Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12328 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13488-2020 proposto da:

I.S.E., elettivamente domiciliato presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,

rappresentato e difeso dall’Avvocato LUCA ZUPPELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

09/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con decreto n. 1263/2020 pubblicato il 9-3-2020 e notificato nella stessa data, il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso proposto da I.S.E., cittadino della Nigeria, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale aveva riferito di essere fuggito dal suo Paese perchè temeva, in caso di rimpatrio, di morire prematuramente secondo il rito voodoo per essere stato destinato ad essere sacrificato agli idoli e perchè, nonostante le minacce e costrizioni della sua famiglia, si era rifiutato di prendere il posto del sacerdote. Il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e geo-politica della Nigeria e dell’Edo State, descritta nel decreto impugnato con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: 1. “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”. 2. “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e/o motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio”. Con il primo motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia valutato la domanda di protezione umanitaria, non abbia esercitato i poteri istruttori ufficiosi sulla sussistenza di fenomeni di violenza indiscriminata nel suo Paese e non abbia adeguatamente motivato sulla sussistenza di concreti elementi di fragilità soggettiva ed oggettiva nella situazione del ricorrente, violando il giudizio di comparazione prescritto dalla pronuncia n. 4455/2018 di questa Corte. Con il secondo motivo deduce che il Tribunale ha ritenuto inattendibile il narrato del richiedente in base a mere asserzioni, con riguardo ad irrilevanti imprecisioni, senza esercitare i poteri istruttori ufficiosi.

4. In via pregiudiziale, va dichiarata la tempestività dell’odierno ricorso, benchè notificato (il 25 maggio 2020) oltre il termine di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, rispetto alla data di comunicazione del decreto impugnato (9-3-2020), attese le misure adottate dal legislatore per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19, in particolare quanto disposto dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2020), che ha sospeso, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, successivamente allungato fino all’11 maggio 2020 dal D.L. n. 23 del 2020, art. 36 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 40 del 2020), il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.

5. I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro evidente connessione, sono inammissibili.

5.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità. Il ricorso per cassazione che contenga mere enunciazioni di violazioni di legge o di vizi di motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una sua lettura globale, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono, nè quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chieda l’annullamento, non soddisfa i requisiti di contenuto fissati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile (da ultimo Cass. n. 15517/2020).

5.2. La Corte di merito, con dettagliata motivazione e all’esito dell’audizione personale (pag. 4 decreto impugnato), ha escluso la credibilità della vicenda personale narrata dal ricorrente, che neppure viene descritta nel ricorso per cassazione. La Corte d’appello ha, inoltre, motivatamente escluso la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata di rilevanza ai sensi del D.Lgs. n. 2651 del 2007, art. 14, lett. c), indicando le specifiche fonti di conoscenza consultate (pag. 5 e 6 del decreto), nonchè ha rilevato la mancata allegazione, da parte del ricorrente, di fattori di vulnerabilità, aggiungendo che nel suo Paese non ricorre un’emergenza umanitaria generalizzata.

5.3. Il ricorrente si limita a svolgere deduzioni generiche e astratte, prive di attinenza alla sua situazione personale, o comunque individualizzanti, senza confutare specificamente il percorso argomentativo del decreto impugnato. Assume il ricorrente che la Corte territoriale abbia richiamato “vaghe fonti internazionali”, senza prendere minimamente in considerazione il decisum sul punto, censura la valutazione d’inattendibilità del narrato senza svolgere alcuna critica in ordine ai plurimi rilievi di contraddittorietà ed inverosimiglianza del suo racconto in dettaglio riportati nel decreto impugnato e senza neppure riportare nel ricorso la vicenda personale.

Infine richiama genericamente la situazione di grave violazione di diritti umani in Nigeria e di dolore che ne consegue, senza dedurre di aver allegato nel giudizio di merito elementi individualizzanti o di radicamento e integrazione in Italia e senza minimamente spiegare in base a quali fattori possa compiersi il giudizio di comparazione, che assume omesso, di cui alla pronuncia n. 4455/2018 di questa Corte.

6. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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