Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12322 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 03/03/2017, dep.17/05/2017),  n. 12322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 29804/2010 R.G. proposto da:

A.R., rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Tosi e

dall’Avv. Andrea Uberti, con domicilio eletto in Roma, piazzale

Clodio, n. 32, presso lo studio dell’Avv. Lidia Sgotto Ciabattini;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 134/36/09 depositata il 14 dicembre 2009.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 marzo 2017 dal

Consigliere Emilio Iannello;

udito l’Avv. Andrea Uberti;

udito l’Avvocato dello Stato Paolo Marchini;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del primo e del secondo motivo, assorbiti il terzo,

quarto e quinto motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.R. ricorre con cinque motivi nei confronti dell’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 134/36/09 depositata il 14 dicembre 2009, con la quale la C.T.R. della Lombardia – in controversia concernente impugnazione dell’avviso di accertamento per Irpef in relazione alla plusvalenza realizzata con la cessione, in data 20/9/2000, della sua azienda avente ad oggetto la riparazione e vendita di automobili nuove e usate in favore della DAS Auto S.r.l.: plusvalenza calcolata prendendo in considerazione il valore accertato ai fini dell’imposta di registro – ha rigettato l’appello del contribuente, confermando la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso introduttivo.

La C.T.R., in particolare, ha confermato la legittimità dell’atto impositivo nella parte in cui prende a riferimento il valore dell’azienda quale separatamente accertato ai fini dell’imposta di registro.

2. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese nella presente sede, ma ha depositato c.d. atto di costituzione ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Commissione regionale ritenuto idoneo a fondare la presunzione di maggior valore dell’azienda ceduta, ai fini del calcolo della plusvalenza tassabile, l’atto di rettifica del valore dell’azienda medesima, ai fini dell’imposta di registro, a lui mai notificato.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. omesso di pronunciarsi sul fatto, dedotto a difesa in entrambi i gradi di giudizio, che l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro non era mai stato notificato ad esso contribuente.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ancora omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Commissione regionale induttivamente ricavato un maggior valore del bene ceduto ai fini Irpef sulla base di quello rettificato ai fini dell’imposta di registro senza che fosse stato dimostrato che tale maggiore imposta fosse stata effettivamente pagata.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, in subordine, violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, num. 3, per avere i giudici d’appello omesso di valutare i documenti offerti e di pronunciarsi sulla richiesta di c.t.u. avanzata al fine di superare la presunzione, iuris tantum, posta a base dell’accertamento.

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce infine, in via ulteriormente gradata, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. omesso di pronunciarsi sulla richiesta di annullamento delle sanzioni applicate, avanzata in considerazione della totale buona fede di esso contribuente.

6. I primi tre motivi di ricorso – congiuntamente esaminabili in quanto diretti a denunciare come illegittima la determinazione della base imponibile sulla base del valore separatamente determinato dall’Ufficio ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro – sono fondati.

Indipendentemente dagli argomenti al riguardo spesi in ricorso, l’illegittimità di tale criterio, ai fini che occupano, discende dallo ius superveniens rappresentato dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, il quale all’art. 5, comma 3, prevede che “gli artt. 58, 68, 85 e 86 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5, 5-bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.

Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, alla stregua di interpretazione cui si intende dare continuità, la norma è da ritenersi applicabile anche ai giudizi in corso atteso l’intento interpretativo chiaramente espresso dal legislatore e considerato che, come affermato tra le altre da Corte Cost. n. 246 del 1992, il carattere retroattivo costituisce elemento connaturale alle leggi interpretative.

Peraltro, anche ove volesse porsi in dubbio che la norma in esame sia effettivamente interpretativa, è certo che se il riferimento alla interpretazione da attribuire a norme precedenti non serve per ciò solo ad attribuire ad una norma carattere interpretativo (ove tale carattere essa non abbia effettivamente), tuttavia testimonia l’intento del legislatore di attribuire ad essa il carattere retroattivo che è proprio della norma interpretativa, intento che nella specie trova ulteriore conferma nel comma 4 del citato art. 5, laddove si prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma nulla si prevede per i commi 2 e 3 (disposizioni formulate come norme interpretative): circostanza, questa, che contribuisce a togliere ogni dubbio circa l’intento del legislatore di attribuire carattere retroattivo alle previsioni dei suddetti commi (così, in motivazione, Cass. 15/04/2016, n. 7488; v. anche Cass. 10/02/2017, n. 3590).

7. L’accoglimento dei detti motivi assorbe e rende ultroneo l’esame dei rimanenti.

La sentenza impugnata va cassata. Non prospettandosi la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la causa deve essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto dal contribuente – ciò in quanto, come si ricava chiaramente dalla sentenza impugnata, gli avvisi de quibus, traggono esclusivo fondamento dal valore definitivamente accertato nel modo detto ai fini dell’imposta di registro.

8. Considerato che l’esito della causa discende dall’applicazione di norma che, ancorchè dichiaratamente interpretativa, ha indubbia portata innovativa del quadro giurisprudenziale preesistente (invero, consolidato da oltre un decennio nel senso di ritenere l’Amministrazione finanziaria legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento della plusvalenza di cessione di un terreno edificabile sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, salva per il contribuente la facoltà e l’onere della prova contraria: v. e pluribus Cass., nn. 13823/2014; 14571/2013; 5070/2011, 22793/2010; 4057/2007), si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

PQM

accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza; decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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