Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12323 del 10/05/2021
Cassazione civile sez. I, 10/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 10/05/2021), n.12323
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 21077/2020 proposto da:
R.H., rappresentato e difeso dall’Avv. Assunta Fico, come da
procura in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,
domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli
uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 2200/2019,
pubblicata in data 15 novembre 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/03/2021 dal Consigliere CARADONNA Lunella.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con sentenza del 15 novembre 2019, la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da R.H., cittadino del Pakistan (distretto di Gujrat, regione del Punjab), avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 29 ottobre 2017.
2. Il richiedente aveva dichiarato di essere andato via dal Paese di origine per timore di essere ucciso dopo essere stato testimone di alcuni rapporti sessuali tra alcuni minorenni e il ministro della giustizia pakistano, quest’ultimo accompagnato da uomini della polizia.
3. La Corte di appello, dopo avere ritenuto non necessaria l’audizione del ricorrente, perchè, sentito dalla Commissione territoriale, era stato messo nelle condizioni di riferire ogni circostanza utile, illustrando con chiarezza le ragioni del suo espatrio, non ha ritenuto credibile il racconto del richiedente; i giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, anche alla luce delle fonti internazionali consultate e specificamente indicate; quanto alla protezione umanitaria, è stato precisato che il richiedente non aveva allegato una specifica situazione di vulnerabilità, tenuto conto anche dell’inattendibilità delle dichiarazioni dell’interessato e della situazione del Paese di provenienza, essendosi lo stesso limitato a paventare un rischio meramente ipotetico senza specificare altro.
4. R.H. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.
5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e della Direttiva 2013/32/UE, art. 46, comma 3, non avendo la Corte territoriale proceduto all’audizione personale dello stesso e, con motivazione contraddittoria, non aveva ritenuto credibile il suo racconto; che il verbale di audizione davanti la Commissione territoriale non era affatto esaustivo, perchè la Commissione aveva condotto un esame istruttorio lacunoso.
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 – 27, avendo riferito di avere subito gravi e reiterate torture sia da parte dei suoi persecutori, sia da parte degli agenti che lo avevano ingiustamente arrestato e che sussisteva il rischio di subire un grave danno a causa delle ritorsioni h poteva subire dai suoi persecutori, gente notabile del suo Paese.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e s.m.i. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per la mancata comparazione tra integrazione sociale e la sua situazione personale ed avendo la Corte in modo del tutto generico ed impersonale, negato l’esistenza di elementi di vulnerabilità in merito al rischio di essere ucciso per motivi religiosi e di non avere mai beneficiato di alcuna forma di protezione e che, di contro, si era rifatto una vita in Italia; in particolare egli era stato assunto da una azienda che lavorava nel settore della ristorazione con la qualifica professionale di aiuto cuoco di ristorante e, dunque, gode di un impiego stabile e ben remunerato, come documentato dalla comunicazione obbligatoria Unilav e dalle buste paghe relative a contratti di lavoro subordinato a partire dal 6 gennaio 2017.
4. Occorre prendere atto che il terzo motivo di ricorso sottopone allo scrutinio della Corte il tema della correttezza e della congruità della motivazione resa dalla Corte territoriale a corredo del diniego della richiesta di protezione umanitaria in rapporto ai presupposti della misura di protezione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 il cui apprezzamento svolge la considerazione di questioni di diritto che sono state rimesse al Primo Presidente di questa Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria n. 28316 depositata in data 11 dicembre 2020.
5. Ne consegue che, avuto riguardo al ruolo nomofilattico della Corte di cassazione e all’interesse alla salvaguardia della stabilità giurisprudenziale di cui all’art. 374 c.p.c., si impone il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rinvia il ricorso a nuovo ruolo e dispone che, all’esito della decisione delle Sezioni Unite, la cancelleria trasmetta il fascicolo al Presidente per la fissazione di una nuova udienza camerale.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021