Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12326 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 23/06/2020), n.12326

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACARI Rosanna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36786-2018 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

19, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA RUSSO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURIZIO LIISTRO;

– ricorrente –

contro

G.S., G.S.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1612/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

G.P. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Siracusa, G.S., nella qualità di progettista e direttore dei lavori, e G.S., nella qualità di titolare dell’omonima ditta, per chiedere la risoluzione del contratto di prestazione d’opera professionale concluso con il primo e del contratto d’appalto concluso con il secondo, per inadempimento dei convenuti;

– espose che di essere proprietaria di un immobile sito in (OMISSIS) e di essersi rivolta al G. per il progetto di ristrutturazione dell’immobile e la direzione dei lavori, che erano stati svolti dalla ditta G.;

– il Tribunale di Siracusa dichiarò risolto il contratto d’appalto ed il contratto di prestazione professionale per inadempimento dell’appaltatore e del progettista- direttore dei lavori e determinò, sulla base dell’Ato il valore delle opere eseguite dall’appaltatore;

– la Corte d’appello di Siracusa, con sentenza depositata il 10.7.2019, accolse l’appello di G.S. e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannò la G. al pagamento della somma di Euro 10.254,81;

– per quel che ancora rileva in sede di legittimità, la Corte d’appello osservò che il giudice di primo grado aveva rilevato d’ufficio che alcune opere eseguite non erano state preventivamente autorizzate dalla Pubblica Amministrazione e non erano previste in contratto; la corte non aveva, però dichiarato la nullità del contratto ma si era pronunciata sulla domanda di risoluzione per inadempimento, all’esito della quale aveva riconosciuto il diritto al corrispettivo dell’appaltatore anche per le opere non autorizzate

e non previste in contratto;

– per la cassazione della sentenza d’appello, ha proposto ricorso G.P. sulla base di un unico motivo;

– G.S. e G.S. sono rimasti intimati.

Diritto

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 1418 c.c., art. 1421 c.c., art. 343 c.c. e art. 345 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per avere la corte di merito riconosciuto all’appaltatore il corrispettivo delle opere impreviste e non concordate, eseguite in assenza dei provvedimenti concessori della P.A. mentre avrebbe dovuto rilevare d’ufficio la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto e per le opere non autorizzate, siccome non espressamente dal giudice di primo grado. La ricorrente richiama la giurisprudenza di questa corte, secondo cui il contratto d’appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia è nullo ab origine per illiceità dell’oggetto e non può essere convalidato in virtù di una concessione edilizia chiesta prima dell’esecuzione dell’opera ed intervenuta dopo la sua realizzazione;

– il motivo è inammissibile;

– il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice dell’impugnazione, quando sulla validità del rapporto si sia formato il giudicato interno (Cassazione civile sez. II, 30/08/2019, n. 21906);

– dalla lettura della sentenza impugnata risulta che il giudice di primo grado, che aveva sollevato d’ufficio la questione della nullità del contratto, aveva accolto la domanda di risoluzione, con ciò ritenendo la validità dell’accordo contrattuale;

– tale statuizione non ha formato oggetto d’appello incidentale da parte della G. sicchè la proposizione della citata eccezione in questa sede è preclusa, in applicazione della regola della formazione progressiva del giudicato;

– nè soccorre, in senso contrario, il principio della rilevabilità ex officio della nullità contrattuale anche nel giudizio d’impugnazione, atteso che esso incontra il proprio limite (non dissimilmente da qualsivoglia altra questione rilevabile d’ufficio) proprio nella formazione del giudicato interno (cfr. Cass. S.U. n. 23235 del 2013).

– ne consegue che la G., per evitare la formazione del giudicato sulla validità del contratto, avrebbe dovuto proporre appello incidentale;

– il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

– non deve provvedersi sulle spese non avendo le controparti svolto attività difensiva;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile -2 della Corte di cassazione, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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