al 2000 – gli stessi indicati in ricorso introduttivo dall’istante – il G. era stato, nell’ordine, assunto presso il Consorzio di Bonifica “Valle Telesina” dall’11/6/98 al 10/10/98, reiscritto d’ufficio nelle liste dei disoccupati 1’11/10/98, riavviato presso il Consorzio di Bonifica “Valle Telesina” dall’11/6/99 al 9/10/99, reiscritto d’Ufficio nelle liste dei disoccupati il 10/10/99, riavviato presso il Consorzio di Bonifica “Valle Telesina” dal 18/5/2000 al 28/9/2000 ed infine reiscritto d’Ufficio nelle liste dei disoccupati il 29/9/2000. Che il G. fosse stato nel periodo in questione dipendente del Consorzio – circostanza questa però non richiamata nel ricorso introduttivo – emergeva poi anche dalle dichiarazioni di alcuni dei testi esaminati nell’ambito del presente giudizio (in particolare deposizioni rese da G., R. e N.).

L’iscrizione nelle liste di disoccupazione presso l’ufficio di collocamento comportava, poi, per il ricorrente il diritto a percepire la relativa indennità (cfr. anche Cass. n. 15523/2008).

A tal proposito, la Corte d’Appello, citando Cass. lav. 16 dicembre 1983 n. 7443, osservava che il godimento dell’indennità di disoccupazione e l’iscrizione nell’elenco dei braccianti agricoli potevano rivestire un valore quantomeno presuntivo ed indiziario al fine di escludere la sussistenza di prestazioni di lavoro subordinato o la diversa qualifica con le quali le stesse sono state rese. Certo, la sola circostanza che il lavoratore avesse mantenuto la propria iscrizione nelle liste dei disoccupati non poteva rilevare in termini assoluti al fine di escludere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato (salva comunque la possibilità di conseguenze sanzionatorie di altra natura), ma ciò a condizione che la natura del rapporto potesse essere ricostruita nei suddetti termini sulla base di molteplici e concordanti criteri di valutazione connessi a precisi elementi di fatto emersi dalla istruzione della causa (così Cassazione civile sez. lav. 06 maggio 1986 n. 3038 in motivazione).

Ad avviso del collegio, non emergevano, però, dalle acquisite risultanze istruttorie, elementi univoci a sostegno della qualificazione del rapporto dedotto in ricorso in termini di subordinazione, sulla base dei richiamati parametri giurisprudenziali. In particolare, sulla scorta di specifiche e distinte argomentazioni, non apparivano sufficientemente affidabili le dichiarazioni dei testi indicati dal ricorrente, mentre dalle affermazioni dei testi di parte resistente emergevano consistenti e coerenti elementi a sostegno delle versione degli accadimenti prospettata della convenuta.

Secondo la Corte territoriale, a voler dare credito all’affermazione della teste G.P. si sarebbe dovuto concludere nel senso che con riferimento ai periodi di attività lavorativa del G. presso il Consorzio, così come evidenziati nella suddetta attestazione, l’istante avrebbe lavorato sia di giorno che di notte per un numero di ore giornaliere certamente eccedente i limiti di sopportabilità fisica di un individuo, e ciò anche a voler tenere conto delle peculiarità della prestazione lavorativa correlata ai compiti di guardiano notturno. La circostanza riferita dalla teste non appariva, dunque, molto verosimile. Circa il teste Manca Antonio, cugino della moglie del ricorrente, non si comprendeva in quali occasioni costui avrebbe visto l’autovettura del ricorrente all’interno del parcheggio, se egli abitava in altra località e non aveva, peraltro, riferito di aver accompagnato talvolta il G. al lavoro.

Per la deposizione resa da S.d.C.C., amica del ricorrente, non appariva particolarmente credibile che una donna si recasse tutti i week-end nella tarda serata, rientrando a casa da sola, e che ritornasse poi di mattina presto in una zona industriale, comunque lontana dal centro urbano, mentre il ricorrente era certamente in possesso di una propria autovettura, circostanza quest’ultima riferita dal teste Manca. Se poteva apparire anche plausibile che in qualche occasione la teste avesse accompagnato il ricorrente presso il cantiere, alla Corte territoriale non appariva altrettanto plausibile, per le ragioni esposte, che vi fosse stato un accompagnamento continuo con le anzidette modalità, accompagnamento che peraltro, a detta dell’altra teste, R.R., sarebbe stato posto in essere in numerosissime occasioni da quest’ultima.

Riguardo alle dichiarazioni di Resse Rosanna, ad avviso della Corte di merito, rilevato che anche quest’ultima assumeva di aver accompagnato di sera il ricorrente presso lo stabilimento in circa novanta occasioni, in particolare nemmeno appariva verosimile che una donna si recasse in moltissime occasioni in tarda serata nel fine settimana, rientrando poi a casa da sola, in una zona industriale e comunque lontana dal centro urbano, laddove il ricorrente era, come già riferito, in possesso di una propria autovettura. La teste, peraltro, riferiva che lo stabilimento presso il quale accompagnava l’istante era sito in (OMISSIS), laddove invece la sede della ditta era posta, come da allegazione contenuta nel ricorso introduttivo, in (OMISSIS). Con riferimento, poi al teste Ca.Gi., cognato del G. e dunque da valutare senz’altro con prudenza, il predetto era stato sentito due volte e nelle diverse occasioni aveva fornito versioni non coincidenti.

Infine, il teste N.G., collega del ricorrente nell’ambito del Consorzio di Bonifica, non aveva apportato significativi elementi a sostegno della tesi del ricorrente, avendo riferito circostanze non a sua diretta conoscenza, ma apprese dallo stesso G., precisando altresì di aver visto in una sola occasione il ricorrente presso lo stabilimento intorno alle 23.00, circostanza questa in sè non contrastante con la tesi della resistente.

Gli altri testi esaminati, invece, erano apparsi maggiormente precisi ed avevano apportato al giudizio elementi istruttori senz’altro compatibili con la prospettazione della resistente, circa la sussistenza tra le parti di un rapporto di collaborazione lavorativa saltuaria ed occasionale.

In conclusione, secondo la Corte partenopea, le surriferite emergenze istruttorie non consentivano di ritenere sussistente un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, ciò tenuto conto, in particolare, delle carenze e delle aporie nelle dichiarazioni dei testi a sostegno delle ragioni del ricorrente, della maggior coerenza e precisione dei testi a sostegno della tesi della resistente e della stessa documentazione in precedenza richiamata, la quale dava atto, tra l’altro, con riferimento al periodo cronologico indicato in ricorso, di lunghi periodi di dipendenza del G. dal Consorzio di Bonifica Valle Telesina, elementi tutti che deponevano in senso contrario alla sussistenza della dedotta subordinazione, con riferimento in particolare agli aspetti della continuità della prestazione e dell’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare, atteso che, come già detto, anche in caso di prestazioni discontinue ai fini della configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato è pur sempre necessaria la sussistenza di un vincolo di natura personale che assoggetti il prestatore d’opera al potere direttivo del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua autonomia, di tal che il lavoratore sia tenuto anche negli intervalli tra le singole prestazioni all’osservanza degli obblighi giuridici inerenti al rapporto stesso, con ciò individuandosi dunque la subordinazione, come vincolo continuo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, potere estrinsecantesi non solo nell’emanazione di ordini specifici, ma anche nell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative.

Doveva, dunque, accogliersi l’appello incidentale di Lavori Generali C. s.r.l. e rigettarsi l’appello principale di G. V., di modo che, in riforma dell’impugnata sentenza, andava (per intero) rigettata la domanda di quest’ultimo.

Orbene, alla stregua delle anzidette compiute ed analitiche argomentazioni, del tutto coerenti e logiche nella loro formulazione e nella loro sequenza, non si ravvisano errori di sorta in procedendo nè in judicando, nè comunque violazioni delle norme di legge menzionate nei motivi di ricorso. Nemmeno risulta trascurata o pretermessa una qualche emergenza istruttoria, il cui materiale è stato invece prudentemente apprezzato nell’ambito della sua discrezionalità dal giudice di merito, sicchè questo giudice di legittimità non può di certo rivalutarlo nei sensi prospettati ed attesi dal ricorrente, cui peraltro nel caso di specie incombeva pienamente l’onere probatorio circa la dedotta natura subordinata del rapporto di lavoro in questione tutti i giorni della settimana, compresi i festivi, dalle ore 22 alle successive ore 7, dal sette dicembre 1998 al 21 giugno 2000, data questa dell’asserito licenziamento. A tal riguardo, peraltro, va detto che non risulta in alcun modo provato il preteso licenziamento e che le critiche di cui al 3^ motivo (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), attengono a questioni marginali, che hanno tuttavia ragionevolmente confermato il convincimento del giudice di merito circa il mancato superamento della prova, cui era tenuto ad ogni modo l’attore. Nè è ravvisabile in atti la decisività del punto di cui il ricorrente assume l’omesso esame, laddove l’anzidetta completa motivazione, contestata dal ricorrente, va esaminata non frammentariamente, ma nel complesso della ratio decidendi, che validamente sorregge la decisione di rigettare la domanda.

D’altro canto, il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di merito e l’attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti (Cass. 1 civ. n. 1754 del 26/01/2007, conforme Cass. n. 3881/2006).

Va, infine, osservato che nel caso in esame opera il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134. La norma, per espressa previsione dell’art. 543 D.L. cit.: “si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (avvenuta il 12 agosto 2012)”.). Infatti, la sentenza di cui G.V. ha chiesto la cassazione, emessa il 19 marzo 2013, risulta pubblicata mediante deposito in cancelleria il primo agosto 2013, perciò ampiamente oltre il suddetto termine di differimento all’undici settembre 2012. Orbene, le Sezioni unite civili di questa Corte con sentenza n. 8053 del 07/04/2014 in proposito hanno, autorevolmente e condivisibilmente, affermato il principio, secondo cui la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto ‘materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (conformi Cass. s.u. n. 8054/2014, 6^ civ. – 3 n. 21257 – 08/10/2014, secondo cui dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto;

al contrario, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

In senso analogo v. ancora Cass. civ. 6 – 3 del 20/11/2015).

Pertanto, il ricorso va senz’altro respinto, con conseguente condanna alle spese del soccombente ricorrente.

Tuttavia, non sussistono i presupposti di legge per il pagamento dell’ulteriore contributo unificato.

Infatti, il ricorrente non risulta aver versato il contributo unificato, essendo stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in via provvisoria ed anticipata, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli in data primo aprile 2014, come da relativo certificato in pari data (1789/2014 prot.). Di conseguenza, egli deve ritenersi, altresì, esonerato dal versamento dell’ulteriore contributo unificato ex D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

la Corte RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle relative spese, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, ed in Euro 1800,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della NON sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello cit.

art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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